«Si sono accorti solo adesso dopo trent'anni che nell'area del Maghreb non c'era democrazia, mi fanno ridere questi benpensanti che gioiscono delle cosiddette rivoluzioni e delle cadute dei cosiddetti dittatori». Il Predellino prova a ragionare con Souad Sbai, osservatrice privilegiata del mondo musulmano, di cosa stia accadendo in Libia e di cosa sia accaduto prima in Tunisia e poi in Egitto.
Intervista di Andrea Camaiora a Souad Sbai
Onorevole Sbai, non le pare un po' superficiale questa stampa italiana ed europea che gioisce per la caduta dei dittatori senza domandarsi cosa avverrà dopo?
Certo! Tutti sottovalutano che questi Paesi hanno collaborato per anni con l'Occidente, assicurando sviluppo ai propri popoli pur con tutte le storture tipiche di regimi non democratici. Anche io dico "elezioni e poi riforme", come fanno i benpensanti, in particolare i benpensanti che siedono alla Casa Bianca, ma occorre badare dove conducano queste presunte rivoluzioni. Se vanno verso il modello Marocco, ad esempio va bene. A me però pare che vi sia un disegno esterno che punti a spalancare le porte ai movimenti estremistici che questi tanto deprecati regimi avevano arginato. Esiste poi l'annoso problema dei due pesi e delle due misure.
Scusi, in che senso?
Semplice. Il Pd scende in piazza per la libertà del popolo libico per puro spirito antiberlusconiano. Che tristezza vedere un grande partito ridotto a questo! Dov'erano i dirigenti del Partito democratico quando i giovani tunisini venivano massacrati? Quando in Egitto tornava al-Qaradawi a infiammare l'estremismo? Quando vengono torturati migliaia di eritrei nei campi profughi vicino al Sinai? Che amarezza vedere che nessuno di questi signori ha mosso un dito quando in Iran Ahmadinejad faceva arrestare, sotto minaccia di impiccagione, i due leader dell'opposizione e sopprimeva nel sangue le manifestazioni per la libertà.
Quando tutta la comunità iraniana in Italia chiedeva aiuto, anche solo con parole di sostegno. Io non li ho visti davanti all'ambasciata iraniana la scorsa settimana. Ora si svegliano per il popolo libico solo perché riconducono simbolicamente la figura di Gheddafi a quella di Berlusconi. Strumentale oltre che risibile come iniziativa, quella di oggi visto che i popoli hanno eguali diritti e non si può pensare che uno possa essere massacrato e l'altro no, senza dire una parola in proposito. Non ci possono essere secondi fini nell'appoggio a chi combatte per la libertà.
La piazza del Pd è lo specchio di un'opposizione incapace di vedere oltre il suo becero antiberlusconismo, destinata a mancare inevitabilmente ogni obiettivo. Come quello di capire che se la Libia cade in mani sbagliate per noi è la fine, con una marea umana che si riverserà sulle nostre coste. È una piazza ciecamente strumentale che blatera contro Berlusconi e Gheddafi, ma non si fa mai l'unica domanda giusta: cosa possiamo fare noi per aiutare il nord africa di oggi a non finire in mano ad un certo oscurantismo totalitarista ed estremista?
Che cosa possiamo fare?
Americani ed europei devono svegliarsi! Per assicurare nell'alveo dell'occidente Stati come l'Italia e la Grecia fu varato il piano Marshall. Invece la politica di Obama è stata dialogare con tutti, magari preferibilmente con gli estremisti anziché con i moderati, che andavano sostenuti efficacemente.
Secondo lei c'è un rischio concreto di una deriva islamista?
Sta scherzando? Certo che c'è! Le porte sono spalancate all'estremismo. D'altra parte nessuno si preoccupa del rientro di al-Qaradawi in Egitto, roba da matti! Si tratta di un nemico dell'umanità, altroché Ahmadinejad! Tutti sottovalutano il rischio rappresentato dai Fratelli Musulmani, sostenendo l'idea che siano altra cosa rispetto ad Al-Qaeda. Vedremo! Per adesso l'unica autentica rivoluzione sociale e culturale cui abbiamo assistito è quella del popolo tunisino.
Dunque lei contesta l'immagine della caduta del Muro di Berlino per questi Paesi?
La contesto totalmente. Non c'entra nulla, è un'immagine buona per i salotti radical chic italiani e francesi, che preferiscono parlare di Ruby. Che tristezza vedere la tv di Stato ignorare ciò che accade in Egitto, Tunisia, Iran, Algeria, Libia. Che ci stanno a fare Anno Zero e Ballarò? Dell'argomento si occupa solo il solito Lerner, ma per far cosa? Propaganda! Si accosta l'immagine di Berlusconi a quella dei dittatori, bell'esempio di giornalismo!
E invece cosa bisognerebbe dire?
Bisognerebbe capire le ragioni delle proteste e degli scontri. Bisognerebbe guardare alla realtà e dire che il regime libico, con tutti i suoi limiti, ha ad esempio relativamente tutelato la libertà religiosa che non vige certo in Iran e Algeria. Bisognerebbe spiegare ai benpensanti che non è così semplice il dopo Mubarak e il dopo Gheddafi. In Libia, ad esempio, la struttura gerarchica è stata sempre tribale, non esistono associazioni. Una cosa è il quadro tunisino, dove esiste una classe dirigente e anche una opposizione, un'altra è la Libia.
D'altra parte di che ci stupiamo: se un personaggio come Sergio Romano, che dovrebbe conoscere la politica estera, scrive su il Corriere che non c'è rischio di derive estremiste che vuole che le dica? Non è un pericolo un predicatore dell'odio come al Qadarawi?? (il Predellino)
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4 commenti:
''Io sono legato da amicizia vera con il presidente egiziano Mubarak, con il presidente libico Gheddafi e con il presidente della Tunisia Ben Ali''. Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nella conferenza stampa di fine anno. Nei confronti di questi Paesi ''cerco di essere da stimolo per lo sviluppo della democrazia. A Gheddafi ho dato il suggerimento di assegnare a tutte le famiglie un'abitazione di 25 metri quadri per ogni componente''. I buoni rapporti del governo italiano con i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ha aggiunto, ''portano piu' facilita' nei rapporti commerciali con Libia, Algeria e Egitto''. Importante, da questi Paesi, anche ''la fornitura di energia''.
CHE SFIGATO!!!
«Agnelli incontrò Gheddafi a Mosca», ha detto Gianluigi Gabetti in una intervista a La Repubblica, raccontando qualche episodio delle trattative per l’accordo tra la Fiat e la Libia del 1976.
Non dice, il Gabetti, che Pietro Lavoretti, responsabile di una società di intermediazione del PCI, partecipò nel ’75 ad un incontro a Mosca tra Gianni Agnelli ed esponenti del governo libico, per concordare la partecipazione della Libia all’azionariato Fiat, e che Sergio Segre, responsabile della politica estera del Pci, sostenne presso Gheddafi l’offerta Fiat, incassando per il suo partito doppi benefici finanziari, dall’azienda torinese e dal leader libico, il quale avrebbe poi affidato ad una società del Pci la mediazione per alcune forniture dall’Italia.
Fabrizio Spinella
Grazie, Fabrizio, dell'informazione.
Evidentemente Fabrizio Spinella ha un buon archivio. L'informazione è tratta dall'articolo "Botteghe Oscure traffici nascosti", pubblicato su L’Italia Settimanale del 17 febbraio 1993, a firma del noto giornalista di destra Francesco D. Caridi
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