venerdì 16 agosto 2013

Il doping informativo che ha trasformato i TGR in un regime sinistro. Renato Brunetta

Il centralismo democratico dei Tg regionali dimostra che il federalismo televisivo di Rai Tre non è mai esistito
Qualcuno sa quale sia la più grande testata giornalistica non solo televisiva europea? E’ il Tgr della Rai. Conta più di 500 giornalisti. Un potere immenso. Anche perché le informazioni raccolte in questa immensa rete poi hanno un doppio uso. La maggioranza viene offerta e consumata sul posto, attraverso i telegiornali regionali di ciascuna delle venti regioni. La pesca più pregiata è indirizzata al mercato centrale, che sta a Roma, in Saxa Rubra, e da qui, oltre che agli italiani, è diffusa per il mondo in proprio oppure esportata ai vari notiziari televisivi esteri, acquistando così un peso planetario. Questo è interessante e istruttivo. A mia conoscenza, nessuno aveva mai provato ad affrontare un’analisi quantitativa dell’informazione politica regionale per verificarne il pluralismo caso per caso. E poi paragonando i dati tra loro, osservare se esiste nelle varie piccole capitali una indipendenza di linea oppure no. La risposta è la seconda che ho detto: oppure no. Nessuna indipendenza, nessuna anomalia. Uniformità estrema. Come la Torre di Pisa pende, eccome se pende: a sinistra, sistematicamente. Salvo il caso del Veneto, Lombardia e un paio d’altri luoghi, dove la prevalenza elettorale del centrodestra in regione è così lampante che non si può proprio evitare di essere equilibrati, sia pure con una maggior generosità proporzionale verso il centrosinistra, nelle restanti regioni il piatto della bilancia registra un’indecente coerenza. In che senso? Quello che state tutti pensando e in fondo sapete benissimo: si privilegia alla grande la voce dei politici di centrosinistra. Questo dato è incidente localmente, ma fuori paese è innocuo, può pensare qualche buona anima. In fondo l’assessore di Ferrara non farà sentire la sua voce al di là dei confini emiliano-romagnoli, e tantomeno la sua dichiarazione sarà immessa nel circuito internazionale. A parte il fatto che la realtà nazionale è la somma di tante particolarità. E se la rappresentazione dei particolari è falsata, non è che il risultato complessivo può essere corretto. C’è di più, e qui deve valere un minimo di pratica della vita. I Tg regionali che, evidentemente per ragioni estranee all’equilibrio proprio del servizio pubblico, parteggiano per una parte sull’altra persino là dove le cose si possono misurare con facilità, tanto più nel taglio delle cronache e della cultura saranno accondiscendenti verso la propria casa madre politica. Se il ragionamento non fila, qualcuno mi faccia un fischio.

Provo a ripetere il concetto in altra forma. Il federalismo televisivo? Non esiste. Nella Rai, anche nei Tgr, i telegiornali regionali, vige una forma di centralismo democratico di tipo sovietico. E’ vero che esiste una direzione unica. Ma si supponeva che questo valesse per garantire davanti alla legge, alla direzione generale della Rai, al Parlamento e all’Autorità per le garanzie della comunicazione, un responsabile della linea editoriale e dunque garante del pluralismo. Pia illusione. Anzi, dati alla mano, pia frode. I dati che fornisco ora sono attinti né più né meno da quelli dell’Osservatorio di Pavia, che sono cronometristi svizzeri. Di mio ho osato il paragone tra queste cifre e il contesto elettorale dei rispettivi territori, indicando poi se il governatore sia di centrodestra o di centrosinistra. Insomma: nessuna pretesa che la ripartizione dei tempi locali rifletta il dato nazionale, non avrebbe senso dare spazio sulla base del dato nazionale alla Lega in Calabria. Ma almeno la proporzione locale, quella sì. L’indagine si riferisce agli ultimi sei mesi del 2012 e, dopo aver saltato a piè pari il periodo elettorale in cui vige la par condicio, al marzo del 2013. Sette mesi di dati puntuali. Si noti: quel semestre del 2012 vedeva in Parlamento una maggioranza netta di centrodestra, nettissima, prima delle elezioni regionali del 24 febbraio, in Lombardia e Sicilia. Eppure…

Cominciamo subito con una perla. La Val d’Aosta. La regione gode di molta autonomia, ma non ho letto in nessun articolo della Costituzione sia un emirato. Invece nella realtà è così. Il Tgr assegna all’Union Valdôtaine (insieme con altre formazioni assai minori tipo Stella Alpina) il 76 per cento dello spazio politico. Il 7 per cento del tempo totale è per il centrodestra e il 17 per cento al centrosinistra. C’è una ragione ovvia che sta nel nome stesso del partito. Il presidente della regione inoltre è Augusto Rollandin esponente dell’Union Valdôtaine. Ma la porzione di elettori è solo del 33,47 per cento. Piccola osservazione. Come mai così pochi? Con la propaganda totalitaria di cui dispone questo partito si vede che gli aostani hanno un animo resistente alle lusinghe martellate ogni dì. Non ha nulla da dire la direzione generale? O, visto che l’Union si sposta in sede parlamentare più facilmente a sinistra, le va bene così? O no?
Sarebbe sbagliato ridurre la pratica a folklore localistico, proprio per rispetto all’identità della Vallée e del suo popolo. La democrazia non ha luoghi piccoli o grandi, come diceva Stanislawski “non esistono piccole o grandi parti, ma piccoli o grandi attori”. E il Tgr valdostano è un pessimo attore della democrazia.

C’è poi una perlona per così dire. Un caso ciclopico di Repubblica socialista sovietica tuttora imperante e senza un belato che denunci questo strapotere. E’ la Toscana. Qui il governatore Enrico Rossi e il sindaco di Firenze Matteo Renzi sono satrapi babilonesi che si fanno massaggiare i piedi dai giornalisti Rai (parlandone con il dovuto rispetto). Non esagero: il Tgr Toscana ha consegnato al centrosinistra il 76 (settantasei!) per cento del tempo di parola. L’11 per cento al centrodestra, invece il 13 per cento alle altre liste. Si consideri: i risultati delle ultime elezioni regionali assegnano al centrodestra il 34 per cento dei voti e alla coalizione di centrosinistra il 61 per cento dei voti. Il centrodestra è stato privato nel telegiornale del servizio pubblico di più di due terzi del suo spazio di diritto. Non il dieci per cento, il venti per cento, ma precisamente il 67,64 per cento del suo patrimonio di democrazia spendibile nella tv pubblica. Questo come chiamarlo se non furto di democrazia? Più che un difetto di pluralismo, questo è un attentato alla decenza.
Come si fa a non essersene accorti e a non cercare un rimedio da parte di chi, come dirigente apicale, deve rispondere del contratto di servizio sottoscritto dalla Rai? Essa deve garantire il pluralismo. E’ scritto chiaro e tondo. E come può anche l’AgCom finora non aver notato questa rapina? Forse l’abitudine fa considerare questo esproprio cosa normale? Di tutto questo ho fatto oggetto di interrogazione nella commissione di Vigilanza sulla Rai e di un esposto con tanto di dati e numeri all’Agcom. Ma io domando lateralmente: non si vergognano i dirigenti del Pd ad avere un arbitro così sfacciatamente dalla loro parte? Che gusto c’è a giocare la partita del consenso?
Questo è un caso di doping informativo che falsa il bilancio della democrazia, e impone al centrodestra una corsa a handicap. E non è però solo questione di questo o quel partito danneggiato. C’entra il diritto del cittadino a non essere turlupinato, aggirato nel suo magnifico dovere di conoscere per deliberare.

Siamo in un regime intangibile (apparentemente, spero) e reso digeribile dall’indifferenza e dal silenzio di troppi complici della casta giornalistica e intellettuale.
Andando oltre la Toscana le cose non è che sono molto diverse.
Sugli altri Tgr mi limito a trasferire i dati sulla pagina con commenti anodini. Non sarei sereno nell’uso degli epiteti. Quelli giusti e pacati li trovi il lettore. Ad esempio, un caso spaventevole è quello delle Marche.

Parliamo dei dati crudi

I dati crudi del Tgr di Ancona riferiscono che il centrodestra ha totalizzato (si fa per dire) il 14 per cento rispetto al centrosinistra che ha intascato il 66 per cento del tempo totale; le altre liste il 20 per cento. Il presidente delle Marche è Gian Mario Spacca, di centrosinistra. A fronte di un misero 14 per cento di spazio gli elettori di centrodestra espressisi nelle ultime regionali sono il 40,1 per cento (il centrosinistra ha conseguito il 53,4 per cento). Il tempo di parola rubato al Popolo della libertà e alleati ammonta al 65,08 per cento di quello cui avrebbe avuto diritto! In pratica: invece di parlare dieci minuti, come si dovrebbe in ossequio al pluralismo, te ne assegnano poco più di tre. Com’è possibile che una simile sesquipedale violazione sia tollerata?
Piemonte. Centrodestra (d’ora in poi Cd) 38 per cento del tempo totale, il centrosinistra (Cs) 46 per cento; le altre liste (Al) il 16 per cento. Il dato fortemente a favore del Cs risulta maggiormente viziato se si considera che il Cd alle elezioni regionali ha conseguito il 47,3 per cento dei voti totali rispetto al Cs che ha totalizzato il 46,9 per cento , e che il governatore Roberto Cota è leghista (Cd).
Trentino Alto Adige. Cd 18 per cento, Cs 63 per cento, Al 19 per cento. Il presidente è Alberto Pacher, Cs. Nelle ultime elezioni regionali Cd 36,5 per cento, Cs 57 per cento. (Il furto al Cd è del 49,31 per cento del tempo dovuto).
Liguria. Cd 24, Cs 53, Al 23. Presidente di Regione è Claudio Burlando (Cs). Ultime regionali Cd 47,3, Cs 52,7. (Il tempo rapinato al Cd è il 49,26 per cento del dovuto).
Emilia Romagna. Cd 19, Cs 59, Al 22. Governatore è Vasco Errani (Cs). Ultime elezioni regionali, Cd 37, Cs 52. (Spazio scippato al Cd: il 48 per cento di quello spettante).
Umbria. Cd 22, Cs 69, Al 10 per cento. Presidente della regione è Catiuscia Marini (Cs). Elezioni regionali: Cd 36,7; Cs 59. (Il maltolto al Cd è il 40 per cento della spettanza di tempo).
Lazio. Cd 38, Cs 50, Al 38. Governatore Nicola Zingaretti (Cs). Alle ultime elezioni regionali Cd 32,7; Cs 42. (Si noti: nei sei mesi del 2012, la maggioranza in Lazio era del Cd, con la presidenza di Renata Polverini che aveva avuto il 51,14 dei voti, mentre il Cs era stato sotto, al 48,32).
Basilicata. Cd 13, Cs 65, Al 22. Presidente Vito De Filippo, del Cs. I risultati delle ultime elezioni regionali. Cd 27,3; Cs il 67,6. (Entità del furto: 52 per cento del tempo spettante al Cd).
Per non soffocare nei numeri torno più discorsivo.
Puglia. Il centrosinistra ha totalizzato il 53 per cento e il centrodestra il 29 per cento del tempo totale; le altre liste il 18 per cento. Il presidente della regione Puglia è Nichi Vendola esponente della sinistra. Alle ultime elezioni regionali il centrodestra ha ottenuto il 44,2 per cento dei voti e il centrosinistra il 46,1 per cento. Dunque il tempo sottratto e che spettava al Cd è stato il 34,38 per cento di quanto il pluralismo esige.
Sardegna. Il Tgr locale ha attribuito al centrodestra il 27 per cento del tempo diretto totale, mentre il centrosinistra ha ottenuto il 33 per cento; le altre liste il 40 per cento. Il presidente della regione Sardegna Ugo Cappellacci è di centrodestra. Alle ultime elezioni regionali il Cd ha conseguito il 51,9 per cento rispetto al 42,9 per cento del Cs. Tempo sgraffignato dalle tasche del Cd: 47,97 per cento del giusto.
Casi di equilibrio sostanziale si registrano invece in Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Calabria, Sicilia, Campania.
Un caso inverso, sia pure di entità assai minore rispetto al rovesciamento del concetto di servizio pubblico degli altri Tgr, era stato segnalato in Veneto e in Lombardia, a leggere le proteste dei politici locali di sinistra. Non è affatto così. E – sia chiaro – ho comunque trascritto questi dati in interrogazione ed esposto.
Veneto. Nei sette mesi in esame, la coalizione di centrodestra ha complessivamente ottenuto il 53 per cento del tempo in video, mentre il centrosinistra ha incassato il 30 per cento del tempo totale, e le altre liste il residuo 17 per cento. Alle ultime elezioni regionali il centrodestra aveva conseguito il 60 per cento dei voti mentre il centrosinistra se l’era cavata con il 29,3 per cento. Risultato che aveva dato la presidenza di giunta all’esponente della Lega nord Luca Zaia. Come si vede balla un 7 per cento a sfavore del Cd.
Lombardia. Il Tgr ha dato spazio al centrodestra per il 48 per cento del tempo complessivo, Il Cs ha avuto il 31 per cento; le altre liste il 20 per cento. Nel periodo in esame, dunque, il Tgr risulta sostanzialmente equilibrato, considerando che alle ultime elezioni regionali la coalizione di centrodestra ha totalizzato il 43 per cento dei voti, mentre il centrosinistra ha ottenuto il 37,2 per cento e il presidente della regione Lombardia è Roberto Maroni, esponente del centrodestra. Ma questi dati elettorali valgono come termine di misura del pluralismo solo per il mese di marzo 2013. Nei sei mesi del 2012 le proporzioni erano assai diverse. Il governatore Roberto Formigoni era sostenuto con un consenso elettorale del 56,11 per cento e un risultato per le liste di Cd a lui collegate del 49 per cento contro il 27 per cento del Cs. A rigore, quindi, un vantaggio netto lo ha avuto il Cs.
Semmai un caso di rovesciamento, sia pur lieve, dello schema favorevole alla sinistra si registra in Molise. Il Tgr locale ha dato il 46 per cento al centrodestra e il 24 per cento al centrosinistra; il restante 30 per cento alle altre liste. Il presidente della regione oggi è Paolo Di Laura Frattura, esponente del centrosinistra. Alle ultime elezioni regionali (febbraio 2013) il centrodestra ha ottenuto il 27,5 per cento dei voti mentre il centrosinistra ha conseguito il 50,1 per cento. In precedenza però, e dunque nel semestre finale del 2012 sottoposto ad analisi, il presidente del Molise era Michele Iorio, vincitore delle elezioni con il 46,98 per cento dei voti.

Dopo di che, avendo esposto ai lettori del Foglio e all’Agcom questi dati sconcertanti, sono praticamente certo che, pur essendo agosto, il tutto sarà avvolto dalle nebbie novembrine. Conosciamo i nostri struzzi, già che sono in spiaggia figuriamoci se rinunciano a infilarci la testa sotto.
Se ci sono lettori che trovano qui ragioni del loro sconcerto per l’informazione del Tgr delle loro parti, e le cui osservazioni hanno sempre inciampato nel sorrisetto dei capi locali della Rai, adesso agiscano anche loro. Inviino esposti sui singoli casi di mala informazione, di mala Rai, in fondo di furto di canone oltre che di democrazia all’Agcom. Cerchino sul sito internet. Se poi ci sono dei dirigenti di partito, magari responsabili regionali, che si sono accomodati nel quietismo dinanzi al sopruso, è il tempo di finirla con l’appeasenent. Non è questione di bega locale ma di resistenza all’occupazione delle coscienze, finanziata per di più dal nostro canone.
di Renato Brunetta (capogruppo alla Camera del Pdl)

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