Due pesi e due misure. E’ il metronomo che dà il tempo al refrain da trent’anni in voga: i giornalisti di centrosinistra sono intelligenti, politicamente corretti e per questo coccolati dalla parte politica di riferimento con promozioni e carriere di vertice, mentre quelli vicini al centrodestra sono cattivi, puzzano anche un po’ e stanno nella “trincea” dell’informazione “controllata dalla cultura egemone” in perfetta solitudine, snobbati e quasi bistrattati da quel centrodestra che, invece, li dovrebbe sostenere nelle loro battaglie. Scorre su questo clichè il dibattito promosso dalla “Scuola di Gubbio” sulla libertà di stampa, voluto dal ministro Sandro Bondi con l’obiettivo di manifestare solidarietà ai giornalisti cosiddetti di area.
Lo si capisce subito dalle parole di Vittorio Feltri, direttore de Il Giornale che va dritto al punto: intorno ai giornalisti di centrodestra “c’è il deserto", c’è disprezzo, e “se non ci aiutate voi non ce la faremo. Per favore dateci una mano...”. Un appello-denuncia, raccolto e rilanciato dai direttori di Libero, Maurizio Belpietro e del Tg1 Augusto Minzolini, davanti ai ministri Bondi, Brunetta, La Russa, al sottosegretario Santanchè e al parterre di politici tra i quali i presidenti dei deputati e dei senatori Pdl, Cicchitto e Gasparri, il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini. Un vero e proprio grido d’allarme sulla libertà di stampa in Italia, minacciata da potentati e associazioni di categoria e non difesa adeguatamente dalla maggioranza.
“Nei nostri confronti c’è diffidenza anche nel centrodestra. Gli esponenti di governo – è il j’accuse di Feltri - preferiscono rilasciare interviste al Corriere della Sera, più che al Giornale o a Libero, perchè è più chic. E’ il risultato di oltre trent’anno di disprezzo per i giornalisti non di sinistra”. L’esempio pratico che usa per evidenziare il suo chaier des doleances è l’inchiesta sulla casa di Montecarlo che secondo il direttore de Il Giornale “ha creato fastidio nel centrodestra, che dopo due mesi di inchieste e raccolta di testimonianze non ha neanche presentato un’interrogazione parlamentare per fare luce sulla vicenda”. La conseguenza, afferma, è che “siamo abbandonati dal Pdl, ma è anche vero che non riusciamo ad organizzarci. Noi non vogliamo avvicinarci al sindacato, composto evidentemente da molte persone che non hanno voglia di lavorare; eppure loro ci giudicano e comandano”.
Concetto ribadito con una punta di ironia quando rivolto alla platea che gremisce la sala della Chiesa di Santa Maria non esita a dire, tra gli applausi: “Non vorrei deludervi, ma io ho grande ammirazione per i giornalisti di sinistra. Loro hanno i posti migliori, sono protetti dalle associazioni di categoria e i partiti di riferimento li coccolano. Sono eleganti, chic. Noi poveri giornalisti di destra siamo abbandonati a noi stessi, alcuni dicono che puzziamo. Se i politici di centrodestra non ci aiutano, non riusciremo mai a conquistare la nostra libertà”. Opinioni condivise da Belpietro che a sua volta rilancia: “'Ha ragione Feltri. Veniamo da una cultura liberale e per questo siamo individualisti, non amiamo unirci. Non facciamo parte di quel sistema che ti fa far carriera, che ti protegge dai magistrati. Noi invece siamo inseguiti dall’Ordine e ci sono colleghi che si incaricano di chiuderci la bocca. Non mancano accenti critici ai politici di centrodestra nel ragionamento del direttore di Libero che rivolgendosi a Gasparri, Cicchitto e Verdini aggiunge: “Anche voi avete accettato questo sistema. Preferite rivolgervi ai giornali di centrosinistra, perchè volete la loro legittimazione. Ma se riescono a chiudere la bocca a noi, la chiuderanno anche a voi. Se volete la cricca dell'informazione, tenetevela. E’ un problema vostro”.
La differenza sostanziale con la cultura dell’informazione predominante, secondo il direttore di Libero sta nel fatto che “ognuno di noi non si fa proteggere, va da solo, cerca le notizie. Non facciamo parte di quel sistema che ti fa fare carriera e avanzare, sistema che ti difende dai magistrati, dalla politica quando questa ti attacca”. Il punto è che esiste “una 'cupola' che impedisce di essere informati e di avere una descrizione di cio' che accade in questo paese. Anche di fronte all'evidenza questa 'cupola' riesce a smontare tutto. Sono perfino riusciti a scrivere il falso sulla mia vicenda, sul trasferimento dell'agente, sulla scorta. Sono riusciti a trasformare il tentato omicidio in una sorta di fenomeno paranormale...Mi basterebbe poco per diventare un ‘martire’ anche io, mi basterebbe cominciare a parlare male di Berlusconi…”.
E sulla vicenda della casa di Montecarlo ripete che “ci sono stati giornali e trasmissioni il cui unico impegno è stato quello di dimostrare che era falso il nostro indagare”. Sulla stessa lunghezza d’onda l’analisi di Minzolini per il quale in Italia c’è una cultura, diffusa e ormai sedimentata che penalizza i giornalisti non di sinistra: “E’ un problema antico, che nasce dalla Prima Repubblica. La Dc governava e la cultura apparteneva alla sinistra. Ora, con il bipolarismo, il centrodestra se vuole governare deve produrre una cultura alternativa alla sinistra che non c’è mai stata. Tra me, Santoro e Travaglio c’è una differenza di fondo, perchè loro criminalizzano l'avversario. C’è un clima pericoloso, anche io ho avuto problemi, e non si può rimanere inermi davanti a questo clima”.
Un clima simile a quello del ’94 e del ’96, preceduto “da quello che accadeva in certe trasmission”. Di qui l’invito a “non restare inermi di fronte a questa atmosfera” e l’esempio del suo ultimo editoriale, quando ha parlato di elezioni ed usato la parola 'ribaltone': “Ho avuto problemi per quell'editoriale che di per se' era del tutto banale – spiega il direttore del Tg1 -. L’espressione 'ribaltone' li ha fatti andare fuori giri...". E a dibattito concluso, quando un giovane con la videocamera lo affronta chiedendogli con insistenza come mai l'Italia a proposito di libertà di stampa sia stata collocata dalla Freedom House (organizzazione che cura il rapporto sui media nel mondo) in una posizione lontana da quella dei Paesi considerati virtuosi, Minzolini replica secco: “Come vede invece qui c’è libertà di dire quello che si vuole. In questo Paese chiunque è libero di parlare".
Aprendo i lavori, il ministro Bondi elogia “l’idea alta di informazione, la vera libertà di stampa che caratterizza” i giornalisti di centrodestra, sottolineando che “libertà e autonomia sono cose ancora più importanti per i giornalisti della nostra area”, nel momento in cui “il nostro Paese è malato di faziosità, intolleranza, pregiudizi, preconcetti''. Tutti elementi che “prendono il sopravvento quando si deve prendere una decisione”; insomma un atteggiamento indica non solo l’egemonia della sinistra “che in tutti questi anni ha amplificato il sentimento di odio nei confronti degli avversari politici e in primi di Berlusconi” ma anche “una sorta di incultura e di abbandono della conoscenza della realtà. Noi invece rappresentiamo il contrario, siamo i portatori di un'idea alta dell'informazione, della libertà di stampa, siamo i testimoni di una diversa idea di informazione”.
Daniela Santanchè non si sottrae all’autocritica ricordando come la maggioranza di centrodestra non abbia tutelato fino in fondo i giornalisti di area: “Fino alla caduta del muro di Berlino, fino a tangentopoli, l’informazione è sempre stata con il potere. Ma dopo questi avvenimenti la sinistra ha lanciato le sue truppe, la parte politicizzata dei magistrati e quella molto politicizzata dei giornalisti, creando un asse pm-giornalisti” contro un certo tipo di informazione. E di fronte a questa offensiva “noi non eravamo pronti. Abbiamo lasciato troppo tempo solo Silvio Berlusconi e poi troppe volte abbiamo lasciato soli giornalisti coraggiosi, da Oriana Fallaci a Feltri, da Ostellino a Ferrara a Belpietro”.
Come se ne esce? Per il sottosegretario è arrivato il momento di dire “stop, noi finora non abbiamo reagito''. Ora, ha aggiunto la Santanche', ''siamo qui per dire basta. Il tempo passa e non possiamo aspettare per agire che la sinistra faccia altre vittime. E’ ora di reagire, che non significa passare al contrattacco ma difendere i giornalisti che non hanno paura di svolgere la loro professione in assoluta autonomia battendosi per far cadere il muro dell’egemonia e del politicamente corretto che la sinistra ha eretto in tutti questi anni, facendo terra bruciata attorno a chi la pensava diversamente”.
Va bene la solidarietà, è il commento a lavori chiusi di molti giornalisti di area centrodestra, ma forse alle parole adesso dovrebbero seguire i fatti se è vero come è vero che la “libertà non te la regala nessuno, te la devi conquistare ogni giorno”. Parola di Vittorio Feltri. (l'Occidentale)
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