Chi governava, in Italia, nel 1993? Sono convinto che quando Carlo Azelio Ciampi risponde ai pubblici ministeri, affermando di non avere saputo nulla di quel che il suo stesso governo andava facendo, sia sincero. E sono convinto che Giovanni Conso sia un galantuomo, sebbene non propriamente uno statista, e che dica, anche lui, quella che era la verità percepita: cancellai il carcere duro, per i mafiosi, in modo da lanciare un segnale distensivo, per fermare le stragi. Stava dialogando, se non proprio trattando. Ma se questi due uomini dicono la verità, la domanda è: chi governava, in quell’anno tragico e determinante? Chi fa il furbo, o, meglio, il democristiano, è Oscar Luigi Scalfaro, che quasi sembra suggerire la versione concordata, quella comoda per la coscienza e per la bugia, utile a inquinar le prove: Conso agì per ragioni umanitarie. Figurarsi! Ma Conso smentisce e ribadisce, da galantuomo.
Il tema è decisivo, niente affatto storico. Pesa nel presente. Vi propongo, allora, una cronologia ragionata. Ci porta in una zona ad altissimo pericolo, in un buco nero nazionale, nel postribolo ove fu concepita questa bastarda seconda Repubblica.
Due sono le tesi fin qui sostenute, entrambe false: a. le bombe mafiose servivano a intimidire e bloccare le forze del cambiamento; b. quelle stragi erano contro il governo Ciampi (lo sostiene l’interessato) e si placarono facendolo fuori e mettendo a frutto la trattativa avviata, per il tramite di Vito Ciancimino, con Forza Italia. Che tali tesi siano false lo dimostra il calendario.
Giovanni Falcone fu assassinato il 23 maggio 1992. Il 19 luglio successivo salta in aria Paolo Borsellino. Governava Giulio Andreotti e la prima esplosione portò Scalfaro al Quirinale. Sappiamo, dai collaboratori di giustizia, che Falcone poteva essere comodamente accoppato in un ristorante romano, ma si scelse il grande botto. Sappiamo che Falcone e Borsellino erano due magistrati perdenti, messi in minoranza dalle correnti politicizzate e dalla sinistra. Sappiamo che Falcone doveva incontrare il procuratore di Mosca, collaborando ad un’indagine sul sovrapporsi dei canali finanziari per il riciclaggio mafioso e per la fuoriuscita di soldi sovietici, destinati anche al finanziamento del Partito Comunista Italiano. Sappiamo, infine, che Borsellino era rimasto l’unico a credere nell’inchiesta mafia-appalti, condotta dal Ros dei Carabinieri e voluta da Falcone. Morto lui, morta l’inchiesta.
Messi in fila i fatti, quelle due bombe tolsero la vita a due servitori dello Stato, affondarono Giulio Andreotti nella corsa alla presidenza della Repubblica, lasciarono libero il campo all’uso politico dei presunti (molto presunti) pentiti di mafia, predisposto da Luciano Violante, e consegnarono al pool milanese di mani pulite il monopolio assoluto nell’incarnazione della giustizia. Ci sono, allora, tre possibilità: a. che non vi sia nesso alcuno fra le azioni mafiose e quelle politiche; b. che i mafiosi siano fessi, sicché affossarono quelli che li favorivano; c. che non lo siano per niente, spianando la strada a quelli che li avrebbero favoriti. La prima ipotesi è negata da tutta la pubblicistica di sinistra, la seconda dal buon senso. Resta la terza.
Fra il giugno del 1992 e l’aprile del 1993 governa Giuliano Amato. Ministro della giustizia: Giovanni Conso. Quest’ultimo redige un decreto legge per uscire dal manipulitismo. Il governo lo concorda con Scalfaro. Il decreto viene approvato dal Consiglio dei ministri. La procura di Milano si rivolta e Scalfaro non firma. Il colpo allo Stato è ancora in corso.
Ciampi diventa capo del governo (il primo a non essere neanche parlamentare, quindi mai eletto da nessuno) nell’aprile del 1993. Come ministro della giustizia sceglie Conso, appena reduce dall’avere preso il citato sganassone, a cinque dita. Ma Conso è un galantuomo, e allora non disse: presidente, ma se l’abbiamo rivisto assieme, riga per riga. Tacque. Da qui in poi la cronologia è decisiva.
Ciampi sostiene che le “stragi” furono contro di lui, ma morirono, in tutto, dieci persone. 14 maggio, via Fauro, Roma: attentato fallito, nessun morto. 27 maggio, Georgofili, Firenze: 5 morti. 27 luglio, via Palestro, Milano: 5 morti. 28 luglio due bombe: San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro, Roma. Messe in modo da non far vittime. 31 ottobre, presunto (lo sappiamo solo dai pentiti) attentato allo stadio Olimpico, Roma. Fallito. Immeditamente dopo, novembre 1993, Conso toglie i mafiosi dal carcere duro. Fine degli attentati. Ora, secondo voi, i mafiosi sono proprio così incapaci, con attentati che falliscono e bombe che non fanno morti? O stavano ricordando un debito da saldare? Chi aveva tratto beneficio dalla morte di Falcone e Borsellino, chi dai pentiti che sbucano come funghi e raccontano balle? Il governo Ciampi durò fino al maggio del 1994, e i mafiosi andarono in letargo. Dopo avere incassato la non umanitaria benevolenza di Conso.
Nel 1994 ci furono le elezioni, il cui esito doveva essere scontato: la sinistra teleguidata avrebbe dovuto vincere e governare come Ciampi, favorendo gli affaristi, non solo italiani, e senza accorgersi di quel che avrebbe fatto. Le cose andarono diversamente, vinse Silvio Berlusconi e la storia prese un altro indirizzo. Ecco, se volete rincitrullirvi di bunga-bunga, sia che v’attizzi o vi ripugni, accomodatevi pure: per gli scemi c’è sempre posto. Ma se v’interessa sapere in che Paese vivete, ponetevi quella domanda inquietante: chi governava, nel 1993?
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