giovedì 18 luglio 2013

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18 luglio 2013

Ho letto una intervista ad Antonio Ingroia sul Giornale di Sicilia a proposito del suo nuovo incarico. Come forse sapete è stato nominato, dal presidente della giunta regionale Crocetta, commissario di Sicilia e-Servizi, società partecipata della regione. Si è concretizzato quel piano B, dopo il disastro elettorale, che questa rubrica vi aveva anticipato. Ma la questione non è più tanto questa. Nell’intervista è scritto che secondo i vertici della regione in quella società è stata perpetrata “una truffa da almeno 200 milioni”. Almeno. La contromisura, par di capire, non è una denuncia a chi di dovere ma l’assunzione di Ingroia che, tutto contento, annuncia che si recherà in procura “nella nuova veste di denunciante” dopo aver messo il naso negli affari della società che già gli appaiono “più o meno sporchi”. Sorge spontanea la domanda: ma non era più logico chiudere la società e presentare un esposto-denuncia in procura ? Nossignore, “chiuderla costerebbe troppo” assicura il neo assunto. “Sono qui per rilanciarla, incrociando il mio passato da investigatore con il mio futuro da uomo politico e da amministratore pubblico”. In parole povere il futuro che si disegna Ingroia è il passato che non passa, la commistione fra politica e società partecipate da “rilanciare”, la Sicilia anni 50 dell’Ente minerario guidato da un notabile Dc. Sarebbe banale citare “Il Gattopardo”. Lì almeno per dare un volto a Tancredi ci volle Alain Delon. E Visconti. Qui basta Crozza.

di Massimo Bordin@MassimoBordin

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