sabato 21 dicembre 2013

Lampedusa: specchio della cialtronaggine. Arturo Diaconale



“Inammissibile”, come ha detto Giorgio Napolitano a proposito del trattamento riservato ai profughi nel centro di primaria assistenza di Lampedusa, non è il comportamento degli operatori della cooperativa che ha gestito fino all’altro ieri la struttura. Inammissibile ma anche immorale e cialtronesco è il comportamento di quegli esponenti della classe politica italiana che conoscono perfettamente le condizioni esistenti nei centri di accoglienza dei profughi provenienti dal mare ma che, soprattutto nel caso di Lampedusa, di questi centri hanno fatto la passerella delle loro vanità e l’occasione della loro visibilità mediatica.

Il caso dell’isola siciliana, meta preferita dei barconi della disperazione, è il più eclatante. Perché chi oggi si straccia le vesti e manifesta con commozione la propria indignazione e la propria vergogna per l’abominio di Lampedusa, sa bene da fin troppo tempo che i centri di primaria assistenza non sono alberghi a cinque stelle ma sono stati costruiti e vengono gestiti con il criterio dei vecchi campi di concentramento. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano, che si è affrettato a rescindere il contratto alla cooperativa che gestisce il campo di Lampedusa, ha visto più volte con i suoi occhi le baracche del centro e conosce perfettamente le condizioni in cui al loro interno si trovano a vivere i profughi e ad operare i tecnici dell’accoglienza. Il filmato della disinfestazione all’aperto di uomini nudi di fronte agli altri migranti può averlo sorpreso.

Ma è la semplice conseguenza di una struttura che lui ben conosce e che da anni è costretta ad ospitare in condizioni indegne, come qualsiasi carcere italiano, un numero di ospiti infinitamente superiore a quello per cui è stato progettato. Lo stesso vale per l’indignata a tempo pieno Presidente della Camera, Laura Boldrini, diventata parlamentare ed assunta alla terza carica dello Stato proprio grazie alla sua esperienza di funzionario Onu per gli emigranti e profughi. A Lampedusa, tra le baracche di lamiere del centro, la nostra combattiva e caritatevole presidente dell’assemblea di Montecitorio c’è stata un’infinità di volte e conosce molto bene la drammatica realtà della situazione.

Solo di fronte ad un filmato girato da un profugo recluso e trasmesso dal Tg2 e dalle televisioni di mezzo mondo, però, si è stracciata le vesti per manifestare tutta la propria condanna a forte effetto mediatico per una vicenda di cui non poteva assolutamente “non sapere”. Alfano e Boldrini sono solo i primi di una lunghissima lista. Lampedusa è diventata da anni il luogo privilegiato dei pellegrinaggi a fini di visibilità personale di frotte di esponenti della classe politica e dirigente nazionale. Costoro fanno la loro passerella spargendo lacrime di commozione, parole di riprovazione e roboanti dichiarazioni in favore di una migliore accoglienza dei disperati provenienti dal Mediterraneo.

Poi, sempre sotto le telecamere, se ne tornano a Roma lasciando la situazione del campo assolutamente immutata. Salvo, naturalmente, scattare come una molla quando c’è da conquistare un altro po’ di visibilità sfruttando l’ennesimo episodio provocato dalla loro inerzia. In questa luce Lampedusa ed il suo campo di concentramento è lo specchio perfetto dell’ipocrisia di questa classe politica e dirigente fatta di sepolcri imbiancati. Qualcuno dice che “è la società dello spettacolo” e che non ci si può fare niente. Ma non è così. Perché Lampedusa è la specchio della società della cialtronaggine. E contro questa degenerazione si può e si deve fare molto. A partire dal sapere che l’accoglienza è tale solo se viene fatta nel rispetto delle regole civili e dei diritti umani!

(l'Opinione)

 

1 commento:

Anonimo ha detto...

semo brutti e catttivi?
ma se 'o apete, che ce venite affa a ca sa de noantri?
e stavene a casa de voamtri.-
che ce fate un gra piacere. solo quanto ce scostate a tenevve male.
e chr volete, che spendemo de ppiù?
ma dannoi ce stannno li disoccupati e lqueli ckresamazzeno pe vvia de le tassse. che qui nonnè proprio aria pevvoi.