sabato 23 febbraio 2013

Oroscopo elettorale. Davide Giacalone

La legge sui sondaggi elettorali è stata platealmente violata. Posto che le leggi andrebbero rispettate e le violazioni punite, quel che credo sia necessario chiedere è che venga cambiata. Non solo non funziona, ma finisce con l’avere un effetto diverso, e per certi aspetti opposto, a quello che si proponeva. Il fatto che si annunci il dilagare dei consensi indirizzati a Beppe Grillo e il possibile crollo di quelli destinati alle liste di Mario Monti (con i due che hanno in comune una condizione paradossale: non sono candidati), sebbene lo si faccia senza mettere in pagina o leggere i numeri dei sondaggi che suggeriscono tali ipotesi, viola la sostanza della legge. Con effetti non scontati.

Proibendo la pubblicazione dei sondaggi elettorali nei quindici giorni precedenti l’apertura delle urne, quindi, nel caso della campagna in corso, dalla mezzanotte dello scorso 8 febbraio, la legge (articolo 8 della legge 22 febbraio 2000, numero 28) si propone di evitare che gli elettori siano influenzati dagli orientamenti prevalenti. Ma se poi si omette la pubblicazione del sondaggio, salvo pubblicarne il succo, quindi il messaggio, si ottiene esattamente quel risultato, ovvero li si influenza. Siamo sicuri che sia un fatto negativo, o da proibirsi? Credo di no.

Questa legge, che porta il pessimo e fastidioso nome di “par condicio”, quindi erede degli appelli lanciati da Oscar Luigi Scalfaro contro le campagne pubblicitarie dell’allora Forza Italia, è uno dei frutti della lunga stagione personalistica e faziosa: siccome i sondaggi li usava, e sapeva usare, solo Silvio Berlusconi ecco che si trova il modo di sterilizzarli, proibendoli. Quando quel capo politico comparve sulla scena e cominciò a citarli la reazione di molti fu il dileggio. Poi la riprovazione. Il fatto è che i sondaggi non sono né buoni né cattivi, dipende da come i politici li usano: se servono per sapere cosa gli elettori pensano e quali ritengono essere i problemi più importanti, sono strumenti utili; se li si usa per sapere cosa si deve dire, allora si tratta di politici inutili. Il giudizio, come sempre in democrazia, spetta agli elettori. Fatto è, comunque, che da allora a oggi non solo i sondaggi li usano tutti, senza più risatine cretine, ma hanno preso a commissionarli i mezzi di comunicazione. Quindi, ai fini del nostro ragionamento, dobbiamo porci la domanda relativa alla loro influenza sugli orientamenti di voto.

Si dà per scontato che se i sondaggi indicano un vincitore l’elettorato gregge tende a premiarlo. E’ la realistica fotografia scattata a suo tempo da Ennio Flaiano: tutti a correre in soccorso del vincitore. Questa reazione esiste, naturalmente. Ma può esistere anche quella opposta. Ad esempio: l’elettore crede che quella determinata lista è sì bella e convincente, ma estremamente minoritaria, talché votarla sarebbe come sprecare il voto (i voti non sono mai sprecati, però), se, invece, un sondaggio dell’ultima settima certifica la possibilità che superi il quorum ecco che i voti possono aumentare, non diminuire. All’opposto: se l’elettore guarda con fastidio alla politica, sicché potrebbe votare chi si propone di mandarla a quel paese, il sapere che come lui la pensano in troppi potrebbe indurlo a scelte più prudenti, dato che le democrazie crollano per varie vie, ma spesso proprio nelle urne. O, ancora: l’elettore intende privilegiare i propri interessi (scelta saggia, niente affatto riprovevole), ma ritiene che chi meglio li incarna prenderà già una valanga di voti e non ama intrupparsi, in questo caso sapere che il successo non è poi così garantito può indurlo a riporre la scheda là dove lo porta il portafogli. In ogni caso, gli elettori non sono né minorenni (per legge), né minorati (per dovuto rispetto), quindi non c’è motivo di proibire che arrivino loro delle informazioni.

Anche perché, invece, di quelle dispongono sia chi gestisce interessi economici rilevanti (e commissiona sondaggi), sia chi, come me, produce opinioni (le mie sono fatte in casa a mia esclusiva cura) e ha accesso alle ultime rilevazioni. In questo modo si crea un’asimmetria informativa ai danni dell’elettore. Anche consentendo a qualche imbroglione di fare gli oroscopi del giorno già passato, fingendo d’indovinare quel che sa già.

Infine, si deve evitare l’effetto partita della nazionale durante la proiezione della corazzata Potemkin: in assenza di notizie girano voci pazzesche e scenari immaginifici. Fatti i conti, insomma, il divieto inquina il mercato elettorale più dei sondaggi taroccati. Sarebbe saggio cancellarlo.
Pubblicato da Il Tempo

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