martedì 14 aprile 2009

Terremoto: l'epica irrompe nella storia. Angelo Crespi

Il destino di un singolo uomo non fa notizia. Se non fosse per certa buona letteratura, non avremmo neppure idea di cosa possa essere il destino di un singolo uomo. Poi accade la catastrofe: il terremoto distrugge un’intera comunità e allora i destini di tutti quanti, pur nella tragedia, risplendono. Solo con la catastrofe comune i singoli destini trovano orizzonte più ampio. Se un bambino muore, e ne muoiono ogni giorno in tutti i modi più stravaganti e dolorosi, nessuno si sogna di scrivere un epicedio. Eppure per i genitori, per i familiari, per i parenti, quel lutto sarà determinante per tutta la vita e arrecherà dolore per sempre. Ciò nonostante nessuno di noi, lontani, prova pietà. Anzi resta indifferente. Poi, come dicevo, la catastrofe. E allora ti accorgi che dentro una comunità ci sono destini diversi benché accomunati e ognuno di questi destini è incredibile. Una donna è morta proteggendo col corpo il figlio, una famiglia intera appena riunitasi è scomparsa, un medico ha perso la moglie e il figlio che aveva appena lasciato, una donna incinta che stava partorendo è morta e con lei non solo il bimbo in grembo, ma sono morti anche l’altro figlio piccolo e il marito che aveva già pronto il necessario per recarsi in ospedale qualora si fossero rotte le acque, e poi i due giovani innamorati fuggiti nel piccolo paese per stare vicini, morti, la bimba appena giunta dalla nonna per le vacanze pasquali, morta, lo studente che non è riuscito a uscire dall’ostello, morto, i due amici, morti.

Ma ci sono anche gli scampati: la donna che ha appena partorito e fugge dall’ospedale con la bimba in braccio, il vicino di casa che s’arrampica sul cornicione per salvare la bambina rimasta nella casa pericolante, il ragazzo che salta dalla finestra mentre tutto crolla e sopravvive, quello rimasto sotto le macerie in un anfratto e poi tirato fuori vivo dai soccorritori. Ecco, quando succede una catastrofe così vasta il Destino supremo sembra più vicino, più visibile, sebbene comunque incomprensibile. Sembra che in questi momenti giochi con gli umani: uno si salva perché arrivato in ritardo di un secondo, l’altro muore per lo stesso motivo; uno si salva perché quella sera ha cambiato strada, l’altro muore per lo stesso motivo; uno si salva perché ha mantenuto le proprie abitudini e orari, l’altro muore per quello.

Davanti a questo surplus di destino ci viene da piangere. Non ci commuoviamo, noi lettori, quando apprendiamo che la sera prima un ragazzo è morto sull’autostrada, al massimo leggiamo distratti il trafiletto in cronaca. Non presagiamo che con quel ragazzo scompare un mondo, intero il mondo intorno a lui. Invece quando la catastrofe ci colpisce allora proviamo commozione: ci accorgiamo che qualcosa di più grande del singolo uomo si è messo in moto. E allora non possiamo che rivolgerci all’epica, che è il racconto non più del singolo destino di ogni uomo, ma dei destini di una comunità, di un popolo. Così i quotidiani, inconsapevolmente, passano dalla cronaca all’epica. I giornalisti refrattari e cinici per dovere scoprono che dietro la notizia, dentro la notizia, ci sono gli uomini e il loro singoli destini. E se vengono considerati tutti insieme fanno la storia di un popolo. Chiediamoci: cosa è l’epica? Serve? Perché è un genere così in disuso? L’epica è il racconto dei destini dei singoli uomini alle prese con un destino più grande. Serve perché solo iscrivendo i nostri singoli destini dentro un destino più grande, possiamo comprendere pur in traluce i meccanismi che governano la nostra vita. E' in disuso perché nel Novecento, dopo l’abbuffata dei grandi totalitarismi, irrompe sulla scena l’individuo come unico protagonista. E di conseguenza la letteratura che narra di questo singolo individuo è diventata, negli ultimi cinquant’anni, soliloquio, onanismo, nichilismo.

Si tenta di ridurre la storia all’individuo, di ricondurre tutto alle pulsioni, alla volontà, alle decisioni, alle malattie del singolo individuo. Ma quando sul palcoscenico si rimette in moto la grande macchina del destino comune, quando la catastrofe generale fa cadere le piccole certezze del singolo individuo, quando fa crollare il piccolo mondo che si è costruito intorno, allora comprendiamo la nostra fragilità. E capiamo che solo all’interno di un destino comune, anche il nostro destino trova soluzione.
Purtroppo solo la catastrofe genera questo sguardo nuovo sulle cose che sarebbe bene mantenessimo sempre. Ed è unico conforto nella catastrofe comprendere che non tutto accade a fin di male. Sapendo che anche noi siamo partecipi di un destino più grande, in quell’incredibile intreccio di contingenze e necessità, di arrivi in tempo e in ritardo, di coincidenze ma anche di divine meccaniche, solo percependo questo anche la catastrofe ci appare meno irragionevole. (il Domenicale)

19 commenti:

Anonimo ha detto...

a mio parere ritengo giusto il commento e la spiegazione che ci propone l articolo, anche se purtroppo,causa il nostro egoismo, pensiamo che il nostro dolore sia più grande del nostro prossimo,cerchiamo di essere vicini con il nostro aiuto e con la preghiera a chi ha bisogno di noi. m.t.

Anonimo ha detto...

"[...]Ma i morti sì, possono essere limitati. I danni sì, possono essere contenuti, quando le case sono costruite con i progetti giusti e gli accorgimenti giusti e i materiali giusti. E nessuno dovrebbe saperlo meglio di noi italiani. Che viviamo in una terra tra le più inquiete di un mondo in cui avvengono ogni anno un milione di terremoti piccolissimi e tra questi almeno un centinaio del quinto grado della scala Richter, cioè uno ogni tre-quattro giorni e ogni tanto ne arriva uno che sconquassa tutto. E per giorni giurano tutti che basta, occorre cambiare le regole e bisogna adottare una volta per tutte i sistemi che aiutano a limitare i danni perché è stupido spendere i soldi come per decenni ha fatto lo Stato che secondo i dati del Servizio geologico nazionale è riuscito a spendere solo dal 1945 al 1990 per tamponare i danni di catastrofi naturali varie oltre 75 miliardi di euro e cioè quasi 140 milioni di euro al mese.

Più quelli spesi dal 1990 in qua per il sisma nella Sicilia Orientale nel dicembre 1990 e per quello nell’Umbria e nelle Marche del settembre 1997 e per quello a San Giuliano di Puglia dell’ottobre 2002… Tutti lutti seguiti da una promessa solenne: mai più. E presto dimenticata sotto la spinta di nuovi condoni, nuove elasticità urbanistiche, nuove regole più generose… Mentre cala la notte, nei paesi sotto il Gran Sasso la terra, ogni tanto, dà un nuovo scossone. Piccolo. Leggero. Sinistro. Così, tanto per ricordare chi comanda".

Gian Antonio Stella
07 aprile 2009

Anonimo ha detto...

14 aprile 2009
I furbetti dell'informazione

"E bravi: in un batter d'occhio l'attenzione al terremoto, alla ricostruzione, alle colpe, ai rischi ecc. è stata dirottata su Santoro e su "Annozero", in realtà sull'informazione che dà fastidio. Intendiamoci: il punto non è la qualità del programma di Santoro, o di quella particolare puntata che non discuto non avendola vista, né la legittimità di critica sia di Santoro che nei confronti di Santoro. Il punto è che in un momento (sospetto strumentalmente) si sostituisce alla critica della realtà la critica della critica, facendo un danno enorme a tutti noi. E' la solita storia del dito e della luna. Non si vuole proprio vedere la seconda.

Basterebbe domandarsi se l'informazione su una vicenda tragica come il terremoto che da una settimana impazza è stata servizio, prodotto, tutte e due le cose o sopratutto il secondo. Vedete, quando si indugia nell'intingere la telecamera nella disperazione, o si rimandano dieci volte le telefonate dei terremotati la notte della scossa tremenda, si fa un'operazione merceologica, non informativa. Cioè essenzialmente si vende una merce.

E' comprensibile che non ci sia uno spartiacque netto tra informazione di servizio e merce di stampa scritta o radiotelevisiva, ma se puntiamo Santoro bisogna allora domandarsi se sentire a Radio Rai un ufficiale dei Nas che denuncia lo smercio di prodotti avariati agli sfollati negli alberghi della costa significa mettere in discussione tutta l'organizzazione pro-terremotati e la solidarietà e in fondo la stessa Protezione Civile. Sarebbe una china. Da non percorrere. Si precipiterebbe. E siamo già ben sotto con la qualità dell'informazione [...]".


dal blog di Oliviero Beha

Anonimo ha detto...

"Al prossimo Consiglio dei Ministri decideremo di abbinare il referendum ai ballottaggi". Berlusconi ufficializza l'accordo con la Lega sulla data del 21 giugno, al termine di un vertice operativo con i rappresentanti dei Beni Culturali a L'Aquila. Una decisione, aveva detto in giornata il premier, a cui si e' arrivati perche' il Carroccio avrebbe altrimenti fatto cadere il governo.

Grazie Silvio per i 200milioni che butti via per far contenta la lega...

oh, meno male che silvio c'è

Anonimo ha detto...

Santoro, quei «poveretti» dei lettori del Giornale, come li hai chiamati, ti ringraziano assai per l’attenzione che hai loro riservato in apertura di Annozero. Ma ci tengono tanto a dirti che il «poveretti», con seguito di insulti più o meno ironici e offensivi, te lo potevi anche risparmiare. E che è una vergogna che tu continui a usare il mezzo pubblico, cioè pagato da tutti noi, come se fosse una tua proprietà. O peggio, come se fosse il privé del tuo esibizionismo.
Mai prima d’ora, a mia memoria, un programma in prima serata Rai aveva tributato tanta attenzione diretta e polemica a un quotidiano. Mai il Giornale era stato preso d’assalto a telecamere aperte e accese. Ne siamo orgogliosi: evidentemente abbiamo centrato il bersaglio. E dunque continueremo a contraccambiare, caro Santoro, seguendoti passo a passo, senza perdonarti i tuoi eccessi pagati dal canone dei contribuenti e la tua faziosità che smerci per libero giornalismo.
Anche ieri ne hai dato una prova evidente. Hai detto che non avevi mai messo in dubbio l’efficienza e la velocità dei soccorsi: è falso. I tuoi inviati l’altro giovedì davano libertà di microfono a coloro che insultavano gli uomini in divisa. Hai citato campagne che non abbiamo fatto, hai mescolato allusioni e meschinità, hai cercato di rigirare la frittata da quel sapiente istrione che sei. Hai contrattaccato, hai sfidato, hai rilanciato. Hai giocato al rialzo con le vignette. Hai irriso il direttore generale della Rai Masi. Hai fatto dare indirettamente del fascista a Bertolaso, e già che c’eri anche a Letta. Riequilibrio? Ma dove? Se questa doveva essere la trasmissione del riequilibrio, allora Di Pietro è l’Accademia della Crusca.
Per quanto riguarda le vignette, poi, il Giornale non ha organizzato mai nessuna campagna di stampa per «offendere l’Islam», come hai lasciato intendere. Semplicemente: abbiamo sempre difeso e sempre difenderemo il diritto di informazione e anche il diritto di satira. La differenza, che non vuoi capire, è fra chi pubblica le vignette sul suo giornale e chi pretende di farsele pubblicare a spese degli italiani, senza nemmeno il diritto degli italiani di poter esprimere il proprio gradimento. Possibile che sia un pensiero così difficile da far passare sotto la tua tinta?
Così come non dovrebbe essere difficile da capire, ce la potrebbe fare persino Travaglio, che un conto è criticare la ricostruzione post terremoto in Umbria, un conto è attaccare violentemente i soccorritori mentre ancora scavano fra le macerie. O ironizzare sui cimiteri, con le bare ancora aperte. Si vede che a diventare martiri della libertà d’informazione si perde un po’ di lucidità. Pazienza. Noi, con i nostri «poveretti» lettori, di pazienza ne abbiamo molta. E per questo, nonostante tutto, continuiamo a sostenere che tu debba andare in onda. Sempre e comunque, a spese del canone. Crepi l’avarizia, ti paghiamo noi (60mila euro al mese). Perché l’unica cosa vera che hai detto ieri è che sei il più grande aiuto per Berlusconi. Anche se poi hai esagerato, come al solito, definendo Annozero «un Tg4 fatto meglio». Fatto meglio, a noi proprio non pare.
m giordano

Anonimo ha detto...

La censura scattata contro Vauro e l'ordine impartito a Michele Santoro di "riequilibrare" nella puntata di giovedì di Annozero quanto raccontato giovedì scorso nei servizi sul terremoto, sono un crimine contro la libertà di parola.

In qualsiasi democrazia liberale idee e opinioni possono essere sempre espresse. L'unico limite è quello dettato dal codice penale: posso dire quello che voglio, ma non posso calunniare o diffamare chi critico.

Nessuno ad oggi è stato in grado non di affermare, ma nemmeno di ipotizzare, che Vauro o i giornalisti di Annozero abbiano commesso qualche reato o detto falsità occupandosi del sisma in Abruzzo. Molte, se non tutte, le domande sollevate durante la trasmissione sono anzi rimaste senza risposta.

L'intervento del direttore generale della Rai, Mauro Masi, è dunque semplicemente sbagliato e dimostra ancora una volta come l'azienda radiotelevisiva di Stato non sia più un servizio pubblico, ma solo una tv al servizio dei partiti.

I partiti sono i padroni di viale Mazzini e visto che più o meno tutti i partiti (compreso il Pd) hanno detto che la puntata non era piaciuta, l'editore, come avrebbe fatto qualsiasi altro editore privato, è corso ai ripari. Vauro è stato "sospeso" e ai collaboratori e ai dipendenti Rai è stato dato un segnale preciso: qui si fa come vogliamo noi.

Restano due problemi.

Il primo: il servizio pubblico è del pubblico, cioè dei telespettatori.
Tra di essi vi sono milioni di persone che, pur essendo in minoranza nel Paese, hanno diritto di veder rappresentato il loro punto di vista. Annozero e Vauro hanno insomma il diritto di andare liberamente in onda esattamente come ha il diritto di andare in onda Bruno Vespa o Gianluigi Paragone.

Ovviamente sia Santoro, che Vespa, che Berlusconi, Di Pietro o Franceschini, sono criticabili.

Personalmente non condivido una parola del pensiero di Aldo Grasso che dalle colonne de "Il Corriere della Sera" ha accusato Annozero di «abuso di libertà» dando di fatto il via all'intervento in stile sovietico della politica italiana. Ma credo che Grasso abbia tutto il diritto di esprimere ciò che pensa e, parafrasando Voltaire, sarei disposto a dare la vita per difendere il suo diritto.

E qui veniamo al secondo problema: quanti tra i sedicenti liberali alle vongole protagonisti della vita pubblica italiana, politici, editorialisti, direttori di giornali, capitani d'industria, prenderanno posizione per difendere non Santoro o Vauro, ma un principio? Io credo pochi. Perché la libertà di parola nasce nel '700 per poter parlare male di chi stava al potere. Per parlarne bene, infatti, c'erano già i cortigiani. C'erano allora e ci sono ancora.

P. Gomez

Anonimo ha detto...

La domanda è: si può parlare male della Protezione civile oppure è vietato? Se se ne può parlare male, rompendo anche quella patina di retorica che è inevitabile in circostanze come questa, il problema non sussiste. Le notizie possono essere scomode o comode e si dividono in due categorie: quelle vere e quelle false. Il programma di Santoro e tutta l’informazione vanno giudicati solo con questo metro. Poiché non ho alcuna voglia di difendere questo collega, ma mi è inevitabile difendere i principi, ricordo questa frase. «E’ uno scandalo che si parli di scandalo. Veder ferire gli organismi che hanno offerto la loro opera mi intristisce. Mi chiedo in che razza di paese viviamo». Chi l’ha detto? Berlusconi? No, l’allora presidente del consiglio Massimo D’Alema a proposito dello scandalo Arcobaleno, che vide la nostra Protezione civile coinvolta in episodi poco edificanti. Albania, 1999. Lo feci scoppiare io quello scandalo con articoli, che furono poi ripresi da Panorama. Il nostro giornale venne considerato scandalistico dall’allora governo di centrosinistra. I fatti poi ci hanno dato ragione. L’unica differenza tra allora e ora è, ritengo, che Santoro ha cantato fuori dal coro soltanto perché si parli di lui.

di Giovanni Morandi

Anonimo ha detto...

Bella ciao, per ora, può aspettare. Niente canti della resistenza. Stavolta, per combattere il «tiranno» Silvio Berlusconi, Michele Santoro usa l'ironia. In fondo, anche se in molti si stracciano le vesti e denunciano l'attacco alla libertà di informazione, non siamo ancora all'«editto bulgaro». E soprattutto la puntata di Annozero andata in onda giovedì scorso, a pochi giorni dal terremoto che ha travolto L'Aquila, non ha indignato solo il Cavaliere. Le critiche a Guido Bertolaso e alla Protezione Civile, le vignette di Vauro sulle vittime dei crolli, non sono piaciute a molti. Forse per questo Santoro fa una parziale marcia indietro e precisa: «Voglio ringraziare Bertolaso. Noi non abbiamo mai messo in dubbio la velocità dei soccorsi. Voglio citare le cifre della Protezione civile prima che lo facciano altri».
Un ritornello che, durante la puntata, verrà ripetuto quasi ossessivamente. Il conduttore snocciola i numeri poi ribadisce: «Noi abbiamo voluto porre l'accento sul problema della prevenzione». Insomma, se una settimana fa Santoro aveva cercato in tutti i modi di mostrare il lato oscuro del terremoto abruzzese, stavolta mette subito le mani avanti. E cambia obiettivo. «Comunque la pensiate ben trovati - esordisce con un sorriso beffardo non appena la telecamera lo inquadra -. Anzitutto voglio ringraziare i colleghi che hanno espresso la loro solidarietà, in particolare quelli del comitato di redazione del Tg2, e il nostro sindacato».
Quindi si rivolge ai «poveri» lettori de Il Giornale: «Berlusconi ci divide, ma io vi adoro. Anche se faccio grandissimi sforzi per capirvi. Il vostro giornale ha fatto una battaglia per la libertà di satira chiedendo che venissero pubblicate le vignette su Maometto. State facendo un errore, lo stesso che fa Aldo Grasso che parla di televisione esattamente come Bruno Vespa parla di cavalli». «Ascoltate Fede - insiste - che dice che affinché Berlusconi vinca c'è bisogno di Santoro. Noi siamo un Tg4 fatto bene. Vauro la prossima settimana torna di sicuro. Così Berlusconi vince e siamo tutti più contenti».
A questo punto entra in scena Marco Travaglio che elenca minuziosamente i titoli che Il Giornale fece quando il governo Prodi si trovò ad affrontare il terremoto in Umbria. Anche qui l'ironia la fa da padrona. Il giornalista cita Gianfranco Fini che ha descritto l'ultima puntata di Annozero come «indecente e stonata», quindi fa qualche esempio «di giornalismo decente e intonato» per concludere con il più scontato degli accostamenti: quello tra Silvio Berlusconi e Benito Mussolini. Tutte cose già viste. Come già vista è l'intervista al direttore della scuola Normale di Pisa Salvatore Settis che attacca duramente il piano casa del governo e il battibecco tra Niccolò Ghedini e Antonio Di Pietro ospiti in studio. Sarà forse per non scadere nella banalità che Santoro si concede il lusso di sfidare il direttore generale della Rai Mauro Masi. Lo stesso che ha sospeso il vignettista Vauro e che ha chiesto al conduttore di riequilibrare l'informazione sul terremoto. Il primo colpo arriva con l'intervista all'arcivescovo dell'Aquila Giuseppe Molinari che ammette di non aver «troppa simpatia» per il buon Michele e racconta di non aver gradito il disegno in cui Berlusconi veniva descritto come un novello Nerone che canta sulle macerie dell'Aquila. «Caro direttore generale - urla euforico Santoro -, abbiamo uno scoop. La vignetta incriminata non è quella della cubatura dei cimiteri ma un'altra. Quindi non c'è il corpo del reato».
A questo punto il clima è maturo per l'affondo. Il conduttore presenta la sua «amica» Francesca Fornario che, annuncia, sarà la vignettista della serata. La diretta interessata prima improvvisa una finta telefonata in diretta ironizzando sul fatto che Masi abbia deciso di censurare tutte le «battute che non capisce» quindi presenta le sue vignette riparatrici che, però, sono state disegnate da Vauro. Il messaggio è chiaro: voi potete impedirgli di essere in studio, ma noi non rinunciamo alla sua collaborazione. Anche stavolta, però i disegni del toscanaccio scatenano la polemica. La sua «Via Crucis del precario» non piace all'Udc Luca Volontè che immediatamente interviene per criticarlo. Un po' di pepe in una serata in cui anche Sabina Guzzanti, che alla fine inscena un finto processo a Vauro, appare sottotono.

Nicola Imberti

Anonimo ha detto...

SCIACALLO
propongo referendum
per mandarlo via... è un canale pubblico finanziato coi nostri soldi ed essendo tv di stato gli azionisti siamo noi... poi santoro può fare quel che vuole... con i suoi soldi e con canali non pubblici ... il problema è questo ... può fare quello che vuole ma non con i nostri soldi dato che nessuno lo ha eletto.
CON BUONA PACE DEI COMPAGNI COMUNISTI.

Anonimo ha detto...

Michele Santoro può criticare, è un suo sacrosanto diritto, ma guai a criticarlo! E forse ha ragione: lui non è un conduttore televisivo, un giornalista, un uomo di parte, sarebbe come diminuirne il peso e il ruolo sociale. Lui è la personificazione della libertà d’informazione, quel che resta dell’opposizione, l’unica tv che rema contro. Ieri sera è stato costretto dal direttore generale della Rai, Mauro Masi, agli esami di riparazione. Doveva provvedere a una trasmissione in grado di riequilibrare quella della settimana scorsa ritenuta, evidentemente, squilibrata. In studio c’erano gli on. Niccolò Ghedini e Antonio Di Pietro, il giornalista Mariano Maugeri e Titti Postiglione, responsabile della sala operativa della Protezione civile. Riequilibrare vuol dire mettere contro Di Pietro e Ghedini, e vinca chi grida di più. Per fortuna significa anche sentire le pacate parole della Postiglione. In questi casi non si sa mai, come dicono in Veneto, se sia peso el tacon del buso, sia peggio il rattoppo del buco.

Anonimo ha detto...

"non siamo ancora all'«editto bulgaro"

quel che non viene detto è il motivo per cui i vertici rai, asserviti ai partiti (altro che servizio pubblico!) hanno timore di emanare un nuovo editto bulgaro. Quel che non viene detto è che Santoro ha appena vinto una causa milionaria contro la rai per la sua illegale e indebita sospensione seguita a quell'editto bulgaro e illiberale. Adesso, per contrastarlo, si preferisce usare la menzogna e il fango. La puntata di ieri, a parte la Guzzanti che personalmente non apprezzo, è stata equilibratissima, sono stati analizzati problemi che nessun altra trasmissione, a parte exit, ha affrontato, e a cui molti come me sono interessati, al di là della melassa informativa autocelebrativa che ci propina il governo attraverso le sue televisioni (pubbliche più private, per un totale di 5 almeno, escludendo rai tre e il programma di santoro su rai 2. L'avvocato del premier (uno dei tanti che siedono in Parlamento), on. Ghedini ha imperversato interrompendo ripetutamente gli ospiti, oltre a riportare dati del Ministero delle Finanze solo apparentemente esatti perché da interpretare correttamente (soldi teoricamente disponibili della Presidenza del Consiglio per la protezione civile che di fatto a bilancio non ci sono, il solito gioco delle tre carte per abbindolarci, encomiabile, il suo concetto di correttezza dell'informazione :-)
le case sono state costruite con sabbia e cemento armato di pessima qualità. Gli enti locali non hanno fatto il loro dovere di controllare e mettere in sicurezza gli edifici pubblici a rischio e hanno azzerato gli stanziamenti a favore della protezione civile. La regione Abruzzo (vedi Del Turco, che ci viene proposto a esempio edificante dalla nostra edificante tv pubblica, e in questo caso nessuno si scandalizza, mentre i giudici, gli unici che cercano di effettuare controlli in assenza di tutte le altre istituzioni, vengono additati al pubblico disprezzo come toghe rosse, visionari, politicizzati, sovversivi, ricevono le ispezioni dei solerti ispettori inviati dai ministri di grazia e giustizia (grazia e impunità per i soliti membri della casta, nessuna giustizia) e vengono rimossi dal loro incarico con provvedimenti sommari. Nessuno può osare porre la questione della prevenzione e criticare fatti e inadempienze gravissime che hanno portato a questo disastro? Pretendo di sapere di chi è la responsabilità. Non ne posso più di sentire, dopo ogni disastro, le parole mai più e ogni volta il disastro si ripete. Non ne posso più di vedere che i soldi destinati alla ricostruzione (cifre ingentissime) delle zone terremotate vengono spesi da una classe politica irresponsabile per iniziative discutibili, per guadagnare consensi elettorali, e che non vengono mai utilizzati per elaborare piani di emergenza e mettere in sicurezza gli edifici. Se non ci si rende conto e si continuerà a negare di questi gravi problemi, i controlli continueranno a non essere effettuati perché la lobby potentissima dei costruttori influenza pesantemente le decisioni politiche dei nostri governanti e parlamentari. la gente continuerà a morire, la propaganda pre-elettorale sulla pelle dei morti continuerà a ripetersi. è questa la vera vergogna, non chi osa criticare questo meccanismo vergognoso.

Anonimo ha detto...

criticare secondo ragionevolezza e con equilibrio l'operato di un giornalista o di un autore di vignette si può, certamente. Quel che non è lecito fare è SOSPENDERE DALL'INCARICO, licenziare, togliere il lavoro a chi la pensa diversamente. E' questa la differenza sulla quale preferite tacere. Potete dire, da liberali e democratici, che una trasmissione non è piaciuta, elencare gli aspetti e problematiche sulle quali avreste gradito un maggiore approfondimento. Si può ignorare signorilmente e cambiare canale. Dall'accanimento con cui Santoro viene attaccato mi viene davvero il sospetto che dica cose sgradite al potere, e che gli Italiani non devono sapere. Ma se non sono messi al corrente di certi fatti, non possono votare consapevolmente. Il pluralismo e la dialettica servono a questo, in una matura e compiuta democrazia. Rifletteteci sopra.

Anonimo ha detto...

SCIACALLO
propongo referendum
per mandarlo via...

mi raccomando non accorpatelo alle amminsitrative altrimenti la lega si incazza ;)

Anonimo ha detto...

mario giordano che schifo di uomo...servo e dipendente del suo padrone,umido e appiccicaticcio e ipocritone=
per le vignette contro maometto w la libertà e il diritto di satira,

per le vignette di Vauro apriti cielo

continua così liberale alle vongole

Anonimo ha detto...

. Il pluralismo e la dialettica servono a questo, in una matura e compiuta democrazia. Rifletteteci sopra

Pluralismo a senso unico nella tv pagata da tutti.
Io la chiamo prevaricazione di un fanatico, il quale, però, sa fare bene i suoi interessi (sapete quante palanche guadagna, per quello schifo di trasmissine?).

Anonimo ha detto...

Si può ignorare signorilmente e cambiare canale ...

Non si fa propaganda di partito in una tv pubblica!

Anonimo ha detto...

Non si fa propaganda politic ada una tiv sdi stato...

sacrosanto...per questo ieri sera ha praticamente parlato solo l'on. Ghedini insultando e interromepndo continuamente l'on. Di Pietro (a proposito i buona educazione e civiltà) e per questo Monica Setta a Domenica In propina senza sosta a massaie, anziani e bambini le lodi et magnifiche gesta del governo. La verità è che ciò che per voi è di cattivo gusto è solo quello che risulta scomodo da ascoltare per le vostre orecchie.

Anonimo ha detto...

Vai, vai! su rai3. E ti accorgi cosa èveramente una tv di partito pagata con i soldi di Pantalone!
Segui anno zero, su rai2- Goditi ballarò in tutte le salse. Compiaciti con i sorrisi egli sghignazzi di f fazio! Divertiti a seguire le imparziali interviste di c augias!
E ti accorgerai qual è veramente la tv di partito e chi comanda veramente lì dentro (alla rai).
Alla faccia del padrone,tiranno, dittatore, monopolizzatore di tutta la tv, radio e stampa.
Ogni riferimento a Repubblica e al gruppo l'espresso (ovviamente sottomessi al grande dittatore) è puramente casuale e non pertinente.
WiWa Mao!
WiWa Castro
WiWa la Cina democratica!

Anonimo ha detto...

sempre così autocontrollato e dallo stile del perfetto gentleman colto inglese? :-)
sei monotono.