Falcone e Borsellino, prima d’essere ammazzati, erano stati isolati. Ad isolarli, ad imbozzolarli nell’impotenza o negar loro i necessari poteri è stata la magistratura, utilizzando in Consiglio Superiore. Furono necessarie coperture politiche, naturalmente, fornite da Magistratura Democratica e dal Partito Comunista, per il tramite di Elena Paciotti e Luciano Violante. A gioirne furono in molti, nel mondo che naviga nella continuità fra gli affari e la politica, che nella lotta contro la mafia vede solo il fastidio subito da chi viola le leggi e nasconde il denaro illecito, quando non s’avvale direttamente della protezione criminale. Un mondo che non ha confini politici, perché conosce solo la legge della malaricchezza. Dato questo scenario, si dovrebbero abolire le ricorrenze, affinché gli ammazzati non siano anche diffamati.
L’anniversario della strage di via D’Alelio, quest’anno, si festeggia usando le parole di Riina: “Lo hanno ucciso loro”. Loro chi? Ma è ovvio: i servizi, che sono “deviati”, gli stragisti, che sono “di Stato”, il tutto alla ricerca di una verità che è “inconfessabile”. Per dare un tocco horror alle balle odierne è pure spuntato fuori un agente segreto con la faccia mostruosa e sfregiata, che, in quelle condizioni, sarebbe dovuto passare inosservato e solo adesso se ne percepisce l’esistenza. Roba da matti. Come il pendere dalla labbra di una bestia disonorata, come Riina.
Prima che la falsificazione inquini la memoria, teniamo dei punti fermi. La strategia stragista, con cui i corleonesi accompagnarono gli anni dell’inchiesta Mani Pulite, non era certo finalizzata a spaventare per bloccare quei procedimenti. Avvenne l’esatto contrario, e l’assassinio di Falcone servì a portare Scalfaro al Quirinale, poi complice del giustizialismo imperante, salvo salvare se stesso. La sterilizzazione di Falcone e Borsellino servì anche ad istruire i processi politici, per condurre i quali si doveva evitare che deponesse Tano Badalamenti e, quindi, che venisse in Italia. Per impedirlo fu Orlando Cascio ad infamare il carabiniere Lombardo, che, minacciato dalla mafia, fu indotto al suicidio. A denunciare questi fatti fu il carabiniere Canale, che Borsellino chiamava fratello, che fu accusato di mafia e che attende ancora il deposito della sua definitiva assoluzione.
Non voglio dimostrare nulla, non qui e non così in breve. Intendo dire che certe ricostruzioni di comodo, certe induzioni al luogocomunismo, sono vergognose, e che le continiguità politiche vanno non cercate, ma riconosciute in molti che si sgolano a commemorare. Almeno risparmino l’infamia di corrompere la memoria nel ricordare chi è morto per la giustizia.
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Pubblichiamo uno stralcio dal settimo capitolo del libro firmato Geronimo, pseudonimo dell’ex ministro democristiano Paolo Cirino Pomicino, dal titolo «Strettamente riservato». (Mondadori,2000). In questa sezione si descrivono alcuni punti oscuri del passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica nel 1992-’93.
Ciò che non è mai emerso, però, è il ruolo che, in questa fase, hanno avuto i servizi segreti. Luigi Ramponi, capo del Sismi e futuro deputato di Alleanza nazionale, nella primavera 1992 aveva cominciato a teorizzare che i due principali partiti di governo (Dc e Psi) o si rinnovavano o erano destinati a morire.
Secondo Ramponi, la coppia Scotti - Martelli sarebbe potuta essere lo strumento di questo rinnovamento: ne parlò con alcuni suoi stretti amici, tra cui Rino Formica, che era stato Ministro delle Finanze quando lui era comandante generale delle Fiamme Gialle. Ma come mai il capo del servizio segreto militare si interessava al rinnovamento di Dc e Psi?
Non è facile rispondere, ma certo è che in questo periodo si verificarono alcuni fatti strani.
Aveva cominciato, il 31 dicembre 1991, il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, pronunciando durante il tradizionale messaggio di Capodanno alcune frasi criptiche. Disse testualmente, spiegando il senso delle sue esternazioni, che con esse aveva cercato di proteggere i partiti da«imprudenze e provocazioni».Nessuno riuscì a spiegare allora il significato preciso di quelle parole.Pochi mesi dopo, il 17 marzo 1992, l’allora ministro dell’Interno Vincenzo Scotti aveva lanciato un allarme contro i rischi di possibili attacchi che avevano come obiettivo quello di destabilizzare il quadro politico italiano. Un allarme un po’ generico,ma sufficiente per fargli decidere lo stato di allerta dei prefetti.«Attenti, c’è un piano internazionale» Le parole di Scotti arrivavano sei giorni dopo l’uccisione di Salvo Lima. Nessuno, però, gli diede credito. Si liquidò l’allarme dicendo che nasceva da una confessione di un pentito non del tutto attendibile, un tal Elio Ciolini. Il ministro della Giustizia Claudio Martelli definì quella del ministro dell’Interno una vera e propria «patacca» e il Corriere della Sera pubblicò una vignetta con il capo della polizia Parisi che portava a spasso un cane con le sembianze di Scotti. La dicitura recitava: «Reo con fesso». (Nessuno, allora, naturalmente,si sognò di sporgere querela). Poi la vicinanza delle elezioni (si votò il 5 aprile) distolse l’attenzione dell’opinione pubblica. In un Paese serio, però, tutto questo non sarebbe mai stato messo a tacere così: in fondo c’era stato un allarme ufficiale che aveva mobilitato i prefetti. A quel punto doveva partire un’inchiesta della magistratura per accertare i fatti.Oppure il ministro «pataccaro» si sarebbe dovuto immediatamente dimettere.
Per capirne di più, di quella vicenda ho riparlato a lungo, anche a fine 1999, con Scotti, che mi ha detto: «Tutto nacque da una comunicazione riservata fattami dal capo della Polizia Parisi che, sulla base di un lavoro di intelligence svolto dal Sisde e supportato da informazioni confidenziali, parlava di riunioni internazionali nelle quali sarebbero state decise azioni destabilizzanti sia con attentati mafiosi sia con indagini giudiziarie nei confronti dei leader dei partiti di governo». Non c’erano dunque solo le confidenze di Ciolini, il cui nome peraltro era stato fatto a Scotti solo in un secondo momento, probabilmente per sbugiardare il suo allarme. «Ma tu hai documenti scritti?» ho chiesto a Enzo. E lui: «No, erano solo comunicazioni verbali del capo della Polizia al ministro dell’Interno». Poi ha aggiunto: «Il mio capo di gabinetto, però, aveva qualche pezza d’appoggio su questo argomento. Dovresti sentirlo».Ho provato a contattare, sempre nel dicembre 1999, il prefetto Raffaele Lauro, capogabinetto al ministero dell’Interno, anche attraverso Antonio Gava, predecessore di Scotti al Viminale, ma Lauro non ne ha voluto sapere. «Gli avvocati mi consigliano di tacere», mi ha riferito Gava. Lauro infatti è ancora sotto procedimento penale: secondo l’accusa, avrebbe indicato al Sisde di acquistare un immobile per favorire il proprietario, il famoso architetto Salabè, amico di Marianna Scalfaro.
Uno 007 telefona a un magistrato: Cossiga chiede lumi
Una telefonata tra un alto dirigente dei servizi segreti militari e un magistrato della Procura della Repubblica di Milano finisce al centro di un’interpellanza parlamentare presentata dal senatore a vita Francesco Cossiga. Nell’interpellanza, Cossiga denuncia la irritualità di contatti diretti tra appartenenti agli apparati di intelligence e magistratura, e afferma che non a caso il «contatto» sarebbe avvenuto prudenzialmente non attraverso telefoni cellulari ma grazie alla cabina telefonica presente all’interno della sede dell’Aise (l’ex Sismi) a Forte Braschi.
Il senatore non indica le modalità con cui è venuto a conoscenza della telefonata e non specifica il nome del magistrato destinatario della chiamata. L’interpellanza indica però il nome dello 007 autore della chiamata: si tratterebbe di Vito Damiano, colonnello dei carabinieri, attualmente capo divisione all’Aise. La chiamata sarebbe avvenuta il 13 novembre 2008.
COSSIGA
"LA CABINA DEI SERVIZI SEGRETI E SPARITA"
è sparita la cabina.Francesco Cossiga è preoccupato.
già particolarmente attivo nella segnalazione di rischi di spionaggio nei confronti del presidente del consiglio per conto delle procure per conto di ambienti legati a servizi segreti ,il presidente Cossiga è tornato all assalto denunciando la sottrazione di una cabina telefonica che avrebbe potuto fungere da prova negli accertamenti dopo le sue segnalazioni.
""E così la cabina telefonica situata nel complesso di forte braschi ,sede interna dell AISI
(i servizi,ndr) dal quale sembra che l "U Spione" generale CC Damiano nel corso di operazioni di controproliferazioni nucleare (!!!!)facesse chiamate telefoniche clandestine a un magistrato dell ufficio del pubblico ministero di milano in modo tale che la sua persona non potesse esser identificata, è scomparsa!Sradicata dal suolo!""
Questa la clamorosa denuncia dell ex capo di stato che prosegue in una nota :
""Evidentemente nel timore che il comitato parlamentare per il controllo su i servizichiedesse di accedere al sito per verificarne l esistenza!
E ora come si fa a raccoglier informazioni anche presso la procura di Bari circa le regalie che berlusconi avrebbe fattoagli agentidella sua scorta in occasione delle festività e che inegrerebbero secondo le due procure e l "U spione" Il reato di corruzione attiva e passiva? "".
Poche settimane fa , anche in un intervista a libero , cossiga aveva denunciato i legami tra servizi e procure nel tentativo di danneggiare il presidente del consiglio.
Nei giorni precedenti al g8 ,poi, sono circolate voci di una possibile attività dei pm milanesi circa presunti reati di corruzione legati alla scorta di Berlusconi.
""E così la cabina telefonica situata nel complesso di forte braschi ,sede interna dell AISI
(i servizi,ndr) dal quale sembra che l "U Spione" generale CC Damiano nel corso di operazioni di controproliferazioni nucleare (!!!!)facesse chiamate telefoniche clandestine a un magistrato dell ufficio del pubblico ministero di milano in modo tale che la sua persona non potesse esser identificata, è scomparsa!Sradicata dal suolo!""
Questa la clamorosa denuncia dell ex capo di stato che prosegue in una nota :
""Evidentemente nel timore che il comitato parlamentare per il controllo su i servizichiedesse di accedere al sito per verificarne l esistenza!
E ora come si fa a raccoglier informazioni anche presso la procura di Bari circa le regalie che berlusconi avrebbe fattoagli agentidella sua scorta in occasione delle festività e che inegrerebbero secondo le due procure e l "U spione" Il reato di corruzione attiva e passiva? "".
Poche settimane fa , anche in un intervista a libero , cossiga aveva denunciato i legami tra servizi e procure nel tentativo di danneggiare il presidente del consiglio.
Nei giorni precedenti al g8 ,poi, sono circolate voci di una possibile attività dei pm milanesi circa presunti reati di corruzione legati alla scorta di Berlusconi.
La vera utilità del G8, a ben vedere, risiede nella possibilità di intessere rapporti personali, bi e multilaterali. Il che vale sia per i leaders, che per i rispettivi staff. I più bravi non sono tanto quelli che fanno l’intervento più rotondo e ficcante, visto che la platea non è incline né all’emozione né alla commozione, i più bravi sono quelli che riescono ad aumentare la confidenza personale e la possibilità, fin dal giorno successivo, di alzare il telefono e chiamare per risolvere problemi particolari, di minore portata globale, ma di maggiore interesse nazionale. Da questo punto di vista la prova italiana è migliore che nel passato, anche perché favorita da una sempre più globale e marcata (benché non necessariamente positiva) personalizzazione. Per molti anni la nostra diplomazia governativa è stata incarnata da uomini, pur di grande valore, incapaci di intessere rapporti altro che con i propri elettori. Kissinger scrisse chiaramente che Aldo Moro non riusciva neanche a capirlo, e la responsabilità non era dell’interprete. Oggi è molto cambiata l’idea stessa della politica e delle relazioni internazionali. Quel che sembrò straordinario nell’intesa umana, creata durante una passeggiata, lontano dalle spie, fra Reagan e Gorbaciov, è, oggi, la norma. Il che, naturalmente, non cancella affatto il ruvido confronto fra interessi ed idee diverse, ma consente di valorizzare più velocemente i punti di contatto. Si potrebbe dire, con tutto il rispetto, che il G8 sta alla politica internazionale come il club del golf sta al mondo degli affari: sono noiose le mazze, le buche e le palline, ma la sera, davanti al caminetto, con un bicchiere in mano, il fatturato può crescere assai più che grazie ai pagati e talora inutili consulenti. Il G8 de L’Aquila è riuscito bene per quel che doveva e poteva (con la dolorosa eccezione del capitolo iraniano). La consuetudine non è morta affatto, ma per continuare ad essere utile ha bisogno di allargarsi.
Pubblichiamo uno stralcio dal settimo capitolo del libro firmato Geronimo, pseudonimo dell’ex ministro democristiano Paolo Cirino Pomicino, dal titolo «Strettamente riservato». (Mondadori,2000). In questa sezione si descrivono alcuni punti oscuri del passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica nel 1992-’93.
Ciò che non è mai emerso, però, è il ruolo che, in questa fase, hanno avuto i servizi segreti. Luigi Ramponi, capo del Sismi e futuro deputato di Alleanza nazionale, nella primavera 1992 aveva cominciato a teorizzare che i due principali partiti di governo (Dc e Psi) o si rinnovavano o erano destinati a morire.
Secondo Ramponi, la coppia Scotti - Martelli sarebbe potuta essere lo strumento di questo rinnovamento: ne parlò con alcuni suoi stretti amici, tra cui Rino Formica, che era stato Ministro delle Finanze quando lui era comandante generale delle Fiamme Gialle. Ma come mai il capo del servizio segreto militare si interessava al rinnovamento di Dc e Psi?
Non è facile rispondere, ma certo è che in questo periodo si verificarono alcuni fatti strani.
Aveva cominciato, il 31 dicembre 1991, il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, pronunciando durante il tradizionale messaggio di Capodanno alcune frasi criptiche. Disse testualmente, spiegando il senso delle sue esternazioni, che con esse aveva cercato di proteggere i partiti da«imprudenze e provocazioni».Nessuno riuscì a spiegare allora il significato preciso di quelle parole.Pochi mesi dopo, il 17 marzo 1992, l’allora ministro dell’Interno Vincenzo Scotti aveva lanciato un allarme contro i rischi di possibili attacchi che avevano come obiettivo quello di destabilizzare il quadro politico italiano. Un allarme un po’ generico,ma sufficiente per fargli decidere lo stato di allerta dei prefetti.«Attenti, c’è un piano internazionale» Le parole di Scotti arrivavano sei giorni dopo l’uccisione di Salvo Lima. Nessuno, però, gli diede credito. Si liquidò l’allarme dicendo che nasceva da una confessione di un pentito non del tutto attendibile, un tal Elio Ciolini. Il ministro della Giustizia Claudio Martelli definì quella del ministro dell’Interno una vera e propria «patacca» e il Corriere della Sera pubblicò una vignetta con il capo della polizia Parisi che portava a spasso un cane con le sembianze di Scotti. La dicitura recitava: «Reo con fesso». (Nessuno, allora, naturalmente,si sognò di sporgere querela). Poi la vicinanza delle elezioni (si votò il 5 aprile) distolse l’attenzione dell’opinione pubblica. In un Paese serio, però, tutto questo non sarebbe mai stato messo a tacere così: in fondo c’era stato un allarme ufficiale che aveva mobilitato i prefetti. A quel punto doveva partire un’inchiesta della magistratura per accertare i fatti.Oppure il ministro «pataccaro» si sarebbe dovuto immediatamente dimettere.
che l’Espresso ha trascritto e pubblicato le registrazioni della
Primo danno. È in discussione in Parlamento la legge sulle intercettazioni telefoniche. C’è uno scontro aspro fra maggioranza e opposizione attorno alle limitazioni introdotte dalla proposta del governo. Il capo dello Stato è intervenuto più volte, persino martedì, per sollecitare un dialogo che consenta di approvare una buona legge. Per fare una buona legge occorre che vi sia un clima adeguato e che nessuna delle parti si senta minacciata. Nel provvedimento che il Parlamento sta discutendo vi sono norme che riguardano la pubblicazione di atti per i quali vige il segreto istruttorio e sono previste sanzioni assai severe (non approvo l’idea della detenzione per i giornalisti) per chi pubblica documenti che violino il segreto istruttorio. Il tema di fondo è se vi sia una sfera privata che debba essere severamente tutelata oppure no. I fautori di un ammorbidimento delle norme sostengono che esistono già nell’ordinamento sanzioni adeguate. È del tutto evidente che la recente svolta impressa dal gruppo De Benedetti rafforzerà l’altra tesi, quella di chi pretende maggiori tutele e garanzie. La trattativa riparte in salita. Questo è un danno a breve, ce ne sono altri che vivranno nel tempo.
Secondo danno. Stanno cambiando le regole della politica e della vita pubblica. Lo spionaggio diventerà l’arma suprema della battaglia politica e delle guerre industriali e finanziarie. Tutto ciò che finora era stato disapprovato ora diventerà legittimo. Per decenni ci siamo battuti contro la politica dei dossier. I servizi segreti sono stati più volte smantellati per aver raccolto informazioni indebite sulla vita degli uomini pubblici. Recentemente è stata decapitata la sicurezza della Telecom per aver dato vita a un sistema di spionaggio parallelo. Per lustri è stata messa al bando la stampa scandalistica che alludeva a vicende private e sollecitava morbose curiosità sulle abitudini sessuali dei potenti. C’era un’Italia rispettabile che sapeva fare diga contro l’uso abnorme delle informazioni illecitamente raccolte. La trasparenza degli uomini pubblici richiedeva anche la trasparenza della battaglia politica che andava condotta con mezzi leciti e legali. La campagna dei giornali del gruppo De Benedetti ha rovesciato e buttato per aria tutta questa tradizione democratica elevando a sistema la rivelazione truffaldinamente recuperata. Mi chiedo come si potrà fare politica e affari in un paese in cui una cimice o un registratore possono prendere il posto di una trattativa alla luce del sole, di un braccio di ferro, dello scontro di idee. Vi fidereste di un paese che non conosce limiti all’indagine sulla vita personale di uomini pubblici: politici, giornalisti, funzionari, imprenditori, banchieri e ambasciatori?
Terzo danno. Viviamo in Italia e non a Teheran o Riyad. Abbiamo per anni contestato ogni intervento della Chiesa cattolica che ci sembrava invadere il campo della sfera privata. Nelle grande battaglia per il divorzio il mondo laico-democratico aveva sconfitto la pretesa di una parte del mondo cattolico di dettare regole erga omnes attorno ai comportamenti privati. La politica aveva saputo nel nostro paese trovare una linea di confine fra le dure battaglie e il rispetto della vita personale degli avversari. Ogni volta che qualcuno aveva cercato di superare questa sottile linea di frontiera era stato contestato vivacemente. L’intera stampa italiana si scandalizzò durante gli anni di Clinton per il moralismo bacchettone dei repubblicani nella vicenda Lewinsky. Faceva a tutti un certo ribrezzo l’uso delle informazioni sulla vita personale come arma di demolizione di un personaggio pubblico. Con la campagna di Repubblica il moralismo è diventato uno dei tratti fondativi di una nuova sinistra al punto da spingerla a presentare una mozione per sindacare la vita privata degli uomini pubblici. Gli ayatollah non avrebbero saputo fare meglio.
Ringrazio tutti coloro che hanno già visitato il mio blog, quelli che faranno girare il link nella rete e chi vorrà suggerire articoli. A chi si connette per la prima volta con il sito " centrodestra " e con " blog per i circoli della libertà " consiglio la lettura anche degli articoli in archivio, perché sono stati selezionati in modo da essere sempre attuali.
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L'udienza preliminare, nata da un'inchiesta della procura di Torino, riguarda i casi di esposizione all'amianto lavorato in quattro stabilimenti italiani dell'Eternit (Casale Monferrato, Cavagnolo nel Torinese, Ruviera in Emilia e Bagnoli in Campania). Il processo sarà il più grande, per numero di casi trattati e per il ruolo dei dirigenti coinvolti, mai celebrato per questioni legate all'amianto.
"Oggi è stata scritta una pagina importante nella tormentata storia dell'amianto in Piemonte, in Italia e credo in tutto il mondo". Questo il primo commento del procuratore Raffaele Guariniello all'uscita dall'aula. "C'è stato un esame approfondito da parte del gup - ha proseguito Guariniello - di tutte le questioni poste: il giudice ha ritenuto fondata la nostra impostazione tanto che ha respinto tutte le eccezioni della difesa". "Questa vicenda rimarca che in materia di sicurezza sul lavoro - ha concluso il magistrato - il ruolo della magistratura è fondamentale e serve che diventi ancora più incisivo".
"Non è una sentenza ma un decreto che dispone il giudizio", ha detto Cesare Zaccone, uno dei legali della difesa, parlando di una "decisione attesa". "Dovremo riformulare le nostre eccezioni e le nostre ragioni", ha aggiunto l'avvocato.
Ennesimo choc nel mondo del ciclismo. Questa volta colpisce dritto uno dei campioni italiani più noti, Danilo Di Luca, risultato positivo per due volte all'Epo ricombinante Cera durante l'ultimo Giro d'Italia, il 20 ed il 28 maggio.
L'abruzzese, che quest'anno aveva chiuso al secondo posto e aveva vinto l'edizione 2007, è stato già sospeso dall'Uci (Unione ciclistica internazionale). Lo notizia, prima diffusa in forma ufficiosa in ambienti del ciclismo italiano, è stata poi confermata dall'Uci. Di Luca, che ha 33 anni, ha vinto due tappe al Giro di quest'anno. Se anche le controanalisi dovessero confermarne la positività, il corridore abruzzese dovrebbe affrontare una squalifica di due anni.
I TEST - Le analisi sono state effettuate dal laboratorio antidoping di Parigi. I test mirati hanno prodotto esiti che sono stati confrontati con le informazioni contenute nel passaporto biologico dell'abruzzese. La sospensione provvisoria di Di Luca rimarrà in vigore fino a quando la Federazione italiana (Fci) deciderà se l'atleta abbia violato l'articolo 21 del regolamento antidoping dell'Uci. Di Luca, evidenzia l'Unione ciclistica internazionale, «ha il diritto di chiedere e attendere i risultati delle controanalisi relative a entrambi i campioni».
Quello che impressiona non è tanto la mini-contestazione dal solito manipolo di fischiatori in servizio permanente effettivo al presidente Berlusconi, quanto piuttosto le reazioni sindacali: la tragedia era ancora ustionante, le fiamme non erano ancora spente, e già il segretario della Cgil Epifani attaccava le Ferrovie per «l’uso di materiali troppo vecchi». Meraviglioso, no? Peccato che i materiali non fossero delle Ferrovie, ma di una società privata, la Gatx Rail Austria, impresa americana con sede a Vienna e ammessa a circolare dall’agenzia per la sicurezza ferroviaria tedesca. Austria, Stati Uniti, Germania: le Fs che c’entrano con quei materiali? Nulla. Epifani non era tenuto a saperlo, certo. Ma, non sapendo, non era meglio tacere?
Il fatto è che in Italia nessuno pensa di tacere quando c’è possibilità di far gazzarra. Nessuno pensa ad evitare la rissa, nemmeno di fronte ai lutti, ai feriti, agli sfollati, a quelle bende che non riescono a coprire corpi ustionati dalle fiamme e dalla paura. E così finisce che ogni volta si leva un grande fumo, che copre tutto, e soprattutto copre i problemi veri. Quello che ieri abbiamo scoperto, in realtà, è che si può morire in casa o mentre si passeggia, al ritorno dal mare, solo perché un treno esplode. E abbiamo scoperto che il treno esplode non per colpa di un macchinista stanco o di un binario curato male, ma per colpa di convogli che arrivano dall’estero. Che sono pericolosi. E per i quali, per il momento, non è previsto nessun respingimento e nessun decreto d’espulsione.
Proviamo a dirlo ancor più chiaramente: il problema, a quanto pare, sono le norme europee. Da quando l’Ue si è allargata sono stati abbassati i parametri di sicurezza. E così nel nostro Paese entrano convogli, come quello esploso ieri, che rispettano perfettamente tutti i parametri, superano tutti i controlli, ma sono pericolosi. Bisogna intervenire? Sicuro: bisogna intervenire subito. Bisogna verificare lo stato di sicurezza dei nostri treni? Sicuro, bisogna verificarlo. E bisogna capire se le norme europee non si possano per caso inasprire e se, magari, qualcuno non le rispetta. Come vedete, ci sono molte cose che bisognerebbe fare subito. Molte cose, tranne una: la gazzarra. E invece noi cominciamo sempre da qui. Quando è arrivato Berlusconi, a causa del gruppuscolo di facinorosi, la piazza si è divisa: da una parte i contestatori, dall’altra i sostenitori. Ma vi pare possibile? Che cos’è? Milan-Inter davanti alle bare? Il derby del cattivo gusto? È possibile che l’odio non possa rispettare nemmeno un minuto di silenzio per lutto? Si può essere anti-berlusconiani fino al midollo, ma se il presidente del Consiglio accorre sul luogo della tragedia rappresenta tutta l’Italia, tutti gli italiani.
Vorrò esser breve e conciso per non tediare i lettori con mille argomentazioni confuse come quelle che leggo sopra: rassegnatevi, ormai lo si deve considerare perso, è indifendibile; pensate chi possa sostituirlo e auguri.
Naturalmente mi riferisco a di pietro, un vero "mostro" come scrive caldarola
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