giovedì 11 luglio 2013

Processo "diritti Mediaset"

 “Lascereste al suo posto il capo dell’ufficio acquisti dell’azienda di vostra proprietà se veniste a sapere che si fa corrompere e fa la cresta sugli acquisti?”

         La risposta negativa è assolutamente ovvia.

Ma la domanda non è provocatoria poiché è proprio sulla incredibile negazione di questo assunto che il Tribunale di Milano prima e la Corte di Appello poi, recependo in maniera acritica l’assurda tesi della Procura di Milano, con pervicacia accusatoria che connota da sempre l’agire a Milano nei confronti del Presidente Berlusconi, ha aperto e trascinato per anni un inverosimile procedimento fondato sul nulla.

         Tale processo, convenzionalmente denominato “diritti Mediaset”, è basato su una ipotesi accusatoria così assurda e risibile che in presenza di giudici non totalmente appiattiti sull’accusa e davvero “super partes”, sarebbe finito ancor prima di iniziare, con grande risparmio di tempo per i magistrati e di denaro per i  contribuenti.

         Basti pensare che una sola delle molte inutili consulenze contabili ordinate dalla Procura è costata ai cittadini quasi tre milioni di euro.

         Non è azzardato ipotizzare che tra consulenze, rogatorie ed atti processuali questa vicenda sia già costata allo Stato una ventina di milioni di euro.

Veniamo ai fatti.

         Il gruppo televisivo fondato da Silvio Berlusconi era ed è uno dei principali acquirenti di diritti televisivi al mondo.

         Una piccola parte, di questi diritti (da 30  a 50 milioni di dollari, sul totale di quasi 1 miliardo di dollari acquistati annualmente) veniva acquistata ogni anno da tale Frank Agrama, un imprenditore americano che operava ed opera nel settore diritti da oltre 40 anni.

         Agrama, grazie ai suoi rapporti di amicizia con il Presidente della Paramount, Bruce Gordon, godeva di una sorta di esclusiva per la vendita dei prodotti Paramount sui mercati europei ed otteneva dalla stessa Paramount prezzi e condizioni particolarmente favorevoli.

         Secondo alcune testimonianze, Frank Agrama e Bruce Gordon erano soci.

         Agrama acquistava ogni anno da Paramount l’intera produzione dei film e delle fiction e poi li vendeva, singolarmente o a pacchetti, ai vari operatori europei assumendo su di sé il rischio dell’acquisto globale della produzione Paramount.

         Fininvest prima e Mediaset poi, per acquisire i prodotti Paramount, tra i migliori sul mercato americano, dovevano quindi, necessariamente, trattare sempre e solo con Agrama.

         A conferma di questo un nuovo amministratore di Mediaset cercò di aggirare questa situazione trattando direttamente con Paramount. Il risultato fu che, quell’anno Paramount cedette tutti i suoi prodotti alla RAI anziché a Mediaset.

         I magistrati milanesi non si arrendono a questa realtà e ipotizzano addirittura che la causa dell’esclusiva di Agrama sarebbe stato il fatto che Silvio Berlusconi sarebbe socio occulto di Agrama e che avrebbe diviso con lui gli utili delle vendite Paramount.

 

Risulta invece incontestabilmente dagli atti che:

A) Silvio Berlusconi ebbe a conoscere il signor Agrama (due o tre incontri soltanto) agli albori della TV commerciale negli anni ’80 non avendo avuto successivamente alcun rapporto con lui.

 

B) Dai conti correnti di Agrama sequestrati dai PM milanesi si evince incontestabilmente che tutti i guadagni provenienti dall’attività commerciale di Agrama sono rimasti nella sua esclusiva disponibilità e che mai somma alcuna è stata trasferita a Silvio Berlusconi.

 

C) Nel corso degli anni, Agrama ebbe a versare ad alcuni dirigenti di Mediaset ingenti somme di denaro in “nero” (in un caso addirittura 4 milioni e mezzo di euro) per far sì  che l’azienda acquistasse  l’intera produzione annuale di Paramount.

 

D) Tutti i testimoni ascoltati hanno categoricamente escluso che Silvio Berlusconi si fosse mai occupato dell’acquisto di diritti televisivi.

 

E) Tutti i testimoni hanno confermato che dal gennaio 1994, data della discesa in campo nella politica, Silvio Berlusconi dopo essersi dimesso da ogni carica, si è totalmente distinto ed allontanato dalle aziende da lui fondate.

 

         E’ evidente quindi che Silvio Berlusconi, che era proprietario al 100% di Mediaset e che anche dopo la quotazione in borsa ne era il principale azionista e il principale beneficiario degli utili, mai avrebbe avuto interesse ad acquistare prodotti Paramount in eccedenza rispetto alle esigenze di Mediaset per poi dividere una piccola parte dell’utile con Agrama e mai avrebbe acconsentito al pagamento di tangenti in “nero” a propri dirigenti per agevolare Agrama.

         Gli sarebbe stato sufficiente una semplice telefonata ai suoi sottoposti per ottenere l’acquisto dei diritti esitati da Agrama senza che questi dovesse pagare alcuna tangente, secondo l’accusa per il 50% di pertinenza di Berlusconi.

         Sorge evidente una domanda: quale imprenditore avrebbe continuato a mantenere come responsabili dell’Ufficio acquisti, (un ufficio che trattava i prezzi e acquisiva annualmente venti volte il pacchetto dei diritti Paramount e cioè “diritti” per quasi un miliardo di dollari all’anno,) dei dirigenti corrotti che pensavano al loro interesse e non a quello dell’azienda, che anzi avrebbero potuto procurare ingenti danni patrimoniali all’azienda?

         La risposta è assolutamente scontata: nessun imprenditore con la testa sulle spalle, avrebbe mai tollerato per più di un minuto la permanenza in azienda di tali personaggi.

         Ancora: il Collegio del Tribunale di Milano, era presieduto dal dott. D’Avossa, giudice già ricusato poiché in altro processo riguardante proprio il Gruppo Fininvest si era espresso affermando che era fatto notorio che in tale gruppo si utilizzassero fondi “neri” ed aveva perciò condannato i dirigenti imputati, che poi furono invece assolti in Appello e in Cassazione per insussistenza dei fatti.

         Ancora: la Presidente della Corte d’Appello che ha incredibilmente confermato la sentenza di condanna del Tribunale aveva manifestato pubblicamente la sua disapprovazione nei confronti del Governo Berlusconi.

         Ancora: i fatti ipotizzati dall’accusa sarebbero accaduti nella prima metà degli anni ‘90 e quindi sono risalenti nel tempo di oltre 20 anni.

La Magistratura, anziché prendere atto dell’intervenuta prescrizione ha invece, con tesi assolutamente pretestuosa, sostenuto che la compravendita dei diritti aveva continuato a produrre i suoi effetti in tutti gli esercizi di bilancio in cui gli stessi diritti avevano trovato  utilizzazione, ancorché fossero stati integralmente pagati all’epoca dei contratti primigenii risalenti agli anni ’90 ed interamente ammortizzati nei bilanci aziendali.

Questi i teoremi accusatori che sono stati protratti all’infinito solo per poter arrivare a condannare il nemico ideologico e politico Silvio Berlusconi.

         Ma ciò che rende ancor più assurda tutta questa vicenda è rappresentato dal fatto che i magistrati milanesi, contro ogni logica, non hanno tenuto conto di due precise sentenze della Corte di Cassazione, che con decisioni passate in giudicato hanno statuito l’insussistenza di quei fatti e comunque l’estraneità di Silvio Berlusconi alla gestione di Mediaset proprio negli anni in questione.

         In qualunque altra sede giudiziaria, dunque, a fronte di decisioni consimili si sarebbe doverosamente ed immediatamente pervenuti ad una sentenza più che assolutoria. Ma eravamo a Milano.

9 luglio 2013

 

 

 

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