venerdì 9 febbraio 2007

Bye, bye paese normale. Christian Rocca

Massimo D’Alema era noto perché voleva vivere in un “paese normale”, ma da ministro degli Esteri è diventato l’alfiere di un “paese impazzito”, l’unico del mondo occidentale a essere governato da due partiti comunisti e ad aver delegato la politica di sicurezza nazionale al primo procuratore della Repubblica che voglia giocare al piccolo antiamericano, magari chiedendo l’arresto degli agenti Cia e Sismi impegnati in operazioni antiterrorismo e capace di trasformare i reclutatori di kamikaze nei nuovi fratelli Rosselli. Non bastava la sit-com farnesiniana spacciata per politica estera discontinua né la comica del voto parlamentare contro la relazione del proprio ministro della Difesa. Non erano sufficienti nemmeno le passeggiate a braccetto con gli Hezbollah, gli incontri con Ahmadinejad, l’equidistanza con Israele e i bye bye Condi sussurrati al porto di Marettimo. C’era, in effetti, da aspettarsi di tutto da un paese impazzito che ha perfino cercato di scaricare sul consiglio di quartiere di Vicenza la gestione di un trattato internazionale e che è così surreale da aver ricevuto il rimbrotto pubblico dagli ambasciatori di mezzo mondo.
Ieri, infatti, ne è capitata un’altra: l’ordinanza di rinvio a giudizio del soldato americano che aveva sparato sull’auto di Nicola Calipari e Giuliana Sgrena ha definito l’uccisione dell’agente italiano “un omicidio politico”. Sì, politico.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

9 febbraio 2007 - 16.56

Iraq; Usa: Pentagono ammette, in 2002 intelligence manipolata.

WASHINGTON - Le informazioni di intelligence che il Pentagono forni' nel 2002 e all'inizio del 2003 alla Casa Bianca, per spingerla a ordinare l'invasione dell'Iraq, erano "di dubbia qualita'" e furono assemblate in modo quantomeno "inappropriato": e' la conclusione cui e' giunta un'indagine interna del Ministero della Difesa Usa, i cui risultati vengono presentati oggi al Congresso degli Stati Uniti.

Il rapporto dell'ispettore generale del Pentagono Thomas Gimble si concentra soprattutto sull'attivita' dell'ex sottosegretario alla Difesa Douglas Feith, il cui ufficio - secondo l'indagine - avrebbe esagerato i presunti rapporti tra Saddam Hussein e Al Qaida, in modo da porre le basi per il conflitto. Gimble ha concluso che l'EX VICE di DONALD RUMSFELD non ha compiuto attivita' illegali, ma si e' reso protagonista di una campagna che mirava a enfatizzare informazioni di scarsa attendibilita'.

SDA-ATS

Anonimo ha detto...

Articolo del cazzo da un articolista del piffero, pagato da Veronica Lario in Berlusconi.

Innanzitutto, in virtu' della miriade di trattati internazionali (+ o - una cinquantina), la magistratura italiana ha, come unica strada per accertare la verita', quella di perseguire l'accusa di omicidio politico (come ben spiegato in una puntata di Report).
Quando un cittadino italiano muore per cause non naturali, a maggior ragione se e' un servitore dello stato come Calipari, la magistratura deve aprire necessariamente l'inchiesta per accertare la verita'. In questo caso l'accusa di omicidio politico e' l'unica via percorribile per l'estradizione del marine Lozano.

Secondo, proprio perche' (giustamente, aggiugo io) siamo alleati e non succubi degli USA e' doveroso da parte dei nostri alleati fornire tutti gli elementi per accertare la verita'.
Non mi pare che, nei due casi citati (omicio Calipari e sequestro Abu Omar), gli americani abbiano fatto sforzi in tal senso.
Nel caso Calipari infatti gli USA si sono fatti la loro bella inchiesta, si sono tenuti per mesi le prove e, alla fine si sono autoassolti. Voglio solo ricordare che dalle dichiarazioni della Sgrena ma soprattutto da quelle del Maggiore dei Carabinieri che guidava l'auto, la versione dei fatti americana e la versione dei testimoni italiani (sopravvisuti) e' antitetica.

Sul caso Abu Omar le cose stanno anche peggio per gli americani.
Una dozzina, forse piu' di agenti CIA scorazzava per l'Italia (hanno preso un'infinita' di multe (tutte documentate) e hanno rapito un residente in Italia con la collaborazione del nostro ex ministro degli interni.
Abu Omar, se fosse un terrorista, sarebbe ora nelle patrie galere americane.
Invece e' stato consegnato alle autorita' egiziane che, dopo una buona dose di torture, l'hanno dovuto rilasciare perche' non sussitono gli estremi per l'arresto.

La CIA non ha giurisdizione al di fuori dei confini americani e rapire una persona, per di piu' in terrorio straniero, e' reato punibile con la reclusione.


Maurom, vaffanculo tu e quel ricchione di Christian Rocca.
Falliti siete e tali resterete.

VR.

Anonimo ha detto...

Aspetto, nel frattempo, che il mafioso di arcore e gli scribacchini sul suo libro paga, ci dicano qualcosa approposito dei fatti accaduti a Catania che sono costati alla vita ad un ispettore di Polizia.

C'e' l'ha il mafioso una posizione in proposito?
Ha parlato nel frattempo di Veronica, di gay, etc... ma non ha proferito parola sui gravi incidenti di Catania, uno dei pochi comuni in mano a Forza Italia.
Hai per caso letto o sentito qualche commento del sindaco Scapagnini?
No, lui si interessa solo di come appianare le rughe del divino Silvio.
Oppure il suo grandissimo conflitto di interessi (il Milan Calcio in questo caso) gli impedisce di vedere che la legge Pisanu (voluta dal suo governicchio) e' stata completamente disattesa?
Perche' lo stadio di San Siro (dove il suo Milan gioca) non e' ancora a norma?

Maurom, vaffanculo di nuovo, fallito che non sei altro.

VR

Anonimo ha detto...

appoggio VR in toto...Mr Christian Rocca il giornalista imparziale alla Fede dimentica che per 5 anni al governo abbiamo avuto un pupazzo che ha dato certe leccate di culo a Putin e Bush...due signori che non vanno per il sottile quanto a rispetto della legalità...

Anonimo ha detto...

Grazie anonimo.

Mi piacerebbe adesso che i due falliti (il titolare di questo blog e il pennivendolo di Berlusconi) ci spiegassero come mai Abu Omar, fino a ieri un pericoloso terrorista e reclutatore di kamikaze secondo la CIA, e' stato rilasciato con tanto di scuse dalle autorita' egiziane ed e' libero di circolare.

Maurom,
visto che i maggiori quotidiani europei ed americani parlano oggi di questa assurda vicenda, perche' non mi posti qualche commento o articolo dei vari Feltri, Rocca, Ferrara e Belpietro?
Hanno -questi presunti giornalisti-qualche chirimento da fare a tal proposito?
Oppure quella che fanno e' solo disinformazione per permettere al mafioso di continuare coi suoi loschi traffici?

Durante i 5 anni del nano ci hanno riso dietro perfino alle isola Samoa!!!!!

Fanculo Berlusconi e tutti i suoi servi senza cervello.

VR

Anonimo ha detto...

per VR (che penso abbia già letto) e per tutti gli iscritti della casa delle libertà (di fare il cavolo che gli pare)...
secondo me stiamo dando di matto...


«Rapito e picchiato da italiani» Undici pagine scritte a mano: così l' ex imam di Milano racconta il sequestro, gli interrogatori e le violenze subite in carcere

«Testimonianza dell' islamico sequestrato nella via di Milano. Così mi hanno rapito dall' Italia e così mi hanno torturato nelle carceri egiziane». Con queste due frasi, scritte in alto come un titolo, Abu Omar apre le undici pagine di memoriale in cui racconta personalmente, per la prima volta, le modalità violente del suo sequestro e gli atroci interrogatori subiti in Egitto. E' un documento straordinario, perché mai prima d' ora l' ostaggio era riuscito a far filtrare all' esterno la sua testimonianza di vittima del sequestro e delle torture. Il memoriale è ora depositato tra le fonti di prova a carico dei 35 inquisiti (26 agenti statunitensi della Cia, un carabiniere del Ros e 8 italiani del Sismi) per quella «cattura illegale». La versione di Abu Omar contraddice totalmente la tesi del «finto sequestro di un consenziente», proposta invece in Parlamento dal direttore del Sismi, Nicolò Pollari.

Al contrario, Abu Omar conferma di essere stato picchiato a sangue fin dal momento del rapimento e aggiunge un fatto del tutto nuovo: almeno due sequestratori erano «italianissimi». Il Corriere ha ottenuto da proprie fonti una copia del memoriale, che è stata tradotta da tre diversi interpreti (con risultati coincidenti) dopo aver accertato che la Procura ne aveva ottenuto l' originale. I «saggi di grafia» già depositati dai pm confermano che è la stessa scrittura di Abu Omar. Ecco i passi salienti del memoriale. «Botte e vestiti strappati» «Io sottoscritto, Osama Mustafa Hassan Nasr, conosciuto come Abu Omar, islamico sequestrato a Milano il 17 febbraio 2003, tuttora detenuto nel carcere di Tora al Cairo, scrivo la mia testimonianza dall' interno di questa mia tomba: sono dimagrito, la mia malattia si aggravata, sono in condizioni molto critiche. La mia faccia è trasformata a causa della tortura». «Adesso spiego il sequestro. Camminavo a piedi da casa mia, in via Conte Verde 18/A, lunedì 17 febbraio 2003, andando verso la moschea per la preghiera di mezzogiorno. (...) Avevo in tasca 450 euro (400 per pagare l' affitto), il mio passaporto italiano di rifugiato, il permesso di soggiorno, il cellulare, la tessera sanitaria, l' orologio e le chiavi di casa.

Tutte queste cose si trovano ora nella sede dei servizi segreti egiziani, nei "giardini del Copa", davanti al Castello del popolo... Uscendo, ho visto un furgone bianco che mi passava davanti... Davanti a un giardino pubblico, ho visto una Fiat rossa. L' autista veniva verso di me di corsa. Ha tirato fuori una tessera: sono della polizia. Gli ho dato il permesso di soggiorno e il mio passaporto italiano. Lui tira fuori il suo cellulare e fa una chiamata. Mi sembrava un americano: capelli biondi, carnagione chiara, alto circa 1.70». In realtà è un carabiniere italiano di madre tedesca, Luciano Ludwig Pironi, che ha confessato questo ruolo nel sequestro. «Poi il furgone bianco si è fermato vicino al marciapiede. Non ho capito niente, ho visto solo che due persone che mi sollevavano di peso: sembravano italianissimi, alti non meno di 1.87 o di più, età circa 30 anni. Il mio sequestro è stato visto anche da una signora egiziana...». E' la testimone oculare, già sentita dai pm. «Quando mi hanno buttato dentro il furgone, ho cercato di reagire, ma hanno cominciato a darmi pugni in pancia e su tutto il corpo. Mi hanno buttato sul fondo del furgone e coperto la faccia. Dentro era tutto buio. Mi hanno legato piedi e mani... Tremavo per le botte e dalla mia bocca è uscita schiuma bianca... Allora ho sentito i due italiani discutere, uno dei due urlava: mi hanno strappato tutti i vestiti e mi hanno fatto un massaggio cardiaco...».

«Dopo quattro ore circa, sempre con le mani e i piedi legati insieme, mi hanno trasferito in un altro veicolo, non so se nemmeno se fosse un altro furgone o un piccolo aereo... «Legato sul jet americano» «Dopo un' altra ora di viaggio, ho capito che ero arrivato in un aeroporto, dal rumore degli aerei. Ho sentito tanti piedi, sette-otto persone, che camminavano verso di me. Mi hanno strappato i vestiti con dei coltelli e rivestito con una velocità incredibile. Mi hanno anche tolto la benda per pochi secondi, per farmi le foto: c' era tanta gente in divisa da teste di cuoio. Mi hanno bendato tutta la testa e la faccia con dello scotch largo, con buchi su naso e bocca per respirare... L' aereo è decollato, c' era un freddo cane... Ero immobilizzato e mi mancava il respiro. Allora mi hanno messo un respiratore... Quando siamo atterrati, perdevo sangue dalle mani». «Al Cairo un funzionario egiziano mi ha detto: in questa stanza ci sono due pasha, cioè due grandi ufficiali dei servizi segreti. Uno solo ha parlato, in egiziano, dicendo solo: "Vuoi collaborare con noi?". L' altro, che probabilmente era un tenente americano, non parlava, ma poi ho capito che diceva: se Abu Omar è d' accordo, torna con noi in Italia».

«La mia cella era di due metri per uno, senza luce. Era in un palazzo dei servizi. Mi hanno legato le mani e un piede, mi facevano camminare, io cadevo e loro ridevano. Poi hanno continuato con le scosse elettriche, pugni, schiaffi. Hanno portato carta e penna chiedendomi di scrivere tutta la mia vita fuori dall' Egitto, mi hanno fatto vedere foto di egiziani, tunisini, algerini e marocchini residenti in Italia... Ho avuto problemi alle ossa e alla respirazione. L' interrogatorio è durato sette mesi, fino al 14 settembre 2003, ma mi sono sembrati sette anni. «La cella è una tomba» «Dopo un altro viaggio, mi hanno portato in un altro palazzo dove un sacco di mani mi hanno picchiato su tutto il corpo. Mi hanno detto: qui dentro non entra neanche la mosca blu. Quando ho chiesto del bagno, mi hanno detto che era la mia cella... C' era una puzza incredibile... Sono rimasto altri sei mesi e mezzo in questo posto, Amn-El-Dawla... La cella era senza aria, scarafaggi e topi camminavano sul mio corpo... Quando entrava il guardiano, dovevo mettermi in ginocchio, altrimenti mi toccava con un bastone elettrico... «Da mangiare mi davano solo pane andato a male, quello con la sabbia che fa cadere i denti... Non puoi bagnarlo e non puoi rifiutarlo, perché loro devono tenere in vita uno scheletro... «Mi interrogavano nell' ufficio vicino alle celle, così gli altri detenuti sentono le urla e i pianti della tortura... I miei capelli e la mia barba sono diventati tutti bianchi... «All' inizio i guardiani mi spogliano nudo, minacciano di violentarmi, mi danno scosse con un bastone elettrico: uno mi tiene le parti intime e me le schiaccio se non parlo... Poi mi stendono su una porta di ferro che chiamano "la sposa": qui prendo calci, scosse elettriche con i fili e intanto mi gettano acqua fredda».

«Non mi hanno mai dato il Corano: c' era sempre buio in cella, ma io lo volevo solo per baciarlo e tenerlo stretto fra le braccia. «Per le botte ho perso completamente l' udito da un orecchio: non sento più niente. Ho subito anche una tortura chiamata il materasso. Nella stanza delle torture mettono sul pavimento un materasso bagnato e attaccato alla corrente elettrica. Poi mi legano mani e piedi dietro la schiena. Una persona si siede sulle mie spalle su una sedia di legno e l' altro attacca la corrente. Ero sempre spaventato e spesso svenivo. Ora non ce la faccio più a continuare a scrivere di queste torture che ho subito...» «Dimenticavo: le prime volte che mi hanno torturato, bestemmiavano contro di me e contro l' Italia, perché mi ha dato asilo politico. Mi dicevano: è l' Italia che ti ha consegnato all' Egitto. E dall' Italia nessuno è venuto a liberarti da queste torture...».
Paolo Biondani e Gianni Santucci

Anonimo ha detto...

Sono, sfortunatamente, mezzi per esportare la democrazia caro anonimo.

La cosa buffa e' che i sedicenti paladini delle liberta' vogliono far passare questi abusi sotto silenzio; cosi' come vogliono glorificare gente che, con un mitra in mano e senza neppure vestire una regolare divisa (il riferimento ai mercenari italiani e' voluto), si trovava in Iraq non si e' mai capito a fare cosa.

Quando leggete testimonianze come questa o come quelle dei prigionieri di Abu Ghraib, cari destri del cazzo, passatevi una mano sulla coscienza e spiegateci in cosa esse differiscono dalle torture perpretrate dai regimi comunisti.

Almeno il comunismo aveva un po' di pudore: non si e' mai spinto a dire che stavano esportando la democrazia.

Maurom, perche' non intervieni e ci fai sentire cosa pensi?
Il tuo mononeurone ti concede ancora il lusso di pensare?

VR

Anonimo ha detto...

Ma dai Maurom nn ha mai avuto facoltà di pensiero.Lui si limita a seguire gli ordini del Nano Unto e del partito azzurrino;al massimo riesce a copiare qlc articolaccio dal Giornale o dalla quell'altra schifezza diretta da Feltri.
Siete(vooi destrorsi)veramente vergognosi nella vs falsa miopia,nel difendere a spada tratta queste porcate.E lo siete ancor di piu nell'appoggiare una classe dirigente incapace,corrotta,che x gran parte dei suoi effettivi meriterebbe la GALERA(nn li nomino xche tanto li sappiamo tutti).
Fate veramente SCHIFO
PT