sabato 27 gennaio 2007

Intervista a Berlusconi: "E' demagogia low cost". Alberto Orioli

La «lenzuolata» di Bersani? Per il leader dell'opposizione Silvio Berlusconi (70 anni), che ha appena incoronato Fini, e lanciato la campagna sulla riforma Gentiloni, dimostra solo che«il Governo Prodi si muove su un doppio binario: da un lato la vecchia politica degli annunci roboanti, dall'altro modesti provvedimenti varati per gettare fumo negli occhi dell'opinione pubblica. Ieri i tassisti, oggi i benzinai o i parrucchieri».Ma Casini, e qualche giorno fa anche Fini, hanno mostrato aperture verso le liberalizzazioni. Il tema delle liberalizzazioni è stato, ed è tuttora, un pilastro del nostro programma. Come potremmo essere contro?Prodi dice che voi non avete mai avuto il coraggio di affrontare questi temi e che da oggi «l'Italia cambia faccia». Ma come si fa a dire,come ha detto Prodi, che sono "misure che rilanciano il Paese"? Come si fa ad affermare che decisioni minimali come la trasparenza della pubblicità dei voli low cost rendono "l'Italia più competitiva nel mondo"? Le "lenzuolate" di provvedimenti, dove c'è di tutto e di più,ma non le cose importanti,testimoniano soltanto del tasso di incapacità riformatrice di questo Governo. Sotto il lenzuolo, niente. O meglio: sotto il lenzuolo si nasconde soltanto la volontà di demolire le liberalizzazioni di sistema,quelle vere, quelle varate dal mio Governo nella scorsa legislatura, fondamentali per la crescita del Paese. Hanno accantonato una straordinaria riforma della scuola.Intendono stravolgere la legge Biagi, che ha portato al minimo storico il tasso di disoccupazione. Non c'è riforma del mio Governo che la sinistra non tenti di azzerare. Noi siamo, come sempre, aperti al dialogo e chiediamo al Governo di cambiare atteggiamento.
Si parla di una commissione bicamerale per gestire il dialogo tra Governo e Parlamento sui temi delle liberalizzazioni. È favorevole? In tema di riassetto dei mercati, cioè di vere liberalizzazioni, non credo che occorrano iter diversi dalle normali procedure parlamentari. Basterà evitare che tutto si risolva come è accaduto per la Finanziaria in Senato, dove la legge più importante dell'anno è stata approvata con una sola votazione, prendere o lasciare.
Lei, da imprenditore e da uomo della politica, ritiene realistico il progetto "aprire un'impresa in un giorno"? Abbiamo guardato con interesse a quel progetto e siamo stati i primi a ricordare che negli Stati europei dove l'economia è cresciuta a ritmi straordinari, come l'Irlanda, le imprese possono nascere rapidamente, senza troppi adempimenti burocratici. Si pensi che nel Regno Unito la partita Iva viene assegnata dall'amministrazione fiscale solo dopo che siano state emesse un certo numero di fatture, cioè dopo che l'impresa è stata effettivamente avviata ed è diventata operativa.Dunque si può fare. Il progetto "un'impresa in un giorno"resta poco più di uno slogan. Il provvedimento del Governo è solo un disegno di legge che non si sa se e quando diventerà legge.Val la pena di ricordare che una forza della maggioranza, i Verdi, si è messa si traverso circa la possibilità di autocertificazione della Valutazione di impatto ambientale.Un pezzo di carta che gli imprenditori devono aspettare non per giorni, ma per mesi. Se non verrà superata questa resistenza, saremo punto e a capo.Detto questo, è un progetto che può funzionare solo se non sposta nel tempo il mare di adempimenti necessari a far lavorare un'impresa. A che serve aprire un'impresa in un giorno, se dal giorno dopo il nuovo imprenditore deve occuparsi più di scartoffie che di prodotti e di mercati? Su questo occorre intervenire in parallelo. Cancellando lacci, lacciuoli e adempimenti burocratici spesso cervellotici e vessatori. Purtroppo questo Governo, che si vanta di far "aprire un'impresa in un giorno",ha sottoposto ad autorizzazione preventiva dell'Agenzia delle entrate l'apertura della partita Iva che finora avveniva in automatico.
A proposito di imprese.Le Pmi cercano una nuova riconoscibilità sociale che non è fatta solo di incentivazioni, ma di minore pressione burocratica, di minore vessazione fiscale, di riconoscimento di ruolo.Cosa deve fare le politica? E perché se ne deve parlare ancora dopo una legislatura gestita dal centrodestra, schieramento che si considera vicino a questo mondo? Abbiamo realizzato un grande lavoro di snellimento della burocrazia e di riorganizzazione dello Stato. La nostra strategia di riduzione delle tasse e della spesa pubblica ha puntato proprio in questa direzione. Come molti economisti liberali degli ultimi decenni hanno messo in luce, occorre costringere la pubblica amministrazione a ritirarsi nel suo perimetro e svolgere solo quei compiti che non possono essere svolti dai privati. La nostra riforma costituzionale, di impronta federalista, andava esattamente nella direzione della sussidiarietà e della maggiore efficacia dell'azione pubblica negli ambiti che competono alle amministrazioni. Purtroppo la demagogia della sinistra ha prevalso nel referendum confermativo e ha così fatto segnare un passo indietro nel processo riformatore. Se si considera che il Governo oggi in carica ha invertito la marcia in materia fiscale, con una Finanziaria che non ha precedenti in termini di vessazione per famiglie e imprese, è chiaro che quei milioni di imprenditori che rappresentano il vero motore produttivo del Paese si sentano in difficoltà. Lo Stato è tornato a essere il loro socio di maggioranza attraverso il prelievo fiscale e un'oppressione burocratica che sono destinati solo a crescere.
Lei è un liberale, ma su molti temi anche il suo Governo ha ceduto a spinte stataliste. Facciamo un po' di esempi: il pubblico impiego. È rimasto un settore protetto e le dinamiche salariali hanno continuato a progredire fuori linea... Vero. Su questo versante abbiamo incrementato le risorse da destinare alle retribuzioni dei pubblici dipendenti. Ma non siamo riusciti a completare quella riforma che avrebbe dovuto garantire più produttività e maggiore efficienza.
Secondo esempio: i servizi pubblici locali. Sbaglio o è la Lega ad averne impedito la liberalizzazione? Nella Finanziaria del 2002 avevamo previsto una serie di norme per la liberalizzazione del mercato dei servizi pubblici locali e la privatizzazione delle ex municipalizzate.Allora la Lega si oppose temendo che le nostre utilities locali, da poco uscite dall'ambito della pubblica amministrazione, fossero facile preda di imprese europee, in particolare francesi. Da allora a oggi sono cambiate molte cose. In particolare si è sviluppato un coacervo di interessi tra le aziende di servizi pubblici locali e le cooperative rosse, con la nascita e l'abnorme crescita di centri di potere politico ed economico che operano senza alcun riguardo per la qualità e l'efficienza dei servizi,che praticano prezzi da monopolisti a cittadini e imprese e che rappresentano un'anomalia certa nel mercato. Si tratta di un nuovo statalismo municipale che va rapidamente smantellato, nell'interesse delle imprese e dei cittadini italiani. Sulle cooperative rosse e sui loro privilegi, che consentono di operare come autentiche holding finanziarie che controllano società quotate in Borsa, lanceremo presto una forte iniziativa. Sfideremo il Governo a liberalizzare veramente questo settore e a ristabilire regole di leale concorrenza tra imprese.
Lei prima ha citato la legge Biagi. Il Governo annuncia modifiche. Quali sono le conseguenze se cambiano le norme? Vorrei fare un passo indietro e senza nessuna vena polemica. Vede, la legge Biagi non nasce con il mio Governo. Nasce prima. Esattamente nel marzo del Duemila.E non nasce a Roma.Nasce a Lisbona. Lì, in un Consiglio europeo straordinario, vengono definite le linee guida per la crescita del Continente nel primo decennio del Terzo Millennio. Il presidente della Commissione europea dell'epoca era Romano Prodi, ilpresidente del Consiglio che rappresentava l'Italia era Massimo D'Alema. Al primo punto di quella che poi divenne l'"agenda di Lisbona" c'era la crescita dell'occupazione in Europa. Per favorirla erano necessarie alcune misure strutturali sulle quali tutti concordarono: Commissione europea, con Prodi in testa; singoli Governi, compreso quello italiano. E fra queste misure c'era una maggiore liberalizzazione del mercato del lavoro,una maggiore partecipazione al lavoro,allungando l'età di pensionamento, un minor prelievo fiscale su famiglie e imprese. Il mio Governo ha assunto l'Agenda di Lisbona come punto di riferimento. È da quell'agenda che nascono la legge Biagi, la riforma delle pensioni, la riforma fiscale. Se l'attuale Governo vuole cancellare tutti questi provvedimenti (la riforma fiscale è stata già annullata con la Finanziaria) vuol dire che il Prodi presidente del Consiglio non è nemmeno lontano parente del presidente della Commissione.E vuole anche dire che questo Governo non lavora per dare un'occupazione ai giovani. La legge Biagi sta infatti oggi manifestando compiutamente i propri effetti. Il numero totale degli occupati ha superato il record storico dei 23 milioni e la crescita riguarda proprio le fasce più deboli del lavoro. Le donne occupate infatti stanno crescendo di una percentuale più che doppia rispetto agli uomini; la disoccupazione giovanile è crollata; la disoccupazione meridionale, così come il tasso di disoccupazione nazionale, sono al minimo storico.Ha mai pensato che detassare gli straordinari può significare recuperare il cosiddetto sommerso del Nord, fatto di ore di lavoro extra svolte in nero per la reciproca convenienza del lavoratore e del datore di lavoro nell'eludere il fisco? La detassazione degli straordinari è stato un punto qualificante del nostro programma per le scorse elezioni politiche.Perché non l'avete realizzato prima? Se fossimo rimasti al Governo l'avremmo già realizzata. La riproporremo con decisione.Ci sono oggettive difficoltà tecniche e procedurali da superare, ma abbiamo già studiato le opportune formule fiscali. Sono altri i veri ostacoli: sappiamo bene quanto la sinistra sia ostile non solo alla detassazione, ma agli stessi straordinari. Lo sanno bene gli imprenditori, costretti di volta in volta a estenuanti trattative con i sindacati, pur di tenere il passo delle crescenti richieste di mercato.
Le riforme per la Pubblica amministrazione. Il suo Governo ha fatto grandi sforzi, ma la digitalizzazione dell'amministrazione non è ancora completa... Abbiamo svolto un lavoro che ha avuto risonanza internazionale. Siamo stati i primi a proporre modelli di egovernment credibili e che alcuni Stati stanno mettendo in atto. Ma, anche in questo campo, cinque anni sono pochi, soprattutto se confrontati con i decenni di incrostazioni burocratiche che ci hanno preceduto. Le ricordo che il mio Governo ha introdotto la tessera sanitaria: un modello che sarebbe dovuto proseguire fino a trasferire sulla stessa tessera i dati personali di ognuno, tutti i dati.
Come giudica la "sfida sulle riforme" tra Montezemolo e Prodi? Temo che il vertice di Confindustria si sia inizialmente illuso sulle doti riformatrici di Prodi. Ora che la verità dei fatti appare esattamente come noi avevamo previsto nei giorni della campagna elettorale, le ragioni degli imprenditori emerse nell'incontro di Vicenza della scorsa primavera hanno avuto la loro consacrazione. Sono certo che oggi gli imprenditori sapranno far valere le loro ragioni.
Non crede che la rappresentanza politica si sia ridotta a rappresentazione di una somma di segmenti di interessi spesso in competizione tra loro (anche se nello stesso schieramento)? Come se ne esce? Non credo sia un fenomeno nuovo. Anzi, la politica italiana prima del 1994 ha spesso rappresentato in modo perfetto la struttura corporativa della nostra società. E nello scambio non virtuoso tra maggioranza e opposizione trovava spesso la sintesi a danno del bilancio dello Stato. Per decenni le leggi di spesa sono state approvate con il consenso del 99% del Parlamento. Oggi assistiamo al conflitto tra la rappresentanza di interessi di lobby e la volontà di agire nell'interesse dei cittadini. Il nostro faro per uscire da questa secca è il mercato. Noi vogliamo affidare al mercato tutto quello che il mercato può assicurare e lasciare allo Stato le sue funzioni essenziali: feluca, spada, bilancia e moneta, si diceva un tempo. Oggi che la moneta è europea, restano la politica estera e di difesa e la giustizia. È questa la sfida liberale del prossimo decennio.Mercato significa anche finanza.
Come valuta l'operazione IntesaSan Paolo? Teme il colosso finanziario considerato longa manus di Prodi? Io sono sempre favorevole alla crescita delle imprese e alla loro possibilità di competere alla pari nel mercato europeo e internazionale. Nella mia carriera di imprenditore ho dedicato molto tempo all'internazionalizzazione del mio Gruppo. Incontrammo non poche difficoltà e nessun sostegno da parte dei Governi italiani. Per questo ho salutato con soddisfazione la nascita di un grande gruppo bancario italiano di dimensione europea.Mi auguro che non si metta mai al servizio di nessuno, se non dei suoi azionisti, dei suoi clienti, del mercato. Se si mettesse a disposizione della politica, in quel momento verrebbe meno alla sua missione di impresa. Non dovrebbe accadere. Ma se accadrà non staremo a osservare in silenzio.
Le Generali. Anche lei, come D'Alema, è per la difesa dell'italianità? Trovo che certe espressioni siano più propaganda che sostanza. A meno che la sostanza non sia un'altra: il sostegno agli amici e agli amici degli amici.
Se potesse, comprerebbe l'Alitalia? Qualche idea per rilanciarla l'avrei, ma non ho alcuna intenzione di cimentarmi in questa sfida. Spero solo che chi entrerà nel capitale lo faccia avendo in mente lo sviluppo dell'impresa e non certo la partnership con lo Stato, l'unico "imprenditore" anomalo, visto che non può fallire.
D'Alema non ostacolerebbe l'integrazione tv tlc se fosse una naturale conseguenza dello sviluppo tecnologico. Lei che ne pensa? Che quella integrazione, già in atto, è la naturale evoluzione dello sviluppo tecnologico.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Lenzuolata rossa
di Antonio Maglietta - 27 gennaio 2007
-tratto da www.ragionpolitica.it-

Giovedì il Consiglio dei ministri ha varato il pacchetto di provvedimenti per le liberalizzazioni (il cosiddetto «lenzuolo Bersani»). Un parto difficile, quello del governo Prodi, che ha visto innalzare ai massimi storici il livello di litigiosità tra i suoi ministri. Per farsi un'idea, bastava leggere i giornali alla vigilia del provvedimento: venivano riportati i malumori di Rutelli («La fase due non c'è più. E così noi ci perdiamo la faccia. L'idea di occuparci solo di parrucchieri e benzinai è semplicemente ridicola») e gli spifferi provenienti dal ministero retto da Bersani, che bollavano l'uscita del vice-premier come una dichiarazione spinta dall'invidia e dettata dalla possibilità di vedere il ministro per lo Sviluppo Economico sugli altari della stampa, incensato come il «grande liberalizzatore».

Entrando nel merito del provvedimento, sconcerta il dato che un piano strategico per le liberalizzazioni di un Paese ingessato, qual è l'Italia, parta toccando benzinai, parrucchieri e giornalai, con l'aggiunta che neanche in questi settori il governo è riuscito a portare benefici. Infatti, ad esempio, proprio per quanto riguarda i parrucchieri, secondo l'autorevole Cgia di Mestre sarebbe stato necessario un intervento drastico in materia fiscale, con la previsione di una riduzione dell'aliquota Iva sulle prestazioni, che rimane ancora tra le più elevate in Europa. Ma il governo, incurante dei reali problemi della categoria, ha scelto la strada dell'oppressione degli operatori del settore ed in generale ha colpito con la clava una serie di comparti produttivi ideologicamente non in linea con il nuovo corso di palazzo Chigi. Il problema è che non solo gli esponenti dell'opposizione, ma anche, all'unisono, tutti gli esperti del mondo economico-finanziario non vedono in quei settori colpiti dal governo con la «lenzuolata di Bersani» i veri comparti su cui agire in maniera prioritaria nella predisposizione di un concreto piano strategico per le liberalizzazioni. Infatti, restano sempre da sciogliere i veri nodi, quelli che realmente bloccano l'economia nostrana: in primis quelli riguardanti l'energia e i servizi pubblici locali. Nel metodo, va registrata l'ennesima elusione, da parte dell'esecutivo, di un confronto preventivo con le rappresentanze d'impresa. Ciò conferma che la concertazione, per il governo Prodi, è una concessione che va fatta solo ad amici e conoscenti, cioè sindacati confederali ed affini.

Sconcerta ancora di più, nel merito e nel metodo, l'ulteriore attacco sferrato al mondo del lavoro autonomo, già penalizzato dalla Finanziaria 2007 e oltremodo messo alla gogna con la costituzione del «Grande Fratello» finanziario targato Visco. Insomma, proprio quel mondo che da sempre, storicamente, ha rappresentato - ed ancora rappresenta - il fiore all'occhiello dell'economia nostrana sembra essere diventato all'improvviso la fonte di tutti i mali economici di questo Paese. Un mondo che per una serie di motivi, tutti o quasi ideologici, secondo il governo Prodi, deve essere punito a prescindere. Nel frattempo, nonostante gli annunci trionfalistici da parte dell'esecutivo, i monopoli nei settori strategici continuano a pesare sulle tasche dei cittadini e, purtroppo, continua ad abbassarsi la qualità dei servizi.

Come se non bastasse, il giorno successivo al D-day delle liberalizzazioni, il Rapporto Italia 2007 dell'Eurispes ha bocciato inesorabilmente il governo Prodi. Infatti, si legge nel Rapporto giunto alla diciannovesima edizione, «l'Italia, che ha sperimentato e continua a sperimentare gli effetti di una difficile congiuntura internazionale, dei ritardi dell'apparato produttivo e delle inefficienze della Pubblica Amministrazione, della perdita del potere di acquisto, sperava in un rapido cambiamento di rotta e nella possibilità di potersi finalmente impegnare per un progetto chiaro di crescita e di sviluppo. Ma le attese, forse eccessive, di cambiamento sono andate, almeno per il momento, deluse. In questa prima fase, il governo non è sembrato all'altezza degli impegni presi con gli italiani».

Ebbene si, l'attuale governo, che nei sogni di Prodi doveva essere, dopo gli annunci trionfalistici fatti in campagna elettorale, il governo del rinnovamento e delle larghe intese sociali, si sta rilevando sempre più come l'esecutivo dei solo annunci, delle beghe di cortile e delle ripicche contro i lavoratori autonomi. Secondo Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, le liberalizzazioni devono essere vissute «non come docce scozzesi ma come un fatto rispetto al quale tutti siano consapevoli di quello che accadrà. Si deve discutere alla luce del sole... Il "lenzuolo" va dispiegato e tutti devono vedere di che colore è». Inutile aggiungere che il colore del «lenzuolo» è ben visibile: rosso comunista.

Antonio Maglietta

Ragionpolitica.it

Anonimo ha detto...

Berlusconi che accusa gli alri di fare demagogia è il colmo.. a parte, il fatto che lui, che si definisce grande liberale, in 5 anni non ha liberalizzato nulla, quando penso alla demagogia nella politica italiana,non riesco a fare a meno di identificarla con silvio.. chi è che nel 94' ha ripetuto per mesi a reti unificate(le sue) che,se eletto, avrebbe dato agli italiani un milione di nuvi posti di lavoro(promessa poi no mantenuta)? silvio
chi è che nel 2001 ha riempito le nostre città(e le tv facevano altrettanto) di cartelloni con slogan come "meno tasse per tutti","città più sicure","pensioni dignitose","un aiuto a chi è rimasto indietro"?
ma naturalmente sempre silvio
ha abbassato le tasse? sì, ai più abbienti
sono diminuiti i reati(lui aveva assicurato che li avrebbe aumentati)? no, sono aumentati
ha alzato le pensioni minime?sì, ma ad un milione e mezzo di pensionati(su oltre 7 di aventi diritto all'aumento)
ha aiutato chi è rimasto indietro?bè,se "chi è rimasto indietro" sono il berlusconi imputato,previti e mediaset, non c'è dubbio che ci sia riuscito alla perfezione
Detto questo, se c'è un politico italiano demagogo,che usando le tue tv e i suoi giornali ha illuso tanta povera genta che l'aveva votato, quello è silvio

argo50 ha detto...

BLISS: iL GOVERNO Berlusconi ha creato fino ad oggi oltre un milione mezzo di posti lavoro di cui l'87% a posto fisso il resto a tempo determinato, la proganda a sinistra, lo riconosco, funziona bene. Poi per farti capire qualcosina in più, un governo in 5 anni può fare ben poco, il tempo e ristretto, per mettere a posto la rovina lasciata dalla DC E PSI. La Tachers ha impiegato 12 anni per portare l'Inghilterra ai livelli superiori, Aznar 10 anni e ora il compagno Zapatero ne gode i frutti e si prende anche il lusso far adottare i bambini ai Gay, bella roba la tua sinistra sinistrata. Se devi dare un giudizio sereno, leggi anche qualche giornale avversario, che qualche volta delucida la mente. Non sparare a zero contro una persona, che con i suoi umani difetti, fa lavorare 56mila persone senza mai licenziare o mettere in cassa integrazione come ha fatto per 40 anni Agnelli. SPARLARE è un'arte che la sanno mettere in patrica solo le persone invisiose e che non hanno mai creato nulla in vita loro: gli IMPIEGATI, mi vergogno di farne parte.

Anonimo ha detto...

bravo argo50 ti dimostri sempre per quello che sei:un emerito ignorantone!!
"Poi per farti capire qualcosina in più, un governo in 5 anni può fare ben poco" vogliamo ricordare che le promesse per gli anni 2001/2006 le ha fatte proprio lui, il tuo dio...abbi l'accortezza di ragionare
Roberto Ioli

Anonimo ha detto...

argo50, a parte il fatto che non hai smentito le mie affermazioni..che sono dati di fatto,la propaganda di sinistra non c'entra nulla..
é vero o e falso quello che ho scritto?se è falso dimostralo invece di parlare di sinistra e destra...
è vero che silvio ha creato un milione di posti di lavoro..
ma 300.000 sono di clandestini regolarizzati...e quindi i posti creati sono 700.000,meno la metà di quelli promessi..e intanto,quanti ne sono andati perduti?
silvio aveva promesso anche di dimezzare il tasso di disoccupazione..è rimasto immutato
ora.. tu parli di propaganda,ma io non ne ho proprio fatta..
quella di silvio non è invece propaganda della peggior specie?
la gente ha sentito milioni di volte le stesse promesse e alla fine ci ha creduto e l'ha votato..
e lui una volta al governo ha fatto solo i suoi interessi..
leggi per salvarsi dai processi e decreto salvarete4/legge gasparri per salvare/arricchire il fatturato di mediaset