mercoledì 2 luglio 2008

L'impronta del bambino. Davide Giacalone

Vogliamo ragionare sul prendere le impronte digitali ai minorenni, ai bambini? Ai miei le hanno prese, come le mie, alla frontiera aeroportuale degli Stati Uniti. Siamo stati fotografati ed abbiamo compilato un modulo nel quale abbiamo dovuto dire dove stavamo andando, dove avremmo soggiornato e cosa avevamo intenzione di fare. Non ci siamo sentiti umiliati o indagati, benché sia stata una schedatura, piuttosto abbiamo sperato di fare in fretta, perché già il viaggio era stato lungo. Alla fine ci hanno detto: benvenuti negli Stati Uniti. Andando via abbiamo salutato: arrivederci, e ci torneremo.
A me non piace che si prendano le impronte digitali ai bambini rom, ma solo perché si è specificato che il provvedimento è relativo a loro. Prendiamole a tutti, così da farne anche uno strumento per rendere più difficile lo scambio di minori. Nemmeno mi piace che i bambini rom, gli zingarelli, che posso chiamare così perché così li abbiamo sempre chiamati, senza alcun accento non dico razzista, ma anche solo di fastidio, non mi piace, dicevo, che siano lasciati del tutto liberi. Molti di loro lo sono, ma come bestie. Li trovo sotto casa, inebetiti fra le braccia di madri accattone, o scorrazzanti luridi sul marciapiede. Li trovo dove la folla s’accalca, nelle stazioni o dove i turisti si distraggono, intenti al borseggio. Schiavizzati da adulti che non definirei nomadi, e men che meno “figli del vento”, semmai delinquenti. Allora vorrei sapere quante volte un determinato bambino è stato trovato in quelle condizioni, e vorrei fosse certa l’identità dei genitori, dopo di che vorrei istradare lui verso la scuola e loro verso la galera.
Sono, dunque, diventato fascista, razzista e senza cuore? E’ che mi si spezza, il cuore, a vederli così come sono, mi pare sia ignobilmente razzista che si consideri scontato il loro futuro ai margini della legalità, se non oltre, e trovo che l’ideologia c’entri come i cavoli a merenda. Gli zingari erano perseguitati ed internati nei gulag comunisti, ma non darei del “comunista” a chi affermi l’inderogabilità dell’obbligo scolastico, anche perché, in certi casi, c’è il rischio che lo prenda come un complimento.
Chi sta al governo, però, si renda conto che non basta una cosa sia giusta, occorre anche comunicarla senza un di più provocatorio.

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