Un’epidemia s’aggira per il mondo: la moda delle epidemie. Ogni volta che un allarme si diffonde, su scala planetaria, l’attenzione di tutti si volge verso le organizzazioni sanitarie, le quali tranquillizzano il pubblico confermando la disponibilità di grandi scorte di farmaci, opportunamente rinfoltite per far fronte ad ogni peggiore evenienza. Ciò significa che le epidemie sono anche occasione per grandi affari. Passata qualche settimana, consumate le comparsate televisive dei presunti esperti, si vive e si muore esattamente come prima.Non essendo medico, ed essendo io stesso felice del fatto che, in caso di bisogno, potrò comprare quel che serve, spero che, anche questa volta, le cose vadano secondo il noto copione. La cosa migliore di una disgrazia, insomma, è che non capiti. L’impressione che qualcuno ci marci, però, è sgradevole. Il fastidio cresce, inoltre, quando si sentono dire cose poco sensate, oltre che ripetitive.
Capita, insomma, che ci si sieda davanti al telegiornale, prima di cena, e si senta dire che l’epidemia si diffonde, il numero dei morti cresce, ed i casi non sono più limitati alla zona d’origine, ma dei contagi ci sono già stati a New York. Primo avviso: non andate in Messico, e neanche negli Stati Uniti, “se non è indispensabile”. Facile. Ma mica tanto, visto che il mondo s’è fatto piccolo e capita d’incontrare persone appena sbarcate. Poi ti dicono che un caso c’è già a Madrid, e dato che sono passate poche ore dall’inizio, ne deduci che l’epidemia viaggia a velocità inquietante. Secondo avviso cautelare: non frequentate luoghi affollati. In che senso? A parte il bagno di casa propria, la gran parte dei posti dove si passa la giornata sono affollati. Posso non andare al cinema, ma come faccio a non prendere l’autobus? Siccome lo spettacolo ha le sue regole, ecco che cominciano a girare immagini suggestive, come quei due che si baciano indossando la mascherina. Non oso immaginare come s’è poi evoluta la loro serata.
Non viaggiare, non frequentarsi, non baciarsi. Accidenti, siamo proprio nei guai. Ed è il momento delle dichiarazioni ufficiali. Il presidente Obama segue personalmente la situazione, e, forse, vorrà dire che misura la febbre alle figlie. L’influenza dei maiali è “causa di preoccupazione” per l’America, ma “non c’è ragione d’allarme”. Decidetevi: ci dobbiamo preoccupare o no? In Italia le autorità rispondono: no. Bene, grazie, ma, allora, di che stiamo parlando?Il giorno successivo, fortunatamente sopravvissuti ed ancora dotati d’appetito, prima della cena ci si rimette davanti allo stesso telegiornale. Apertura dedicata all’epidemia, sempre più micidiale. Mentre scrivo i morti sono 150. Tantissimi. Allora ci stanno raccontando balle, provano ad acquietarci e, invece stiamo viaggiando verso la catastrofe? Calma, i numeri sono belli perché precisi, ma non significano niente se non paragonati ad altri numeri. Occorrerebbe sapere quante persone muoiono, mediamente, e senza il contributo dei maiali, in quelle stesse zone, ogni giorno, e sarebbe bene dire quante ne muoiono quando arriva l’influenza. Il dato interessante non è il numero assoluto, ma lo scostamento dalla media. Se questo non è significativo, allora s’è solo scoperto che alcuni di quelli che s’ammalano passano poi al regno dei cieli. Roba sofisticata, insomma, nota fin dalla notte dei tempi.
La paura, però, è difficile da contenere, quindi cerchiamo altre informazioni. Così scopriamo che, nelle nostre farmacie, ci sono almeno un paio di antivirali perfettamente in grado di non farti fare la fine del suino. Ciò significa che se quando ti viene la febbre vai da un medico, anziché a ballare, anche questa volta salverai la pellaccia. Non solo, ma potrai anche baciare senza usare precauzioni, sempre che altro non t’induca a desistere. Cribbio, ma detta così sembra la cosa più normale del mondo, ragion per la quale ci si fa sospettosi e l’occhio cade su una delle ultime notizie in circolazione: per ora bastano gli antivirali, ma potrà prepararsi il vaccino, benché il processo sia lungo e costoso. Alt, e no, questo è troppo. Mia nonna diceva: non approfittate di noi, che siam povera gente.
Negli ultimi mesi abbiamo superato l’influenza degli uccelli e la pazzia della vacca. Ora ce la vediamo con i maiali. Mi fermo qui, questa sera rinuncio al telegiornale e riprendo in mano Boccaccio. La zuppa è, più o meno, quella, ma assai più divertente.
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