mercoledì 2 aprile 2008

La vera storia di Veltroni. Era comunista ed espelleva i dissidenti. Luca Telese

Nel 1995 gli chiesero per la prima volta: è mai stato comunista? Walter Veltroni rispose con veemenza, spiegando che no, non lo era stato: «Non ho mai partecipato a un corso alle Frattocchie, non sono mai stato in una scuola di partito, non sono neanche andato all’estero nei Paesi socialisti». Però questo è un ricordo «sbagliato», anzi, in un avventuroso viaggio con una delegazione ufficiale della Fgci nella Germania dell’Est nell’estate del 1973, al Festival mondiale della gioventù comunista, scoccò proprio la prima scintilla dell’amore con la sua futura moglie Flavia Prisco.

Fra gli elementi più interessanti che emergono da Il piccolo principe, la biografia di Marco Damilano, Maria Grazia Gerina e Fabio Martini che esce per la Sperling & Kupfer martedì prossimo, c’è uno scavo nel passato del futuro leader dell’Ulivo. Ed è molto interessante rileggere le citazioni di quando Veltroni era un militante a tutto tondo che i tre autori hanno pescato negli archivi e nella pubblicistica degli anni ’70.

Ed è singolare quella piccola «amnesia» sulla Germania dell’Est. Ci vollero quattro anni perché, nell’ottobre del 1999, in un’intervista rilasciata ad Antonio Padellaro, Veltroni ritrovasse quella memoria smarrita: «È vero, avevo 18 anni e una compagnia molto variopinta. C’erano Marco Magnani, Ferdinando Adornato, Fabrizio Barca. Ma da allora in poi non ho più messo piede in un Paese socialista». Mai? «La prima volta che sono andato a Mosca è stato nel 1990, ma era su invito di Gorbaciov, per parlare di democrazia».

Che cosa disse in seguito Veltroni, una volta diventato leader dei Ds, è noto. Ad esempio quando alla Stampa, intervistato da Gianni Riotta, nel 1999, dichiarò: «Comunismo e libertà sono stati incompatibili. Questa è la grande tragedia dopo Auschwitz». E poi la frase che sarebbe diventata famosa: «Si poteva stare nel Pci senza essere comunisti. Era possibile, è stato così». Gli autori del libro ricordano l’irriverente risposta del Manifesto, una prima pagina con una foto giovanile di Veltroni e D’Alema accompagnata dal titolo scorticapelle: «Facevamo schifo». Ma Veltroni non molla: «Io ero un ragazzo, allora, ma consideravo Breznev un avversario, la sua dittatura un nemico da abbattere».
Però il libro va a cercare le prove e i palinsesti di questa rielaborazione autobiografica, e trova qualche citazione interessante: ad esempio quella del 1974, quando il giovane Walter non dimenticava mai di inserire la parola socialismo anche se parlava di droga: «I giovani sognano una società più giusta e umana, quella società per noi è il socialismo». Oppure rintracciano un episodio agitato dei tempi in cui Veltroni era leader della Fgci romana, l’espulsione di un gruppo di giovani troppo «radical», Piero Galletti, Maurizio Fabretti e - niente meno - che due futuri giornalisti come Paolo Zaccagnini e Augusto Minzolini (il primo volto noto al Messaggero, il secondo retroscenista della Stampa). Galletti, nel suo ricordo, è feroce: «Veltroni arrivava con la sua borsa di pelle piena di ciclostilati, vuota di idee. Vestito da funzionario di partito, capelli pettinati, pantaloni con la riga» (è il rancore di un ex). E il ricordo di quella riunione che portò all’espulsione, non è meno agitato. I dissidenti nel loro intervento urlarono: «Il Pci vuole solo andare al potere, ha dimenticato i bisogni dei più deboli». E Minzolini aggiunse: «Non sono d’accordo con l’antifascismo, la politica estera e via disdicendo». Le conclusioni di Veltroni? «Voglio chiudere questa discussione ricordandovi che se siamo il più grande partito comunista d’Occidente non è grazie alle vostre balle, ma alla nostra capacità di fare politica».

I dissidenti furono buttati fuori dal Pci (il buonismo era ancora di là da venire...). Quello era un Veltroni che citava Lenin, Stokely Carmichael (il leader del Black Power) e poi naturalmente Marcuse. Quel Walter era simpaticamente «ribelle» e usava una prosa che ovviamente oggi in bocca a lui sembra aliena: «Compito nostro è strappare l’educazione all’influenza delle classi dominanti, emancipare culturalmente la forza lavoro». Oppure ruggiva di orgoglio, rivendicando i suoi risultati: «Non c’è nessuno che faccia più giornaletti, più ciclostilati e che scriva sui muri più dei comunisti!».
Oggi, dopo trent’anni, sarebbe ingeneroso chiedere conto di ognuna di queste frasi. Nel passaggio dal leninismo al kennedismo c’è un romanzo di formazione che queste scarne parole lasciano intuire. Forse, a partire da questo libro, anche Veltroni potrà aggiungere qualche parola per colmare la distanza fra il suo presente e il suo passato, magari proprio a partire da quella gita nella Germania di Honecker, in Coppi Strasse, dove nacque l’amore della sua vita. (il Giornale del 5 ottobre 2007)

8 commenti:

maurom ha detto...

Può bastare?

Anonimo ha detto...

ma maurom chi te lo fa fare?
Hai un leader fenomenale che vincerà le elezioni, che governerà per 5 anni, facendo del bene agli Italiani, che passerà alla storia come statista e passi le giornate ad incollare testi su Veltroni? ma chi te lo fa fare?
ancora per verificare le puttanate e le bugie che dice Veltroni..ma chi te lo fa fare?
ma pensi veramente che Wolter sia diverso dagli altri, che sia un alieno
si sa che Silvio vincerà cosa ce ne fotte di Wolter...Wolter così Wolter colì
mi sembri comunisti che fanno propaganda antiberlusconiana...incolla articoli sensati con i problemi di tutti i giorni, su come risolverli, come uscirne, le proposte di destra ecc ecc
con Wolter hai rotto la minchia

Anonimo ha detto...

Sì Muaro,
Basta. Che cosa si può aggiungere di più?
L'immagine fedele di un multipluritrasformista dalle cento pelli e dalle mille maschere.

Anonimo ha detto...

Chiaro!
Era un funzionario del PCI, al servizio dell'Unione Sovietica,la quale ha tentato di asservire l'Italia e di portarla nel blocco comunista, privandola del benessere e della libertà. E Walter dava una mano.
Più asservito di così ...

Anonimo ha detto...

...la quale...

Anonimo ha detto...

...Sovietica la quale ... OK

Anonimo ha detto...

Un tipetto che è stato dirigente della fed. giovanile comunista, che ha fatto propaganda per l'Unione Sovietica con i soldi ricevuti da Mosca per tradire (TRADIRE) LA PROPRIA PATRIA, oggi non ha il diritto MORALE di venire a predicare la democrazia agli altri e, addirittura, mettersi in cattedra. Il LUPO che impartisce lezioni su come salvaguardare il gregge delle pecore. Sarà pure un animale protetto, ma io non mi fido.
Dai a Cesare quel che è di Cesare, e a PECORARO un bel gregge di montoni!
Morale della favola: Walter (leggi Uolter), ricordando quello che era (ma è corretto usare il passato?), dovrebbe espellere se stesso.

Anonimo ha detto...

E' vero!
Walter è proprio il Nuovo.
Oggi infatti ci ha detto una novità:
-Il PCI non era un partito ideologico !!!
-Lui (egli, esso, costui, questi) militava nel PCI per sete di giustizia.

Ammappelo oh!