mercoledì 16 aprile 2008

La rivoluzione culturale. Gianni Baget Bozzo

Il fatto è semplice: la sinistra ha tentato il governo di tutte le sinistre unite, dai «cattolici adulti» di Prodi, alla sinistra di base di De Mita, al Ds di D’Alema, di Veltroni e di Fassino sino al giustiziere Di Pietro, sino a Bertinotti e a Pecoraro Scanio, tutti per uno e uno per tutti. Ed è stato il disastro. La sinistra italiana non si è dimostrata forza di governo, pur avendone avuto l’occasione, per una ragione grande: essere estranea all’Italia del 2008 e vivere il Novecento come se fosse oggi. L’utopia del passato uccide più dell’utopia del futuro.
Berlusconi ha vinto: e in principio ha vinto Berlusconi solo, perché An e la Lega non hanno valenza autonoma perché hanno avuto questo successo in quanto fusi nella persona del leader. Come mai un uomo solo può tanto? È il problema che ci ha sempre meravigliato; sia noi che lo vedevamo con gioia, che quelli che lo vedevano come la figura dell’orribile. È ben chiaro che attorno a Berlusconi hanno giocato non delle politiche ma delle culture, non delle differenze sui fatti ma delle differenze sui valori. Per questo la vittoria di Berlusconi esprime la fedeltà dell’elettorato italiano ai principi di libertà e di democrazia, ma visti al di fuori del grande mito della storia d’Italia del Novecento costruita dai comunisti. Questo mito parte dal popolo italiano come immaturo, capace solo di reazione, di fascismo e di clericalismo. A questo popolo si deve imporre una direzione sapiente che gli faccia scegliere solo ciò che la società colta, che esprime stampa, banche, finanza, sindacati ecc., vuole. Qual è la storia italiana secondo il mito comunista? C’era una volta il fascismo, grande, grosso e cattivo, il popolo si riunì attorno alla guida comunista che associò altri partiti a lei subordinati culturalmente. Fece la resistenza partigiana, scrisse la Costituzione con concetti derivati dallo statalismo fascista e rovesciati nell’antifascismo. Ciò che era nero divenne rosso rimanendo eguale. Questa è la nostra Costituzione. Lo Stato dirige la società, l’élites guidano la gente, la classe intellettualmente alta domina con l’informazione la classe bassa che vive della sua esperienza. Contro il mito comunista venne Berlusconi, il vero tribuno della plebe che parlò al popolo una lingua diversa da quella dei comunisti, disse al popolo che non era nulla e che poteva essere tutto, come Mirabeau al Terzo Stato nella riunione di Versailles del 1789. Quando Eugenio Scalfari paragonò Berlusconi a Masaniello, aveva capito che Berlusconi delegittimava il potere del partito intellettuale e rappresentava da solo la seconda Repubblica. Questa storia d’Italia raccontata da tutti i giornali e in tutte le scuole non offre appigli alla vita vissuta, ma giustifica la legittimità della sinistra al potere. E si scagliò contro Berlusconi. Ed è da questa lotta furibonda dei giornali e dei poteri forti che è nato il rapporto tra il popolo e un volto di uomo capace di costruire un’altra legittimità e quindi un’altra cultura politica. Ora Scalfari dovrà dire o che la democrazia è una menzogna o che l’Italia non è una democrazia. Ambedue le cose sono le prove del suo fallimento di maestro.
E ci voleva Bossi. Il fatto che la Lega abbia vinto accanto a Berlusconi rafforza la nuova legittimità e crea un’altra storia.In nessun Paese europeo è esistito un mito come quello creato dai comunisti in Italia con la complicità di laici e di cattolici, nessun Paese si è dato una lettura della propria storia come critica totale della propria realtà. Berlusconi ha delegittimato il partito come il soggetto che dà forma alla democrazia, il popolo è la democrazia in se stesso e un volto basta a farlo esistere. Il partito non è un redentore salvatore come nella concezione comunista, ma solo uno strumento del popolo. È una rivoluzione culturale che è avvenuta attraverso l’opera di Berlusconi. Oggi il Paese si legittima da se stesso e crea una classe politica diversa da quella comunista e democristiana. I poteri forti che dominano il sistema culturale devono ora capire che la realtà incomincia da Berlusconi e che la sinistra è il sogno del passato di cui rimangono resti cancerogeni in tutto il Paese a cominciare dalla triplice sindacale storicamente fondata da comunisti, socialisti e democristiani.
Il corpo elettorale ha liquidato gli antagonisti e il partito cattolico, lasciando addirittura la sinistra arcobaleno senza parlamentari, un addio che incide su tutta la sinistra.
Se pensiamo all’agitarsi di anime belle, tra cui il direttore di Avvenire, Dino Boffo, in favore dell’Udc, notiamo che l’ironia della realtà è molto grande: i senatori Udc vengono tutti dalla Sicilia, li manda Cuffaro. Il partito cattolico è morto, anche Ruini deve prenderne atto e riformare Avvenire. Casini è ormai un annesso al gruppo Caltagirone.
Veltroni, chi è costui? Non può fare più opposizione di principio perché il mito della sinistra come lettura della storia d’Italia ormai è morto. Veltroni ha dinanzi fatti nudi e la loro testa dura. Si pensava alle larghe intese, le pensava la cultura dominante legata al mito comunista ma non si sono realizzate. Veltroni farà un’opposizione soave perché ha perso la terra da cui nasceva la sua forza.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

A complemento

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=254996

Anonimo ha detto...

e ancora

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=254971

Anonimo ha detto...

Francesco Rutelli, si trova nella scomoda posizione di non poter attaccare il suo predecessore Walter Veltroni, dato che è il leader del suo partito, il Pd. E dunque si limita a garantire «un impegno fortissimo sulla sicurezza» indicando fra le soluzioni le colonnine per lanciare l’sos nelle aree più a rischio e i braccialetti di segnalazioni per le donne che si trovano spesso a percorrere zone a rischio.
Soluzioni inadeguate per Francesco Giro (Pdl) che definisce Rutelli «un cantastorie», ricordando che proposte come «la banca dati sul Dna, il controllo del fondo dell’iride e altri sistemi di identificazione degli immigrati clandestini» vengono dal centrodestra.