mercoledì 21 settembre 2011

Chi paga? Noi tutti. Davide Giacalone

Non è elegante ricordarlo, ma noi lo abbiamo detto e scritto in tutte le salse: la competenza della procura napoletana, per il reato presupposto di estorsione, era assai dubbia e, nel dubbio, l’intero procedimento proseguiva a beneficio dello spettacolo (desolante). Ora arriva la decisione del giudice delle indagini preliminari, che conferma le nostre riflessioni e stabilisce che la competenza, ove mai il reato esista, è di Roma. Come volevasi dimostrare. Siamo soddisfatti? No, all’opposto, siamo indignati che una simile evidenza sia stata ignorata dai magistrati della procura e dai tanti pensosi scandalizzati, per i quali frugare nelle mutande di uno ha valore e interesse superiore allo sfogliare, leggere e rispettare le leggi di tutti.

Siamo arrivati al punto di una procura che si esprimeva con ultimatum, che fissava il giorno e l’arco temporale entro cui esigeva una risposta. Ma dov’è, nella legge, la pezza d’appoggio di una simile condotta? Siamo arrivati all’orrore di giuristi che impartivano lezioni sul dovere di testimoniare, laddove era solare che il tentativo era solo quello di verbalizzare un indagato facendo finta che sia una parte lesa. Ma se ti dicono che sei parte lesa e tu non ti senti leso, non sorge il dubbio che qualcuno stia barando? Se bara il cittadino lo si coinvolge nell’indagine, senza star lì a cincischiare. Ma se bara la procura? E vabbé, sento dire, ma non è che la condotta dell’intercettato fosse poi ammirevole. No che non lo era, ma le cose non stanno, neanche lontanamente, sullo stesso piano.

Ieri ricordavo che l’inchiesta “Cassiopea”, meglio nota per avere fatto da spunto a Gomorra, è finita in udienza preliminare, con le prescrizioni. In qualsiasi Paese sensato, in qualsiasi sistema di diritto, se ne chiederebbe conto ai magistrati, non agli imputati. Ma anche senza voler sofisticare sul fatto che con la metà di quelle intercettazioni telefoniche Napoli sarebbe oggi priva di spacciatori e contrabbandieri, anche senza uscire dall’esame specifico di questa inchiesta, è evidentissimo che tutto il danno possibile è già stato provocato, salvo che la giustizia, quali che saranno i suoi esiti, è rinviata a data da destinarsi. Si sono rivelati fatti personali di decine di persone, s’è aperta la sentina di un guardonismo che pretendeva di vestire i panni della morale, s’è giunti a provocare guasti internazionali pur di pubblicare quel che sarebbe dovuto servire ad ottenere risultati politici, il tutto per riuscire ad accusare la presunta vittima, salvo accorgersi di quel che noi poveri analfabeti, che ancora cerchiamo i vocaboli nel dizionario e le leggi nel codice, avevamo detto subito: l’inchiesta è radicata in modo illegittimo.

Questa farsa giudiziaria ha perseguito due fini: il processo in piazza e la caduta del governo. E, si badi, il fine politico, ovvero la caduta del governo, è in sé legittimo. Ma cercare di giungervi in quel modo è un crimine contro la democrazia.

Domanda: ora, chi paga? So quel che vi siete già risposti: nessuno. E vi sbagliate. Questa giustizia alla deriva del giustizialismo, queste procure trasformate in set di “saranno famosi”, questi tribunali che agguantano le sentenze in tempi buoni per la storia, li paghiamo tutti, trasformandoci in un vero paradiso dei colpevoli, in un’eterna pacchia per gli irresponsabili, nella gran festa degli intoccabili. Ieri abbiamo saputo che una signora giudice delle indagini preliminari, amante della vela e che faceva il giro nel mondo nel mentre si faceva versare lo stipendio e mancava dal lavoro presentando certificati falsi, ha subito le seguenti, pesantissime sanzioni: a. il trasferimento; b. una multa di valore pari a una mensilità. La prima dal Consiglio superiore della magistratura, la seconda dalla Corte dei conti. E una simile vergogna passa in cavalleria, quasi una normalità. E se noi reclamiamo, come abbiamo sempre fatto, che i magistrati siano responsabili delle loro azioni, ci sentiamo rispondere: volete controllarli. No, vogliamo poterci fidare. E oggi non ci fidiamo.

Chi pensa che tutto questo succede solo perché Berlusconi è un crapulone, o solo quando ci sono interessi politici, faccia un giro in tribunale, guardi i dati sulla durata dei procedimenti, s’informi su quanti innocenti si trovano in galera, e prenda atto che questa macchina infernale massacra, ogni giorno, diritto e diritti, nelle carni dei cittadini. Compresi, ovviamente, quelli che reclamano giustizia.

Berlusconi ha delle colpe? Tante, ma la prima, in materia, è quella di avere lasciato scorrere due legislature senza affrontare seriamente il problema della giustizia. Non ha potuto, dicono i suoi. No, troppo comodo: non è stato capace. S’è fatto inchiodare dalle sue debolezze, ha subito il ricatto, ha tentato di sfuggire i giudizi e non s’è reso conto di quanto popolare, oltre che giusta, sarebbe stata la ripulitura di una piaga che nausea e affligge tutti. Questa è la sua colpa politica, assai più grave di quel che il moralismo senza etica ha messo sulla bocca di tutti.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Salve Giacalone, non sapevo che eri esperto di normative giuridiche. Complimenti .Hai perfettamente ragione chi paga? E tutto quello che si è fatto e poi cancellato dalle leggi a personam chi paga.Ecco quanto dal corriere del 19-09-11
Ecco perché il braccio di ferro sulla testimonianza va ben oltre la contingenza dell'inchiesta di Napoli: pretendendo per sé regole diverse da quelle che valgono per tutti gli altri cittadini chiamati ogni giorno come lui ad adempiere al dovere civico di testimoniare, il presidente del Consiglio vuole scegliersi le regole del deporre, proprio come già ha voluto scegliersi i giudici (legge Cirami sul legittimo sospetto e conflitti di attribuzione su Ruby), le prove (legge sulle rogatorie e ddl sulle intercettazioni), i reati (legge sul falso in bilancio), i tempi (legge ex Cirielli sulla prescrizione e ddl processo lungo), le impugnazioni (legge Pecorella), le immunità (legge Schifani e legge Alfano
saluti

maurom ha detto...

Postare gli articoli di Giacalone è una garanzia: c'è sempre qualcuno (lo stesso?) che gli rimprovera qualcosa, come se tutte le colpe di questo governo fossero sue.

E dire che Giacalone non è tenero con l'Esecutivo.

Anonimo ha detto...

No, non hai risposto. Ma tutto il lavoro fatto dai Magistrati ed altre persone, è stato annullato con un colpo di spugna, " vedi le leggi citate". Prova ha quantificare in ore, i costi. Ho riletto molti articoli, non ho notato un accanimento, come quello che applichi verso i magistrati.
saluti

Anonimo ha detto...

Spalato, tre turisti italiani evitano il carcere
"Noi come Silvio, salviamo le prostitute"

Colti in flagranza di reato mentre tentavano di abbordare tre squillo si difendono citando il premier: assolti di LAURA LONGO

A VOLTE basta il nome del Presidente del Consiglio per scongiurare il carcere. Così è accaduto ai tre turisti italiani di Ancona colti in flagranza di reato dalla polizia di Spalato, in Croazia, mentre tentavano di abbordare tre prostitute romene. Un caso di ordinaria giustizia se non fosse per l'arringa difensiva: i tre accusati avrebbero infatti dichiarato: ''E che abbiamo fatto? Che problema c'è? È quello che fa il nostro Presidente del Consiglio!''.

''Il nostro esempio - hanno precisato i tre - è Silvio Berlusconi''. La notizia ha fatto il giro del web ed è stata ripresa dal quotidiano croato Croatiantimes e dal romeno ''Romaniantimes.at''. I tre italiani, in tribunale, si sono difesi affermando che non intendevano approfittare della situazione: non avevano avuto rapporti sessuali e il loro avvicinamento alla prostitute era un tentativo per aiutarle e portarle via dalla strada. Le ragazze erano infatti in ostaggio dello sfruttatore che brutalmente le teneva sotto chiave e che aveva sequestrato i loro passaporti. Spinti quindi dal loro buon cuore volevano salvarle.

Citare l'esempio di Silvio Berlusconi ha portato bene ai tre turisti. Il giudice convinto delle buone intenzioni dei tre italiani ha deciso di stravolgere radicalmente la loro posizione giuridica: da imputati, i tre italiani sono diventati testi chiave per catturare e arrestare il
protettore delle tre prostitute.