L’ abbandono, da parte di Air France-Klm, della trattativa per Alitalia, a causa del massimalismo dei sindacati, è la plastica rappresentazione del fallimento del nostro sistema di relazioni industriali. È stato il giorno nero dei sindacati. Per anni, in nome dell’occupazione, avevano retto la coda al malcostume politico di gonfiare gli organici della compagnia di bandiera per ragioni clientelari.
Il malcostume politico aveva retto la coda ai sindacati pompando soldi dei contribuenti nell’azienda per tenerli buoni. Una volta al tavolo delle trattative, i sindacati non solo hanno mantenuto la linea di sempre; hanno offerto lo spettacolo di un tasso di litigiosità e di un livello di divisioni fra loro, nonché di inadeguata capacità decisionale, davvero mortificante. Ma se la variabile occupazione non ubbidisce alle logiche di impresa, le aziende falliscono. Jean-Cyril Spinetta, l’amministratore delegato della compagnia francese, ha detto ai suoi: «Lo so cosa vorrebbero i sindacati: sostituire allo Stato italiano, che finora li ha accuditi come un padre, l’aiuto di Air France. Io non posso».
Ora, si parla di un commissariamento di Alitalia. Metterà a terra la flotta e taglierà il personale più di quanto prospettato da Spinetta. Il fallimento della compagnia comporterebbe la dispersione dell’intero patrimonio. Dai «valori di avviamento » (l’Italia primaria destinazione del turismo mondiale, le reciprocità con i vettori stranieri che arrivano negli aeroporti italiani e quant’altro) ai «valori patrimoniali» (i vettori, anche se vecchi, le competenze operative di una—ex—primaria aerolinea mondiale, le specifiche rotte di volo e quant’altro). Ma la sola proposta del sindacato alternativa al fallimento, è un aumento di capitale, a spese del contribuente italiano; il riassorbimento della manodopera già liquidata nel 2005, a spese dell’acquirente franco- olandese. Soluzioni non praticabili.
Nessuna delle molte sigle sindacali ha affrontato il caso dal lato del mercato, pur nel rispetto della propria legittima funzione di difesa dei livelli occupazionali possibili. Eppure, la contemporanea assegnazione a Milano dell’Expo 2015 avrebbe almeno dovuto suggerire la separazione fra il destino di Alitalia e il futuro di Malpensa. Anche se l’aeroporto parigino Charles de Gaulle avrebbe molto da guadagnare dal ridimensionamento dell’hub milanese, una soluzione ragionevole avrebbe potuto essere quella di sollecitare Alitalia a dismettere i suoi diritti di atterraggio e Malpensa a metterli sul mercato. Già accade che qualche grande compagnia faccia partire i suoi aerei anche da scali non nazionali. È il lato incoraggiante della globalizzazione. (Corriere della Sera)
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