La maggioranza degli osservatori seguita a scrutare Silvio Berlusconi come se la sua immagine palese ne contenesse anche una occulta, qualcosa che sfugge loro costantemente e che li sfida a decifrarlo, una profondità nascosta alla superficie: è per questo che sfugge loro, infine, anche la superficie, sfugge la semplice assonanza di questo leader con il popolo italiano (il popolo, sì) e presto con i libri di Storia.
Di fronte alle sue vittorie, ogni volta, gli osservatori tendono a oscillare tra incredulità e rassegnazione: è incredula, per quanto desueta, la tendenza a cercare retroscena extra-democratici che rispondano a plagiature mediatiche e corruzioni delle coscienze, quando non addirittura corruzioni e basta; è invece rassegnata, ma ancora prevalente tra gli intellettuali, la tendenza ad ascrivere la predilezione degli elettori per Berlusconi all’inguaribile cialtroneria del popolo italiano: sentenza inappellabile e ogni volta speranzosamente appellata. Se Berlusconi viene eletto, in altre parole, o c’è un inganno o gli italiani sono stupidi. Entrambe le tendenze, piccolo problema, sono ancora ben presenti nel modernizzato e pur depurato Partito democratico. Senza fare stucchevoli esempi, potremmo parlare di tendenza Furio Colombo nel primo caso e di tendenza Scalfari nel secondo. Liquidando il primo caso come una paranoia residuale, è la seconda tendenza a interessarci di più. Le analisi di questi giorni, infatti, partono dal principio che il popolo sia quello che sia (provinciale, clericale, padronale, incolto), sicché a Berlusconi viene riconosciuta una genialità soprattutto tecnica nel saperlo intercettare: il Cavaliere è un venditore e il popolo è un target. In un sol colpo ha destrutturato due partiti e ha saputo erigersi a cavallo tra politica e antipolitica; di fronte alla crisi ha saputo sedurre le debolezze popolari mischiando una visione ottimistica nel futuro (come nel ’94) alle conoscenze e competenze che frattanto ha maturato. Questo, quando va bene, dicono i giornali, al di là della millesima analisi sulla semplificazione del quadro politico.
Ma manca qualcosa, per certi versi tutto. Ne ha fatto leggero cenno, ieri, il direttore di Europa Stefano Menichini: «Il rapporto fra Berlusconi e l’Italia, a questo punto, assume effettivamente una dimensione storica», occorre «tornare pazientemente a rivolgersi all’altra Italia, a quell’Italia, certo non popolata da mascalzoni, evasori fiscali o creduloni, che ancora stavolta non s’è fidata del centrosinistra». Ne aveva parlato anche Paolo Mieli in un’intervista rilasciata a marzo: «Berlusconi ha fondato un centrodestra che resisterà anche quando lui non ci sarà più. Se dovesse vincere le elezioni per la terza volta, lo spazio a lui dedicato nei libri di storia non sarà limitato alle formulette che usiamo oggi. Ci vorrà una riflessione profonda su quest’uomo che ha segnato nel bene e nel male la storia recente di questo Paese: il male è stato ampiamente dibattuto, ma il bene merita di essere anch’esso esaminato». Ecco: che questo «bene» possa contemplare anche quella larga parte di Italia che ha votato Berlusconi, e che magari in altre circostanze potrebbe votare altrimenti, è la rivoluzionaria ovvietà che non riesce a farsi largo nel ceto intellettuale. Non è chiaro che il sodalizio ormai storico e pluriennale tra Berlusconi e gli italiani non è dato solo dalla somma delle capacità tecniche e persuasive del primo sui secondi, ma dal fatto che gli italiani, dopo quindici anni, si fidano evidentemente di lui, gli credono, talvolta lo amano, e lo amano, incredibile a dirsi, per quello che è, per quello che fa, per una sua spiccata antropologia che viene enfatizzata come suo punto debole ed è invece parte inscindibile del personaggio irripetibile che è. Nella storia, e pur nell’era della televisione, non è ancora esistito un leader che abbia conquistato un popolo spingendolo a leggere il proprio programma. Nel sostegno incondizionato che un popolo sa dare a un leader c’è qualcosa che persino a noi, classe informata, talvolta sfugge, ma alla gente, l’orribile gente, no. (il Giornale)
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2 commenti:
Sono d'accordo con te al 100%, la sinistra ha sempre dipinto berlusconi come il demonio, un ladro che bada solo ai propri interessi....il fatto che piu' parlano cosi' piu' affondano dovrebbe farli riflettere
Il blogger ha detto...
Sì. E' un caso che rasenta il rituale del suicidio collettivo ...
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