giovedì 11 gennaio 2007

Dimettersi: verbo sconosciuto

In Italia c'è tanta buona sanità, dice il Ministro Livia Turco; c'è, in compenso, troppo poca moralità, dico io.
E' mai possibile che nessuno si assuma le proprie responsabilità e si dimetta quando risulta evidente che non si è fatto il proprio dovere?
Tutti incollati alla poltrona con sprezzo della decenza, senza pericolo di essere licenziati e certi dell'impunità.
Le funzioni e le cariche, nel nostro Paese, sono interpretate come diritto inalienabile della persona e non come servizio alla collettività; dobbiamo andare indietro di 2500 anni per trovare un amministratore pubblico importante che si sia dimesso dopo aver portato a termine l'impresa a cui era stato chiamato: parlo di Lucio Quinzio Cincinnato.
Le dimissioni si minacciano, si ottengono al posto del licenziamento, si usano in modo ricattatorio e si invocano: non si presentano mai.
E poi ci si lamenta che in Italia non c'è il rispetto della legalità.
Come si può pretendere dai cittadini l'osservanza delle regole, quando la classe dirigente è la prima a non dare il buon esempio?
Perché esistono solo diritti e pretese, protezioni e "ammortizzatori"? Semplicemente perché i nostri amministratori sono pieni di privilegi e coperture e non sono credibili quando invocano il rigore e i doveri.
Semplicemente perché nella gestione della res publica non esiste il concetto di responsabilità individuale: la concezione comunista porta alla spersonalizzazione del singolo che diventa ingranaggio dell'apparato. I meriti e le colpe sono dello Stato in quanto organismo supremo e dispensatore di tutto (penso alla "distribuzione della felicità" promessa da Prodi).
Manca la mentalità.
Chi danneggia un giardino pubblico o incendia una scuola, non si rende conto di nuocere a se stesso, perché il giardino e la scuola saranno riparati con i soldi delle tasse, ma pensa di nuocere allo Stato come entità a sé stante. La stessa cosa vale per chi evade le tasse, con la variante che a volte sono esose, farraginose, incomprensibili e ingiuste.
Allora, per favore, pretendiamo che chi sbaglia paghi.
Pretendiamo le dimissioni di quegli amministratori di pubblici ospedali dove sono state riscontrate carenze e disfunzioni gravi e prolungate nel tempo, chiediamo le dimissioni dei loro superiori che non hanno erogato gli eventuali fondi, di coloro che non li hanno stanziati, di quelli che avrebbero dovuto vigilare, di quelli che hanno nominato gli amministratori e di quelli che non si sono opposti alla loro nomina politica...
Se si facesse piazza pulita salterebbero molte teste, ecco perché nessuna testa cade.
Facciamo il nodo al fazzoletto, come quelli di Striscia la notizia: appuntamento alle prossime elezioni.

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