mercoledì 22 aprile 2009

Referendum balletti e trappole. Stefano Passigli

La disputa sulle date, oltre a sollevare delicati problemi giuridici, ha sino ad oggi oscurato la sostanza del referendum e i negativi effetti della sua eventuale approvazione sul nostro sistema politico.

Gli aspetti giuridici del problema sono chiari. L’attuale normativa impone per la validità dei referendum abrogativi che vi partecipi almeno la metà più uno degli elettori, e vieta il loro accorpamento con le elezioni politiche - cui sono assimilabili le consultazioni europee in quanto anch’esse elezioni generali - proprio per evitare che il quorum non venga raggiunto spontaneamente ma grazie al «traino» di un voto che ha luogo sull’intero territorio nazionale. Per votare il 7 giugno come chiesto dai referendari (sulla base di un’opinabile calcolo dei costi, ma in realtà per beneficiare del traino) sarebbe stato perciò necessario modificare l’attuale normativa ricorrendo, per ovvi motivi di tempo, a un Decreto Legge. Ma quali motivi di «necessità e urgenza» possono essere invocati, la necessità di fissare una data per il referendum essendo nota da oltre un anno? Le date residue del 14 e 21 sono entrambe praticabili, dato che i ballottaggi del 21, tenendosi solo in alcuni comuni, non investono - al contrario delle europee - l’intero territorio. Più problematico invece un rinvio al 2010, quando è presumibile che si assisterebbe nuovamente al tentativo del Comitato promotore di accorpare il referendum alle elezioni regionali, sollevando così gli stessi problemi oggi sul tappeto.

Il balletto delle date ha però sinora nascosto la vera sostanza del problema. Il referendum non porta rimedio ai mali dell’attuale pessima legge elettorale, aggravandone anzi i difetti. Infatti: 1) non eliminando le liste bloccate, non restituisce ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti, lasciando alle segreterie di partito il potere di «nominare» il Parlamento; 2) non riduce il numero dei parlamentari; 3) lasciando immutate le eguali competenze di Camera e Senato non elimina il bicameralismo perfetto; e 4) non garantisce dal rischio che le elezioni producano una diversa maggioranza politica nelle due Camere, con conseguente paralisi dell’azione di governo.

La sola vera innovazione introdotta dal referendum consisterebbe dunque nello spostare il premio di maggioranza dalla coalizione vincente alla lista più votata. Presentata come positiva dai referendari, questa innovazione avrebbe in realtà un effetto devastante: nell’attuale assetto politico, con un probabile 30% dei voti destinato a partiti intermedi come IdV, UdC, Lega, e partiti minori al di sotto del 4%, è possibile che una lista con poco più del 35% del suffragio ottenga grazie al premio di maggioranza il 55% dei seggi, potendo così non solo eleggere i Presidenti della Repubblica e delle Camere, e tutte le cariche di garanzie (Corte Costituzionale, Autorità indipendenti), ma anche modificare l’ordinamento giudiziario, i Codici e le leggi che regolano il sistema dell’informazione o che dovrebbero disciplinare il conflitto d’interessi. Si aggiunga che con qualche alleanza la lista vincente potrebbe raggiungere in Parlamento i 2/3 dei voti e modificare a proprio piacimento la Costituzione evitando il referendum confermativo.

Il successo del referendum rappresenta, dunque, un rischio che la nostra ancora fragile democrazia non può permettersi di correre. Né si deve cadere nella trappola di ritenere che una vittoria del «sì» possa servire ad accelerare una riforma della legge Calderoli. Mario Segni lo sa bene: solo dopo la vittoria del maggioritario nel 1993 accettò di firmare il mio emendamento per il doppio turno, ma gli altri referendari pretesero che il risultato del referendum non venisse modificato in alcun modo e il doppio turno non vide mai la luce. Una modifica della «porcata» è dunque possibile solo con la sconfitta del referendum Segni-Guzzetta: quale che sia la data del voto, sarà perciò opportuno por mano sin da ora a una nuova legge elettorale dando vita nel frattempo a un comitato a favore di una «Astensione per la riforma». (la Stampa)

Stefano Passigli, docente universitario, è stato parlamentare dei Ds, sottosegretario del governo Amato e attualmente vicino all'Italia dei valori di Di Pietro...

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi sembra che le tesi di Passigli, persona stimabile (basta vedere le sue illuminate proposte di legge, ogni senatore dovrebbe poter vantare un'attività politica analoga alla sua) siano molto interessanti e degne di essere prese in considerazione. Non è un caso che si sia avvicinato all'IDV. per avere una visione più completa del problema, vorrei chiedere ad Alfio quali sono i pareri dei costituzionalisti che invece ritengono posisbile l'accorpamento con le europee e chiedo se qualcuno di voi conosce le leggi cui accenna il prof. Passigli, che vietano di tenere il referendum nello stesos giorno delle politiche.
Grazie a chi mi vorrà rispondere.
P.

Anonimo ha detto...

ultimo aggiornamento: 15 aprile, ore 13:01
Roma, 15 apr. (Adnkronos) - "Incostituzionale l'accorpamento del referendum con le elezioni europee, perche' favorirebbe il raggiugimento del quorum? Il minimo che si puo' dire e' che il ragionamento appare paradossale". Il presidente emerito della Corte Costituzionale, Annibale Marini smonta la tesi sostenuta dal ministro per la semplificazione legislativa Roberto Calderoli, esponente della Lega nord, che ha parlato di incostituzionalita'. "L'accorpamento e' perfettamente costituzionale -ribadisce all'ADNKRONOS l'ex presidente della Consulta- ed e' semplicemente inimmaginabile pensare il contrario".

Anonimo ha detto...

una cosa, in ogni caso, è certa: questo referendum non bisogna votarlo perché è una follia.

Anonimo ha detto...

Roma, 15 apr. (Adnkronos) - "Incostituzionale l'accorpamento del referendum con le elezioni europee, perche' favorirebbe il raggiugimento del quorum? Il minimo che si puo' dire e' che il ragionamento appare paradossale". Il presidente emerito della Corte Costituzionale, Annibale Marini smonta la tesi sostenuta dal ministro per la semplificazione legislativa Roberto Calderoli, esponente della Lega nord, che ha parlato di incostituzionalita'. "L'accorpamento e' perfettamente costituzionale -ribadisce all'ADNKRONOS l'ex presidente della Consulta- ed e' semplicemente inimmaginabile pensare il contrario".

Del resto, osserva ancora Marini, "ci sono ampi esempi in passato di accorpamenti di elezioni e referendum. E non dobbiamo neanche dimenticare che l'elettore che si reca al seggio puo' sempre rifiutarsi di ritirare una scheda: ad esempio, puo' prendere quella sulle elezioni europee e lasciare quella sul referendum. Quanto al quorum, non si puo' certo dire che sia incostituzionale favorirne il raggiungimento, ammesso che si ottenga questo risultato, visto che e' la legge stessa che indica i mesi in cui votare, escludendo ad esempio quelli della pausa estiva di luglio e agosto".

Marini non nasconde di essere "favorevole nel merito al quesito sulla legge elettorale posto dal referendum, ma questa mia posizione non cambia di una virgola il giudizio di costituzionalita' piena di un accorpamento di elezioni e referendum nella stessa data: anche se io fossi contrario al quesito referendario, la mia valutazione da costituzionalista non potrebbe certo cambiare. Quello che posso aggiungere a titolo personale -conclude il presidente emerito della Consulta- e' che ritengo l'accorpamento anche un atto politicamente doveroso, realizzando l'obiettivo di un cospicuo risparmio di risorse pubbliche. Ma, ripeto, dire che facilitare la partecipazione popolare al voto e' anticostituzionale e', con tutto il rispetto per il ministro, francamente paradossale".

da Libero news

Anonimo ha detto...

se non erro, la legge che vieterebbe l'accorpamento del referendum alle elezioni politiche è la legge di attuazione dell'art. 57 della costituzione

Anonimo ha detto...

pardon, la legge di attuazione dell'art. 75 della costituzione: V. art. 2 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1 e Titolo II della legge 25 maggio 1970, n. 352.

Anonimo ha detto...

LEGGE 25 MAGGIO 1970, n. 352 (GU n. 147 del 15/06/1970)
NORME SUI REFERENDUM PREVISTI DALLA COSTITUZIONE E SULLA INIZIATIVA LEGISLATIVA DEL POPOLO.

ART. 31.
NON PUÒ ESSERE DEPOSITATA RICHIESTA DI REFERENDUM NELL'ANNO ANTERIORE ALLA SCADENZA DI UNA DELLE DUE CAMERE E NEI SEI MESI SUCCESSIVI ALLA DATA DI CONVOCAZIONE DEI COMIZI ELETTORALI PER L'ELEZIONE DI UNA DELLE CAMERE MEDESIME

ART. 34.
RICEVUTA COMUNICAZIONE DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, SU DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, INDICE CON DECRETO IL REFERENDUM, FISSANDO LA DATA DI CONVOCAZIONE DEGLI ELETTORI IN UNA DOMENICA COMPRESA TRA IL 15 APRILE ED IL 15 GIUGNO.
NEL CASO DI ANTICIPATO SCIOGLIMENTO DELLE CAMERE O DI UNA DI ESSE, IL REFERENDUM GIÀ INDETTO SI INTENDE AUTOMATICAMENTE SOSPESO ALL'ATTO DELLA PUBBLICAZIONE NELLA GAZZETTA UFFICIALE DEL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI INDIZIONE DEI COMIZI ELETTORALI PER LA ELEZIONE DELLE NUOVE CAMERE O DI UNA DI ESSE.

Mi sono preso la briga di leggermi questa legge, che è quella fondamentale di applicazione dell'art. 75 della costituzione. In nessun luogo, da quel che ho letto, mi sembra che sia fatto divieto di tenere la consultazione referendaria il giorno in cui si svolge la consultazione per le europee. All'art. 31 si parla esclusivamente di comizi elettorali per l'elezioni delle CAMERE (camera dei deputati e senato, quindi).Le europee quindi sembra che non c'entrino un bel niente.

2) La consultazione del 21 giugno invece avverrebbe in palese violazione della legge (art. 34) a meno che non si ricorra alla solita violenza della decretazione d'urgenza, ma qui non ne ricorrono gli estremi perché è da tempo infinito che si sa che tale consultazione referendaria deve essere indetta (il presidente della Repubblica aveva già avanzato giorni fa le sue perplessità in ordine a un eccessivo uso della decretazione d'urgenza, questo sì incostituzionale!).

Insomma il solito pasticcio all'italiana, che al solito costerà ai contribuenti.

Anonimo ha detto...

In ogni caso, non voterò questo referendum.

Anonimo ha detto...

[...] "perché, allora, tanto chiasso sul "costo referendum"?

E' del tutto evidente che siamo di fronte a una forzatura strumentale dei promotori del referendum e di Franceschini e Di Pietro a cui non pare vera l'occasione di poter strumentalizzare i "costi della democrazia" per imporre l'accorpamento del referendum alle elezioni amministrative. Loro, da esperti, sanno bene che questa fortunata coincidenza, veicolata dal possibile risparmio di risorse per il terremoto, renderebbe possibile il raggiungimento del quorum, cosa molto difficile da ottenere altrimenti.

Ma si tratta di un inganno: infatti, gli elettori si troveranno tra le mani una scheda in più che POCHI RIFIUTERANNO mentre LA MAGGIOR PARTE LA PRENDEREBBE RISULTANDO VOTANTE, anche se non la apre neppure.

Per evitare questo inganno, se passerà, IL SEGGIO REFERENDARIO DOVREBBE ESSERE SEPARATO dagli altri aperti per le elezioni amministrative e gli elettori dovrebbero rivolgersi direttamente al suo presidente per chiedere la scheda che non gli può essere imposta.
L'elettore che entra nel seggio per le elezioni amministrative non può trovarsi tra le mani la scheda del referendum senza una sua richiesta: l'opposto è una imposizione che confida sulla ignoranza delle persone.

Mi si dice: voi puntate sull'assenteismo per non fare passare il referendum. Sì ma è un mio diritto farlo.
[...] E questo per la semplice ragione istituzionale che il superamento del quorum del 50% dei votanti è la prima regola da rispettare per la sua validità per cambiare una legge del Parlamento.
[...]
Ma al di là delle loro furbizie, ci sono le ragioni di merito che mi portano a non partecipare al voto.
La legge elettorale vigente è una "porcata", come disse il suo promotore, l'oggi Ministro Calderoli.
Come tutti ricordano i cittadini non hanno più il diritto di scegliere i parlamentari con il voto di preferenza e grazie a questa "porcata" Deputati e i Senatori vengono nominati dai Segretari dei Partiti che definiscono l'ordine delle liste. La RAPPRESENTATIVITA' del Parlamento sancita dalla Costituzione è stata così negata al punto tale che Berlusconi può dire: "Bastano i capi gruppo per decidere, i Parlamentari fanno solo perdere tempo".

Il referendum "Guzzetta" non cancella questa "porcata": usano l'inganno per far credere l'opposto.
Inoltre, se il referendum risultasse valido, questa "porcata sarà "santificata", qualunque fosse il risultato.
Una bella trovata davvero: si raddoppia la "porcata"; complimenti.

Con il referendum i promotori vogliono spostare il premio di maggioranza del 55% dei seggi dalla coalizione vincente al partito maggiormente votato: VOGLIONO ELUDERE IL PRINCIPIO COSTITUZIONALE DELLA RAPPRESENTANZA SANCITI dalla Costituzione Italiana imponendo il "bipartitismo" in Italia.
Esattamente come successe con la legge Acerbo che assicurò al fascismo il controllo della Camera.
Inoltre, tutto questo aprirebbe la strada al "presidenzialismo" e alla feudalizzazione della politica italiana.

E' bene perciò ricordare che con il Referendum fu respinto lo stravolgimento della Costituzione voluto da Berlusconi-Calderoli: senza trucchi, votò oltre il 50% degli elettori e oltre il 60% disse NO. Per questo, rifiuto l'abbinamento del referendum con le elezioni amministrative e il ballottaggio"

Ugo Mazza, da www.aprileonline.info