Marco Pannella è un fuoriclasse della politica. Un grande. Ci sono questioni fondamentali sulle quali ci ritroviamo, come questioni non meno fondamentali che ci dividono. Una cosa è sicura: un governo che dovesse dipendere dall’alleanza con lui è un morto che cammina. Per poco, perché provvederà immantinente a fargli lo sgambetto. Trovo entusiasmante che lo si porti, in doppiopetto blu, a giurare per diventare ministro. Trovo deprimente che si accetti, quale ministro, la sua ennesima controfigura. In ogni caso la sorte è già segnata: o scasserà tutto di persona, o richiamerà il chierichetto in sacrestia, oppure, quale unico papa anticlericale in circolazione, provvederà alla scomunica ove il nominato s’affezzionasse alla poltrona e volesse restarci oltre la volontà del padre.
La grandezza di Pannella si misura in due cose. La prima è la pertinacia, la cocciutaggine e la coerenza con cui riesce a tenere posizioni di minoranza. Di questo gli siamo tutti debitori. Non è vero (come lui dice sempre e come molti, oramai, credono) che gli si deve la legge sul divorzio e quella sull’aborto, ma è vero che ha meriti notevoli nella laicizzazione della nostra vita collettiva (e qualche colpa nell’avere nebulizzato i già polverizzati laici). La seconda cosa è la capacità ipnotica. Ricordo che il governo di Giuliano Amato ebbe un supplemento temporale d’agonia grazie alla convergenza di Pannella, che ottenne in cambio una conferenza stampa nel corso della quale l’ex esecutore delle volontà craxiane, quindi anche della battaglia contro la droga, si disse favorevole alla legalizzazione degli spinelli. La cosa era talmente ridicola e fumosa da lasciar supporre che se ne fossero consumati diversi. Naturalmente cadde, dopo avere ceduto un pezzo ulteriore dello già scarseggiante onore. E serva di lezione.
Non credo che imbarcare la pattuglia radicale nel governo Berlusconi sia una buona idea, per ragioni politiche. Quei parlamentari sono stati eletti dalla sinistra, in alternativa e antagonismo al centro destra. In un sistema maggioritario (quale è il nostro, sebbene bastardo) ci può stare che parlamentari della minoranza vadano con la maggioranza (e viceversa), ma non a sostituire quelli già defluiti. Vale a dire che se i nuovi arrivati sono determinanti accettarli significa negare la legittimità stessa della legge maggioritaria. E la cosa singolare è che, più prima che dopo, sarebbe lo stesso Pannella ad incaricarsi di spiegarlo, chiedendo una riforma elettorale in senso uninominale e maggioritario (magari!). Con il che, si sarebbe al capolinea, visto che quel sistema farebbe esplodere l’alleanza con la Lega.
Il Pannella trasgressivo, sessualmente randagio e ambidestro (lo racconta lui, non mi permetterei di riprenderlo se riferito), incompatibile tanto con il matrimonio quanto con la famiglia, è lo straordinario Pannella migliore. Che Giove lo benedica. Ma è anche quello di cui meno ha bisogno una maggioranza che si sdraia a baciar pantofole papaline non appena giungono a tiro ed è guidata da un leader che se proprio non ha arruolato mondane (che non è un reato) ne ha raccattate non poche con l’inequivocabile vocazione. E’ un terreno sul quale essere accusati dalla Bocassini può risultare meno difficoltoso che essere difesi da Pannella.
La sinistra, ripescando il più oscurantista bacchettonismo comunista (i comunisti non sono mai stati libertari), attacca il presidente del Consiglio brandendo l’arma del moralismo senza etica. L’elettorato di centro destra, come la gran parte degli italiani, non si scompone, ma vorrebbe poter parlare delle riforme fatte e funzionanti, che non abbondano e di soldi, che scarseggiano. L’eventuale alleanza con Pannella, pur migliore del raccattar voltagabbana, non risolve neanche uno di questi problemi.
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