Antonio Di Pietro agente della Cia e amico di Bruno Contrada, il poliziotto poi accusato d’essere mafioso? Oh, ma siamo matti, avete deciso di rendermelo simpatico? Su quegli anni sono state raccontate tante di quelle fesserie, si sono pubblicate tante di quelle ricostruzioni mendaci, o direttamente deficienti, si sono accumulati talmente tanti detriti, che il passato non digeribile tornerà sempre a gola. L’abitudine italiana di mentire sulla propria storia, la speranza vile di superare il passato senza averlo chiarito, sono veleni a lenta cessione, che ammazzano a scoppio ritardato. Di Pietro è Di Pietro, basta e avanza.
Ora ha anche i nervi a fior di pelle, qualcosa lo disturba e lo rende inquieto. A una giornalista del TG1, che gli rivolgeva delle domande, s’è rivolto in modo ruspante: “fa domande del c… Non ce l’ho con lei ma con il suo amico Minzolini. Fuori ci sono i lavoratori dell’Alcoa che rischiano di perdere il posto e mi fate queste domande?”. Più tardi si è scusato, più che altro per il fraseggio non proprio accademico. Ma lo scatto aveva messo a nudo una certa idea della libertà di stampa, sulla quale potranno utilmente riflettere i suoi compagni di schieramento. Fuori, del resto, c’è tanta gente, e i giornalisti fanno le domande che vogliono. Si può sempre dire: non intendo rispondere. Ma Di Pietro non ci riesce, una volta, in tribunale, da imputato, pretendeva di parlare senza rispondere. Il presidente gli tolse la parola.
E’ nervoso, e forse ne ha motivo. Lo aspetta il congresso dell’Italia dei Valori, partito da lui fondato e posseduto, dove, però, è entrato anche chi pensa di poterlo sovrastare. Capita sempre così, c’è sempre qualcuno più estremista di te. I sondaggi, poi, un tempo erano oracoli solo per il fondatore di un altro partito, che per questo era considerato “di plastica”. Ora sono pane quotidiano per molti, e quello di Di Pietro risulta piuttosto duro: alle europee, nel 2009, aveva portato a casa l’8 per cento dei voti, ora Sky lo posiziona al 6.7, Ipsos al 6.6 e il Clandestino a 6. Anche a far la media, le cose non vanno bene.
Anche fra i lavoratori dell’Alcoa, oltre tutto, ci potranno pur essere cittadini interessati a sapere se effettivamente lavorava per la Cia, se s’attovagliava con agenti dei servizi. C’è tanta brava gente che si domanda se la storia cui ha assistito non è per caso diversa da come se l’è, fin qui, sentita raccontare.
L’operazione Mani Pulite fu complessa e niente affatto innocente. In nome della giustizia fu violentato il diritto. In nome dello Stato fu distrutta la politica. Ma chi cerca la “mente”, chi vuole individuare il “mandante”, non ha capito niente. Non voglio sintetizzare troppo, perché è questione maledettamente seria, ne ho scritto in libri e ad uno sto lavorando, qui, per continuare a parlare di Di Pietro e degli ultimi clamori, basterà inquadrare le linee generali: gli anni novanta iniziano con la guerra fredda alle spalle, il mondo che si apre; il capitalismo italiano è asfittico e statalizzato, ma pensa di potersi liberare dei costi della politica; il mercato italiano, però, è ricco, con alcuni preziosi gioielli, che possono essere portati via a poco; la classe politica non è all’altezza della situazione, non capisce e affonda. Mani Pulite fu lo strumento sporco. Di Pietro il suo rozzo, ma furbo, interprete.
Ebbero un ruolo, gli americani? E chi cavolo sono, gli “americani”? Anche negli Usa finiva un’epoca, con George Bush, ex direttore della Cia, che perde le elezioni, lasciando il posto ad un giovane, senza grande esperienza. Quando si schierarono gli euromissili fu il governo statunitense a volerli, giustamente, e altrettanto giustamente noi piazzammo. Quando si usarono le informazioni riservate per colpire i governi italiano, francese, tedesco, furono soggetti non governativi ad approfittarne. Nel primo caso si difendeva l’occidente dall’impero sovietico, nel secondo si puntava alla ricchezza dei bersagli. Roba diversa, e mica poco.
Leggo che Di Pietro avrebbe preso una targa della Kroll, agenzia investigativa al servizio degli affari, consegnatagli da un agente italiano che lavora per gli statunitensi. Non sono sicuro che abbia capito, ma se l’è meritata. Grazie a Mani Pulite la Kroll poteva fare affari d’oro, visto che bastava costruire dossier sulla contabilità nascosta (che avevano tutte le aziende, per finanziare tutti i partiti), venderli agli interessati e recapitarli ad una procura affamata di manette. Avete presente i colonialisti che regalavano perline agli indiani, in cambio d’oro? Gli hanno dato un fermacarte. Magari lo hanno anche ossequiato: vai avanti, buana.
In quello stesso periodo si preparava, a cura dei nostri carabinieri, un rapporto sulla commistione fra politica, affari e criminalità organizzata. Si chiamava “mafia appalti”. Costò la vita a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. La mafia si protesse, dimostrando la sua forza non solo con gli esplosivi, ma anche agevolandosi di una procura che fece a pezzi quel rapporto e, in nome della legittimità, lo depotenziò e affogò. Lo Stato non ebbe analoga forza, e si consegnò a magistrati che, in nome della presunta legalità misero sotto ai piedi la legittimità.
Di Pietro era il volto agreste e pastorale, lo sgrammaticato interprete dello squadrismo giustizialista. Il suo non è un profilo ambiguo, ma da arcitaliano che testimonia le tare genetiche della nostra storia: si laurea in legge senza conoscere l’italiano, entra in magistratura con le raccomandazioni, fa bisbocce con i potenti cittadini, prende soldi e li restituisce in contanti, accetta doni e favori, si adopera per sistemare il figlio e far lavorare la moglie (che è la seconda, come si conviene ad ogni buon raccomandato dai preti). S’è fatto da sé, e si vede. Si sente, pure. E’ l’intramontabile macchietta dello struscio con i potenti, del prendere quel che si può, dell’inciuciarsi perché non si sa mai. Quando le inchieste si mossero fu mandato in prima linea, come carne da cannone. Invece i giornali e le televisioni (in prima fila quelle di Fininvest-Mediaset) lo osannarono. Era il segnale, si poteva procedere. Divenne famoso.
Quel che si sa oggi lo si sapeva anche allora. Un tempo non riuscivi a dirlo, oggi è inutile. Vedo che taluni si lasciano tentare: non poteva non sapere. Fermatevi: usare il dipietrismo contro Di Pietro è come trasformarlo in un paradigma culturale. Anche alla turpitudine c’è un limite. L’allora pubblico ministero capì al volo. Le regole della comunicazione le aveva nel sangue, e quelli che lo circondavano (dal calcolatore e quirinalizio Borrelli al sinistro Colombo) erano troppo colti e pensosi per potere nutrirsi d’una piazza tanto bassa. La folla, aizzata da fascisti (tali erano) e leghisti, accarezzata da comunisti in cerca di complicità, cercava un proprio simile. Lo trovarono.
Si fece corteggiare da Berlusconi come da Prodi. L’Italia di Guicciardini vinse ancora su quella di Machiavelli (così, se Di Pietro mi ha letto fin qui, gli confondo le idee). Franza o Spagna. Ed è ancora lì, perché il passato non passa. Perché ha coagulato antistatalismo e voglia di approfittare. Perché c’è ancora chi lo imita, e magari pensa di fregarlo entrando nel suo partito. Perché c’è chi lo ingigantisce: il moralizzatore (ma va là), l’agente della Cia (ma mi faccia il piacere). Ricordate: lui è solo un sintomo.
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23 commenti:
L'ex pm, Contrada e gli amici «amerikani»
L'incontro conviviale del 15 dicembre 1992, immortalato da 12 fotografie, 8 scomparse, 4 riapparse, grazie all'avvocato Mario Di Domenico, rafforza gli interrogativi sulle origini del potere di Antonio Di Pietro. Era il giorno dell'avviso di garanzia a Craxi e all'interno di una caserma si ritrovarono a tavola con Tonino, i colonnelli operanti nei servizi, Gargiuolo, Del Vecchio, Conforti, il generale Vitagliano, Bruno Contrada del Sisde, più l'«amico americano» Rocco Mario Modiati, il capo della Kroll, detta la Cia-Mossad di Wall Street, il più forte centro affaristico del mondo. Il Modiati consegnò a Di Pietro una targa della Kroll Secret Service. Perché una megapostazione del capitalismo finanziario sentì il dovere di premiare il pm molisano? La singolare tavolata rimanda, inoltre, all'interrogativo più grave: come mai il rapporto dei Ros su un probabile attentato valse a salvare solo uno dei due obbiettivi, Di Pietro - subito allertato, protetto e spedito in Costa Rica, con passaporto falso intestato a Mario Canale -, mentre Borsellino, neppure avvertito, rimase solo al mondo, finendo, il 19 luglio 1992, vittima nella strage di via Mariano d'Amelio? Sui rapporti con gli «amerikani», qualcosa era già uscito tre lustri addietro, ma subito lasciato cadere. Leggo da una relazione del pm Davigo al procuratore Borrelli, 19 luglio 1992, lo stesso giorno della morte di Borsellino: «Il De Mico (Bruno, l'architetto processato per le "carceri d'oro" ndr), riferiva di aver appreso da persone appartenenti a imprecisati "ambienti" statunitensi...che gli americani, irritati con Salvatore Ligresti e Bettino Craxi, avevano deciso di colpirli ed erano perciò disponibili a collaborare alle indagini in corso a Milano...Era necessario che un magistrato, meglio se il dottor Di Pietro, rilasciasse un'intervista a Lower Bergman, conduttore della trasmissione Sixty minutes sulla rete televisiva statunitense Cbs. Questo sarebbe stato il segnale che l'offerta americana era stata accettata».
In effetti, il segnale fu dato, visto che Tonino si recò negli Stati Uniti nell'ottobre successivo, viaggio organizzato dall'Usis, il noto ente culturale americano. Giulio Catelani, Pg di Milano, il 19 febbraio 1996, davanti al pm bresciano Fabio Salamone, conferma: «Ricordo bene che nel luglio 1992 mi telefonò Borrelli per segnalarmi una notizia riguardante Ligresti e alcuni collegamenti internazionali...Borrelli mi segnalava una vicenda che poteva avere riflessi anche sulla sicurezza dello Stato. Decidemmo insieme di parlarne con il presidente Oscar Luigi Scalfaro, che ci ricevette alla presenza del segretario generale Gaetano Gifuni. Il presidente, dopo aver ascoltato la relazione fatta da Borrelli, si rifiutò in modo quasi risentito di esaminare i documenti...». Di cosa ebbe paura il Presidente della Repubblica? In un volume di memorie, il pm Colombo racconta un dialogo in Procura: «Cosa ne dici, cosa facciamo, ci prospettano che...ci sarebbe il tal Stato che ci vuole aiutare, che ha elementi da darci, basta che noi diamo un segno, che siamo disposti a lavorare con loro... Io sono molto perplesso... e d'altronde sarebbe importante...» Il più aguzzo pm del pool, Francesco Greco, nel marzo 1997, spiega: «...Soprattutto per merito degli americani, al centro del dibattito giuridico internazionale è stato posto proprio il problema della corruzione...Gli americani spingono moltissimo in questa direzione per un motivo molto preciso: sono gli unici ad avere una legge che punisce il cittadino americano che corrompe il funzionario di uno stato straniero e allo stesso tempo hanno una legge che prevede la responsabilità penale della persona giuridica. Succede così che le imprese americane si sentono penalizzate sui mercati esteri e allora pretendono una equiparazione internazionale». Già nel 1985, del resto, il direttore della Cia, William Webster, aveva istituito una sezione apposita, il Directorate V. destinato a lanciare la guerra commerciale e finanziaria con l'Europa, a cominciare dall'Italia. Gli «amici amerikani», insomma, cercarono alleati ed utili idioti per causare il crollo di Craxi, il motore del made in Italy, e della prima Repubblica, declassando i gioielli delle aziende statali - vedi le privatizzazzioni selvagge a prezzi stracciati - a ghiotto boccone, come disse George Soros, l'affossatore della lira.
di Giancarlo Lehner
Sito di Sergio Tadi, candidato per il PDL per la città di Lodi http://www.sergiotadi.it
L'ultima riga di acchiappabbufale (lehner) non mi torna: "privatizzazioni selvagge a prezzi stracciati".
E' vero, ma chi furono gli acquirenti?
Mi sembra principalmente italiani (Benetton, Ligresti, Cragnotti, Gavio, Caltagirone, Rocca, Riva e negli anni successivi Colaninno, Tronchetti Provera).
Mi sembra proprio che il discorso, lo dico con dispiacere, non stia in piedi
Il patrimonio dello stato italiano è stato svenduto agli amici italiani e non agli americani
E che mani pulite sia stato ordito da Clinton.. mah mi sembra proprio una bufala.
Pur con tutto l'odio che ho verso Di Pietro.
Renato
Gentile Renato , ti ringrazio per il tuo intervento.
Mani pulite non fu solo italiana , ci furono diverse mani pulite anche nel resto del mondo : n Francia (Beregovoy), in Germania (Kohl), in Spagna (Gonzalez), in Grecia, in Portogallo, in Belgio.
Gli americani vinta la guerra fredda aveva bisogno di governi più comprensivi nei confronti dei loro interessi, non a caso il capo della CIA Wolsey aveva spiegato che Clinton aveva autorizzato lo spionaggio industriale per difendere le imprese americane nel mondo.
iIn italia sbarca la Kroll , di cui vediamo un uomo nella famosa foto che dopo regala una "targa" a Di Pietro.
Cos è la Kroll:
E' una delle più grandi agenzie investigative del mondo, che opera soprattutto nel mondo finanziario. Fondata a New York nel 1972 da Jules B. Kroll, e oggi proprietà del colosso assicurativo Marsh & Mc Lennan, nasce come semplice compagnia di detective, ma negli anni '80 e '90 si espande fino a diventare una vera e propria multinazionale della sicurezza, della protezione informatica e del controspionaggio finanziario, con migliaia di dipendenti (tra cui ex agenti Cia e Fbi) e filiali in oltre 25 nazioni, tra cui dal 2004 anche l'Italia. Fu la Kroll a scoprire il primo "tesoro" di Saddam Hussein e a confermare che il banchiere Roberto Calvi era stato assassinato. In anni molto più recenti rispetto alla cena in cui Di Pietro avrebbe ricevuto la targa della Kroll, l'agenzia si è scontrata con gli uomini della sicurezza di Telecom Italia guidati da Giuliano Tavaroli. Una vera e propria guerra a colpi di spie e ricatti durata anni. All'epoca, 1998-2004, Telecom Italia e la finanziaria Opportunity si contendevano il controllo della società Brasil Telecom. La Kroll fu incaricata di indagare su Telecom Italia, ma alcuni suoi dipendenti furono arrestati dalle autorità brasiliane con l'accusa di utilizzare tecniche illegali o al limite della legalità per intercettare telefonate, conversazioni ed email - in sostanza di "spiare" gli italiani. Il team di Tavaroli a sua volta mise a segno una violazione degli archivi informatici della Kroll, portando in Italia alcuni tra i dossier più delicati della Kroll, come la cartella "Project Tokyo", che avrebbe dato vita a una serie di articoli e polemiche su presunti conti esteri di Massimo D'Alema, di cui però non c'è stato mai alcun riscontro.
Agli interessi (geopolitici) americani si aggiunge , e in questo hai ragione tu, quelli della nostra finanza , affamata com è di aziende pubbliche : Per esempio Pomicino ci racconta di un incontro De benedetti - Agnelli in cui si chiese allo stesso Pomicino di diventare ministro del bilancio , e si espose il piano : portare gli ex comunisti , che stavano espellendo la parte più dura, rifondazione,al governo.
Per il momento mi fermo qui , non avrò problema a risponderti successivamente.
Ti lascio un elenco delle Privatizazzioni di quegli anni :
Di seguito sono elencate le più importanti privatizzazioni operate nel periodo 1992-1998. Quando è possibile sono indicati il ricavo, i beneficiari dell’operazione, le dimensioni delle aziende privatizzate, etc.
Per la compilazione dell’elenco, che non ha pretese di completezza né di assoluta precisione, sono state consultate documentazioni di varia fonte (principalmente la "Relazione sulle privatizzazioni" del Ministero del Tesoro e notizie di stampa). Tuttavia dobbiamo rilevare come fino ad oggi manchi una documentazione, accessibile al pubblico, che fornisca l’elenco completo delle innumerevoli privatizzazioni grandi e piccole, indicandone ricavo effettivo, debiti trasferiti, etc.
a) Nell’anno 1992/93 (Governo Amato, poi Ciampi)
* ITALGEL (IRI-SME) - 1.600 dipendenti - quota ceduta 62% per 431 miliardi a Nestlè
* CIRIO-BERTOLLI-DE RICA (IRI-SME) - quota ceduta 62% per 310 miliardi a FISVI poi Unilever e Cragnotti
* CREDITO ITALIANO (IRI) - 15.800 dipendenti - quota ceduta 55% per 1801 miliardi - l’80% a piccoli azionisti, controllo Mediobanca ed altri.
* SIV (vetro EFIM) - 3.800 dipendenti - quota ceduta 100% per 210 miliardi all’inglese Pilkington
* NUOVIO PIGNONE (ENI) - 5100 dipendenti - quota ceduta 70% per 713 miliardi a GENERAL Electric (USA) - (ulteriore 9% ceduto a G.E. nel 1997)
b) Nel 1994 (Governo Ciampi, poi Berlusconi)
* IMI (Min. Tesoro) - 900 dipendenti - ceduta prima tranche 33% per 2.180 miliardi - controllo a banche (San Paolo, Cariplo, Montepaschi)
* BANCA COMMERCIALE ITALIANA (IRI) - 18.000 dipendenti quota ceduta 51% per 2891 miliardi - piccoli azionisti 85%, controllo a Mediobanca, Generali, Paribas, Commerzbank
* INA (Min. Tesoro) - 4.600 dipendenti - ceduta prima tranche 47% per 4.530 miliardi - controllo a banche (San Paolo, Cariplo)
* ACCIAI SPECIALI TERNI (IRI) - 24.300 dipendenti - quota ceduta 100% per 600 miliardi a KAI (Krupp, Falk, etc.)
* SME (IRI) 18.900 dipendenti - ceduta prima tranche 32% per 723 miliardi a Luxottica/Benetton
c) Nel 1995 (Governo Dini)
* ITALTEL (IRI-STET) - 15.000 dipendenti - quota ceduta 50% per 50% per 1.000 miliardi a Siemens (Germania)
* ILVA LAMINATI PIANI - 18.000 dipendenti - quota ceduta 100% per 1.929 miliardi a Gruppo Riva
* IMI (Min Tesoro) - ceduta seconda trance 19% per 1.200 miliardi
* SME (IRI) - ceduta seconda tranche 15% per 341 miliardi a Luxottica/Benetton
* ENI (Min. Tesoro) - 95.000 dipendenti - ceduta prima tranche 15% per 6.229 miliardi ad azionariato diffuso
* ISE (IRI settore energia) - 150 dipendenti - quota ceduta 74% per 370 miliardi a Edison-EDF (Francia)
* ENICHEM-AUGUSTA (ENI) - 1.100 dipendenti - quota ceduta 70% per 336 miliardi a cessionari non noti.
* INA (Ministero Tesoro) - ceduta seconda tranche 18,4% per 1.887 miliardi a banche
d) Nel 1996 (Governo Dini, poi Prodi)
* DALMINE (IRI) - 4.700 dipendenti - quota ceduta 84% per 301 miliardi a Technit/Rocca
* ITALIMPIANTI (IRI) - 1.200 dipendenti - quota ceduta 100% per 42 miliardi a cessionari non noti
* NUOVA TIRRENIA (CONSAP navigazione) - 900 dipendenti - quota ceduta 91% per 548 miliardi
* SME (IRI) - ceduta terza ed ultima tranche 15,2% per 121 miliardi
* INA (Min. Tesoro) - ceduta terza tranche 312% per 3.260 miliardi
* MAC - quota ceduta 50% per 247 miliardi a GEC-Marconi (GB)
* IMI (Min. Tesoro) - ceduta terza tranche 5,9% per 501 miliardi
* MONTEFIBRE - quota ceduta 65% per 183 miliardi
* ENI (Min. Tesoro) - quota ceduta seconda tranche 15,8% per 8.872 miliardi azionariato diffuso
* ALFA ROMEO AVIO (IRI-FINMECCANICA) - quota ceduta 75% per 200 miliardi a Fiat
e) Nel 1997 (Governo Prodi)
* ENI (Min Tesoro) - ceduta terza tranche 17,6% per 132.309 miliardi ad azionariato diffuso
* TELECOM (Min. Tesoro) - quota ceduta 92,5% per circa 26.000 miliardi ad azionariato diffuso - controllo a nucleo stabile (7,5% azioni) costituito da banche, FIAT/IFIL, soci stranieri
* FINCANTIERI (IRI) - ceduto 100% NEW SULZER AG per 151 miliardi a società finlandese
* SEAT (IRI) - ceduto 44,7% per 1.600 miliardi a Comit, De Agostini, etc.
* Banco di Napoli (Min Tesoro) 60% per 62 miliardi
f) Nel 1998 primo semestre (Governo Prodi)
* ENI (Min Tesoro) - ceduta quarta tranche 14,2% per 13.000 miliardi ad azionariato diffuso (con la quarta tranche ENI risulta privatizzato al 62% con 41.000 miliardi di incasso totale)
* ITALIA NAVIGAZIONE (IRI-Finmare) - quota ceduta 100% per 150 miliardi ad armatori privati italiani (D’Amico)
* AEM (Comune di Milano) - quota ceduta 49% per 1.400 miliardi ad azionariato diffuso
* ALITALIA (IRI) - cessione controllo alla olandese KLM (attraverso scambio azioni o cosiddetta “joint venture”)
* ELSAG-BAILEY (IRI-Finmeccanica) - quota ceduta 100% per cifra non nota ad acquirenti stranieri
* LLOYD TRIESTINO (IRI-Finmare) - quota ceduta 100% per cifra non nota a gruppo Evergreen (Taiwan)
* Banca Nazionale del Lavoro (Min Tesoro) - quota ceduta 67,8% per 6.707 miliardi ad acquirenti non noti
Successivamente sono state eseguite altre importanti operazioni di privatizzazione, fra cui quella della società AUTOSTRADE (IRI), conclusa nel 1999.
da "Il disastro di una nazione " di Antonio Venier
Naturalmente non è da escludere che dietro le privatizzazzioni ci siano state pressioni della finanza internazionale .
Lehner per esempio parla degli attacchi di soros alla slira, Brunetta per esempio ha parlato di recente del Britannia.
SVENDITA ITALIA: L'ABC - PANFILO BRITANNIA. di Nicoletta Forcheri
Dalla lettura di un articolo del Corriere di qualche giorno fa, la Goldman Sachs sarebbe sul punto di prendere il controllo della rete Wimax italiana (vedi sopra); del resto non c’è nessuna sorpresa, visto il ruolo cruciale che la Goldman, azionista della Federal Reserve americana, ha svolto sin dall’inizio nella svendita dell’Italia, di cui si può ragionevolmente affermare che sia iniziata con esattezza il 2 giugno 1992 – nonostante alcuni precedenti inutili tentativi - con l’accordo preso sul panfilo Britannia, onori di casa fatti dalla Regina d’Inghilterra, al largo di Civitavecchia, tra Draghi, allora direttore generale del Tesoro, Azeglio Ciampi, in qualità di governatore della Banca d’Italia, e un centinaio tra rappresentanti della finanza anglosassoneamericana (Barclays, Warburg, azionista della Federal Riserve, PricewaterhouseCoopers – ex Coopers & Lybrand – Barings – oltre alla Goldman ecc.) e degli ambienti industriali e politici italiani. Era presente anche Costamagna, che diventerà dirigente della Goldman quando sua moglie finanzierà l'ultima campagna elettorale di Prodi.
Lì gli angli dettarono le istruzioni su come privatizzare, per scelta obbligata, le industrie italiane statali. Con l’aiuto della stampa iniziò una campagna martellante per incutere il timore nel popolo italiano di “non entrare in Europa”, manco ne fossimo stati tra i Sei paesi fondatori…
E questa è oramai storia, tant’è vero che sull’episodio del “panfilo Britannia” vi furono le interrogazioni parlamentari di alcuni onorevoli come Raffaele Tiscar (DC), Pillitteri e Bottini (PSI) Antonio Parlato (MSI), autore di tre interrogazioni rimaste senza risposta e della senatrice Edda Fagni (PCI). Fu l’inizio dell’era dei governi tecnici, dopo 40 anni di regime DC, con il “tecnico” Ciampi, il tecnico Amato, il tecnico Prodi. Il governo doveva, a tutti i costi essere “tecnico”, pur di non fare arrivare al potere neanche un’idea, che fosse tale e che lo fosse per il bene del paese, come sarebbe potuto esserla quella, ad esempio, di un Aldo Moro…
Era la stagione dell’attentato a Falcone cosicché – guarda caso - la stampa non diede il dovuto risalto all’incontro, e da poco erano iniziate le indagini di Tangentopoli - nome in codice Manipulite – cosicché molti esponenti degli ambienti politico-economici si ritrovarono improvvisamente “minacciati” dall’insidia latente di potersi ritrovare nell’occhio del ciclone. Un modo per “ammorbidire” un ambiente, prima della grande “purga”? Certo è che Manipulite sembra sia avvenuta proprio in un momento opportuno per fare “PiazzaPulita” di una classe politica con velleità italiote, e per ottenere le “ManiLibere” di fare entrare i governi dei “tecnici”, quelli che con i loro amici della Goldman e della Coopers ci avrebbero inculcato la “medicina” amara della svendita dell’IRI.
Di sicuro un Craxi, per quanto corrotto, non avrebbe mai siglato un patto così scellerato, quello di svendere tutto il comparto nazionale produttivo del paese (l’IRI ad oggi sarebbe stata la maggiore multinazionale al mondo e noi non saremmo un paese in svendita), lui che tenne testa agli americani nella vicenda dell’Achille Lauro, negando loro l’accesso al nostro territorio per attaccare i sequestratori della nave, terroristi palestinesi, e portando avanti le trattative con i terroristi nonostante il veto del presidente Reagan… Certo è che Craxi, dopo l’inizio di Tangentopoli, dovette rassegnare le dimissioni a febbraio del 1993…Guarda caso…
E, infatti, proprio qualche anno prima Craxi era stato duramente criticato dagli ambienti angloamericani, quegli stessi che non si privano mai d’interferire nella nostra politica interna, proprio di “ingerenza dello Stato in economia” - per voce dei loro accoliti Andreotti, Spadolini, Cossiga - perché aveva decretato la fine del mandato di Enrico Cuccia come presidente di Mediobanca (di cui divenne però presidente onorario), e perché si era opposto alla vendita dello SME, il complesso alimentare dell’IRI, negoziato direttamente dal suo presidente Romano Prodi ma smentita da una direttiva del Governo.
Mediobanca, secondo il sito e movimento internazionale Movisol (http://www.movisol.org/draghi4.htm ) “fu posta sotto il controllo di fatto della Lazard Frères [altra azionista della Fed Res] di Londra, una banca che è proprietà di un raggruppamento estremamente influente dell’establishment britannico, il Pearson Group PLC (…) che controlla anche la rivista “The Economist” e il quotidiano “Financial Times”. Nel piano di spartizione del bottino della seconda guerra mondiale "l'Italia, occupata dalle potenze occidentali, sarebbe diventata un'area in cui avrebbe predominato l'influenza britannica", influenza che nel frattempo è scesa a patti con la grandeur della Francia….
Ma tornando agli angli, era quindi chiaro che per potere procedere alle privatizzazioni bisognava togliere di torno una classe politica che mostrava i muscoli davanti a certe velleità statunitensi di comandare a casa nostra, e soprattutto che non voleva mollare l’osso – o il malloppo - per lasciare posto a una classe di tecnici, fedeli servitori delle banche e dei circoli finanziari angloamericani, il cui motto era “privatizzare per saccheggiare”. Quella della condizione di tecnicità per accedere al potere fu un imperativo talmente tassativo, da riuscire nell’intento di dividere il PCI, con una fetta che divenne sempre più “tecnica”, sempre più British, sempre più amica delle banche, sempre più …PD…
Il premio di tutta questa svendita, prevista per filo e per segno in tanto di Libri sulle privatizzazioni dai governi tecnici, o di sinistra che dir si voglia (a firma di Amato o di Visco) fu la nostra “entrata in Europa”, demagogicamente parlando, o la cessione della nostra già minata sovranità monetaria dalla Banca d’Italia alla Banca centrale europea SA c per una moneta, l’euro che, con il tasso iniziale di cambio imposto euro-Lira troppo elevato fu penalizzante per le nostre esportazioni. Senza più la possibilità di emettere moneta quando il governo lo reputi giusto, con la possibilità di vendere i titoli del debito pubblico in mani istituzionali estere e private (fino al 2006 il nostro debito doveva rimanere in mani pubbliche e nazionali), senza neanche un governo economico a livello europeo che possa controllare quella banda di imbroglioni, è come se ci avessero improvvisamente messo sulla piazza pubblica per venderci al mercato degli schiavi…
E non c’è l’ombra di un dubbio che nel nostro indebitamente crescente vi sia la mano invisibile di qualche regia occulta, occulta ad esempio come i British Invisibles, che organizzarono appunto la riunione sul panfilo, occulta come alcuni azionisti che si nascondono nelle partecipazioni incrociate e a catena e di cui mai si riescono a scoprire i nomi. O come i mandanti di Soros che speculò sulla Lira per svalutarla, facendoci uscire dallo SME (Sistema monetario europeo) proprio per ostentare lo spauracchio del rischio di “non entrare in Europa”.
L’anno 1992 fu davvero un anno cruciale per il destino del nostro paese, tant’è vero che quando Amato divenne presidente del Consiglio qualche giorno dopo l’incontro sul panfilo, con il decreto 333 dell’11 luglio trasformò in SpA le aziende di Stato IRI, ENEL, INA ed ENI e mise in liquidazione l’Egam. In quell’anno, quando Amato dovette far fronte alla speculazione contro la Lira di Soros, utilizzò 48 milioni di dollari delle riserve della Banca d’Italia, dopo avere operato un prelievo forzoso dell’8 per mille dai conti correnti degli italiani. Sempre in quell’anno mise in liquidazione l’Efim, le cui controllate passarono all’IRI e trasformò le FS in SpA. Sempre nel 1992 Draghi, Direttore del Tesoro preparò la Legge Draghi che entrerà in vigore nel 1998 con il governo Prodi e si predispose una legge per permettere la trattativa privata nella cessione dei beni pubblici qualora fosse in gioco “l’interesse nazionale”….
Prodi, che dal 1990 al 1993 fu consulente della Unilever e della Goldman Sachs, quando nel maggio del 1993 ritornò a capo dell’IRI riuscì a svendere la Cirio Bertolli alla Unilever al quarto del suo prezzo e a collocare le azioni che le tre banche pubbliche, BNL (diventanta della BNP Paribas), Credito italiano e Comit detenevano ina Banca d’Italia, privatizzando il 95% della stessa. Indovinate chi scelse come "Advisor"?
Uomini della Goldman, nel senso che vi hanno lavorato sono, oltre a Costamagna e Prodi, Monti (catapultato alla carica di Commissario), Letta, Tononi e naturalmente Draghi. Sicuramente ce ne sono altri; molti nostri uomini politici se non lavorano per la Goldman, lavorano per l'FMI, come Padoa Schioppa, presidente della BEI, Banca europea per gli Investimenti.
Queste sono informazioni che dovrebbero essere spiegate in lungo e in largo dalla stampa, e sicuramente superate dagli avvenimenti - tranne articoletto del Corriere sopra - e invece sono state, e lo sono tutt'ora, accuratamente occultate al grande pubblico, anche se per quelli che gli altri si divertono a chiamare complottisti, per denigrarne le parole, è storia arcinota.
NF
http://archiviostorico.corriere.it/1992/giugno/02/convegno_sul_Britannia_sponsor_Regina_co_0_92060218751.shtml
http://archiviostorico.corriere.it/1992/giugno/03/Inglesi_cattedra_privatizzazioni_fate_come_co_0_92060319034.shtml http://informatieliberi.blogspot.com/2008/07/1992panfilo-britannia-e-la-svendita.html
In effetti, il segnale fu dato, visto che Tonino si recò negli Stati Uniti nell'ottobre successivo, viaggio organizzato dall'Usis, il noto ente culturale americano. Giulio Catelani, Pg di Milano, il 19 febbraio 1996, davanti al pm bresciano Fabio Salamone, conferma: «Ricordo bene che nel luglio 1992 mi telefonò Borrelli per segnalarmi una notizia riguardante Ligresti e alcuni collegamenti internazionali...Borrelli mi segnalava una vicenda che poteva avere riflessi anche sulla sicurezza dello Stato. Decidemmo insieme di parlarne con il presidente Oscar Luigi Scalfaro, che ci ricevette alla presenza del segretario generale Gaetano Gifuni. Il presidente, dopo aver ascoltato la relazione fatta da Borrelli, si rifiutò in modo quasi risentito di esaminare i documenti...». Di cosa ebbe paura il Presidente della Repubblica? In un volume di memorie, il pm Colombo racconta un dialogo in Procura: «Cosa ne dici, cosa facciamo, ci prospettano che...ci sarebbe il tal Stato che ci vuole aiutare, che ha elementi da darci, basta che noi diamo un segno, che siamo disposti a lavorare con loro... Io sono molto perplesso... e d'altronde sarebbe importante...» Il più aguzzo pm del pool, Francesco Greco, nel marzo 1997, spiega: «...Soprattutto per merito degli americani, al centro del dibattito giuridico internazionale è stato posto proprio il problema della corruzione...Gli americani spingono moltissimo in questa direzione per un motivo molto preciso: sono gli unici ad avere una legge che punisce il cittadino americano che corrompe il funzionario di uno stato straniero e allo stesso tempo hanno una legge che prevede la responsabilità penale della persona giuridica. Succede così che le imprese americane si sentono penalizzate sui mercati esteri e allora pretendono una equiparazione internazionale». Già nel 1985, del resto, il direttore della Cia, William Webster, aveva istituito una sezione apposita, il Directorate V. destinato a lanciare la guerra commerciale e finanziaria con l'Europa, a cominciare dall'Italia. Gli «amici amerikani», insomma, cercarono alleati ed utili idioti per causare il crollo di Craxi, il motore del made in Italy, e della prima Repubblica, declassando i gioielli delle aziende statali - vedi le privatizzazzioni selvagge a prezzi stracciati - a ghiotto boccone, come disse George Soros, l'affossatore della lira.
di Giancarlo Lehner
L'ex pm, Contrada e gli amici «amerikani»
L'incontro conviviale del 15 dicembre 1992, immortalato da 12 fotografie, 8 scomparse, 4 riapparse, grazie all'avvocato Mario Di Domenico, rafforza gli interrogativi sulle origini del potere di Antonio Di Pietro. Era il giorno dell'avviso di garanzia a Craxi e all'interno di una caserma si ritrovarono a tavola con Tonino, i colonnelli operanti nei servizi, Gargiuolo, Del Vecchio, Conforti, il generale Vitagliano, Bruno Contrada del Sisde, più l'«amico americano» Rocco Mario Modiati, il capo della Kroll, detta la Cia-Mossad di Wall Street, il più forte centro affaristico del mondo. Il Modiati consegnò a Di Pietro una targa della Kroll Secret Service. Perché una megapostazione del capitalismo finanziario sentì il dovere di premiare il pm molisano? La singolare tavolata rimanda, inoltre, all'interrogativo più grave: come mai il rapporto dei Ros su un probabile attentato valse a salvare solo uno dei due obbiettivi, Di Pietro - subito allertato, protetto e spedito in Costa Rica, con passaporto falso intestato a Mario Canale -, mentre Borsellino, neppure avvertito, rimase solo al mondo, finendo, il 19 luglio 1992, vittima nella strage di via Mariano d'Amelio? Sui rapporti con gli «amerikani», qualcosa era già uscito tre lustri addietro, ma subito lasciato cadere. Leggo da una relazione del pm Davigo al procuratore Borrelli, 19 luglio 1992, lo stesso giorno della morte di Borsellino: «Il De Mico (Bruno, l'architetto processato per le "carceri d'oro" ndr), riferiva di aver appreso da persone appartenenti a imprecisati "ambienti" statunitensi...che gli americani, irritati con Salvatore Ligresti e Bettino Craxi, avevano deciso di colpirli ed erano perciò disponibili a collaborare alle indagini in corso a Milano...Era necessario che un magistrato, meglio se il dottor Di Pietro, rilasciasse un'intervista a Lower Bergman, conduttore della trasmissione Sixty minutes sulla rete televisiva statunitense Cbs. Questo sarebbe stato il segnale che l'offerta americana era stata accettata».
L'ex pm, Contrada e gli amici «amerikani»
L'incontro conviviale del 15 dicembre 1992, immortalato da 12 fotografie, 8 scomparse, 4 riapparse, grazie all'avvocato Mario Di Domenico, rafforza gli interrogativi sulle origini del potere di Antonio Di Pietro. Era il giorno dell'avviso di garanzia a Craxi e all'interno di una caserma si ritrovarono a tavola con Tonino, i colonnelli operanti nei servizi, Gargiuolo, Del Vecchio, Conforti, il generale Vitagliano, Bruno Contrada del Sisde, più l'«amico americano» Rocco Mario Modiati, il capo della Kroll, detta la Cia-Mossad di Wall Street, il più forte centro affaristico del mondo. Il Modiati consegnò a Di Pietro una targa della Kroll Secret Service. Perché una megapostazione del capitalismo finanziario sentì il dovere di premiare il pm molisano? La singolare tavolata rimanda, inoltre, all'interrogativo più grave: come mai il rapporto dei Ros su un probabile attentato valse a salvare solo uno dei due obbiettivi, Di Pietro - subito allertato, protetto e spedito in Costa Rica, con passaporto falso intestato a Mario Canale -, mentre Borsellino, neppure avvertito, rimase solo al mondo, finendo, il 19 luglio 1992, vittima nella strage di via Mariano d'Amelio? Sui rapporti con gli «amerikani», qualcosa era già uscito tre lustri addietro, ma subito lasciato cadere. Leggo da una relazione del pm Davigo al procuratore Borrelli, 19 luglio 1992, lo stesso giorno della morte di Borsellino: «Il De Mico (Bruno, l'architetto processato per le "carceri d'oro" ndr), riferiva di aver appreso da persone appartenenti a imprecisati "ambienti" statunitensi...che gli americani, irritati con Salvatore Ligresti e Bettino Craxi, avevano deciso di colpirli ed erano perciò disponibili a collaborare alle indagini in corso a Milano...Era necessario che un magistrato, meglio se il dottor Di Pietro, rilasciasse un'intervista a Lower Bergman, conduttore della trasmissione Sixty minutes sulla rete televisiva statunitense Cbs. Questo sarebbe stato il segnale che l'offerta americana era stata accettata».
In effetti, il segnale fu dato, visto che Tonino si recò negli Stati Uniti nell'ottobre successivo, viaggio organizzato dall'Usis, il noto ente culturale americano. Giulio Catelani, Pg di Milano, il 19 febbraio 1996, davanti al pm bresciano Fabio Salamone, conferma: «Ricordo bene che nel luglio 1992 mi telefonò Borrelli per segnalarmi una notizia riguardante Ligresti e alcuni collegamenti internazionali...Borrelli mi segnalava una vicenda che poteva avere riflessi anche sulla sicurezza dello Stato. Decidemmo insieme di parlarne con il presidente Oscar Luigi Scalfaro, che ci ricevette alla presenza del segretario generale Gaetano Gifuni. Il presidente, dopo aver ascoltato la relazione fatta da Borrelli, si rifiutò in modo quasi risentito di esaminare i documenti...». Di cosa ebbe paura il Presidente della Repubblica? In un volume di memorie, il pm Colombo racconta un dialogo in Procura: «Cosa ne dici, cosa facciamo, ci prospettano che...ci sarebbe il tal Stato che ci vuole aiutare, che ha elementi da darci, basta che noi diamo un segno, che siamo disposti a lavorare con loro... Io sono molto perplesso... e d'altronde sarebbe importante...» Il più aguzzo pm del pool, Francesco Greco, nel marzo 1997, spiega: «...Soprattutto per merito degli americani, al centro del dibattito giuridico internazionale è stato posto proprio il problema della corruzione...Gli americani spingono moltissimo in questa direzione per un motivo molto preciso: sono gli unici ad avere una legge che punisce il cittadino americano che corrompe il funzionario di uno stato straniero e allo stesso tempo hanno una legge che prevede la responsabilità penale della persona giuridica. Succede così che le imprese americane si sentono penalizzate sui mercati esteri e allora pretendono una equiparazione internazionale». Già nel 1985, del resto, il direttore della Cia, William Webster, aveva istituito una sezione apposita, il Directorate V. destinato a lanciare la guerra commerciale e finanziaria con l'Europa, a cominciare dall'Italia. Gli «amici amerikani», insomma, cercarono alleati ed utili idioti per causare il crollo di Craxi, il motore del made in Italy, e della prima Repubblica, declassando i gioielli delle aziende statali - vedi le privatizzazzioni selvagge a prezzi stracciati - a ghiotto boccone, come disse George Soros, l'affossatore della lira.
organizzato dall'Usis, il noto ente culturale americano. Giulio Catelani, Pg di Milano, il 19 febbraio 1996, davanti al pm bresciano Fabio Salamone, conferma: «Ricordo bene che nel luglio 1992 mi telefonò Borrelli per segnalarmi una notizia riguardante Ligresti e alcuni collegamenti internazionali...Borrelli mi segnalava una vicenda che poteva avere riflessi anche sulla sicurezza dello Stato. Decidemmo insieme di parlarne con il presidente Oscar Luigi Scalfaro, che ci ricevette alla presenza del segretario generale Gaetano Gifuni. Il presidente, dopo aver ascoltato la relazione fatta da Borrelli, si rifiutò in modo quasi risentito di esaminare i documenti...». Di cosa ebbe paura il Presidente della Repubblica? In un volume di memorie, il pm Colombo racconta un dialogo in Procura: «Cosa ne dici, cosa facciamo, ci prospettano che...ci sarebbe il tal Stato che ci vuole aiutare, che ha elementi da darci, basta che noi diamo un segno, che siamo disposti a lavorare con loro... Io sono molto
Cari maurom e acchiappab.
anche a me aveva affascinato questo articolo di Giacalone, sempre una spanna sopra tutti.
Molto interessante anche quello che posti, acchiappabufale.
Me lo stampo e me lo leggo per benino.
Grazie di farci sapere tutto questo.
Luigi (che scrive poco ma che, scommetto come molti altri, vi legge spesso)
Grazie Acchiappa e grazie Luigi.
Le notizie è giusto che vengano date, che siano diffuse e vagliate.
Non abbiamo pregiudizi né preconcetti: chiunque avesse altre versioni da sottoporci è il benvenuto.
Che mani pilite abbia avuto una influenza america non ci sono dubbi.
si rilegga anche quello che rispose Paolo Guzzanti ai suoi lettori l 11 settembre 2009.
http://www.paologuzzanti.it/?p=1051#comments
Sempre Su Di pietro :
intervista a Mario Di Domenico sulla prossima pubblicazione del suo libro "Il colpo allo Stato
http://www.radioradicale.it/scheda/296805?format=32
Tutta la verità su Antonio Di Pietro (Inchiesta) PARTE 1
http://www.youtube.com/watch?v=h-iRpx6nIMY
Tutta la verità su Antonio Di Pietro (Inchiesta) PARTE 2
http://www.youtube.com/watch?v=XEJ_iJUcps4
Alcuni estratti dal blog di Paolo Guzzanti
Gianluca scrive:
Scenario molto interessante caro Paolo. Non mi è chiara una cosa, come pensi gli USA muovano le loro pedine per disarcionarlo?
Ho letto l’ottima premessa che tra l’altro racchiude una notizia scoop, la tua chicchierata con l’ambasciatore Americano e dopo un interessante ipotesi di governo tecnico.
Ci hai informati di quali sono gli scenari che si potranno aprire, che condivido ed aggiungo anche che da qui a 10 anni l’Italia si ritroverà nuovamente frammentata, con il PDL ed il PD verso la scissione ed altre realtà (speriamo la
ns) ad entrare in gioco.
Mi manca il come l’America parteciperà e proverà a condizionare il ns paese.
GUZZ – L’AMERICA quando vuole sa come muoversi. Craxi e Andreotti che hanno creato gravi problemi strategici agli americani, hanno sperimentato la potenza del FBI.
Mani Pulite nasce come operazione FBI (un’operazione, fra l’altro, internazionale nata proprio con il nome “clean hands”) e l’FBI segue con attenzione le vicende di mafia, finanza sporca eccetera.
Sulle escort non c’è neanche bisogno di operazioni tanto complicate.
Gli americani sono anche furibondi con SB perché si spaccia per il mediatore fra Usa e Russia.
Il declino di SB in Usa era cominciato già con Bush, per quante salve di cannone gli sparassero, trattandolo che SB tratta Gheddafi.
Guzzanti, non è che abbia confuso l’ FBI con la CIA?
GUZZ – NO. FBI: è lì che decine di nostri magistrati e poliziotti di alto rango vanno a fare dei debriefings, pubblici e alla luce del sole. Salvo i dossier. Falcone era uno di loro e il suo referente era il procuratore antimafia Rudolph Giuliani: uno che sull’Italia ne sapeva più di tutti.
Gent,mo Guzzanti,
vorrei porle alcune domande che mi sembrano di interesse per noi perche’ riguardano sia la sua posizione politica (vedi l’ufficiale guanto di sfida a Berlusconi) sia l’analisi storica dei tempi.
1) Cosa ne pensa Lei di queste (molto probabili) manovre?
Ovvero, supponiamo fosse stato Lei al governo, come avrebbe cercato di difendere la preferenza accordataLe dagli elettori a fronte di certi attacchi?
2) Come avrebbe gestito Lei i rapporti economici con Gheddafi, in termini anche di immigrazione clandestina?
3) Come vede la figura di R. Murdoch in tutto questo gioco che ci ha appena delineato?
Cordialmente
Gian Luca Mariottini
GUZZ – PENSO CHE BERLUSCONI ha pensato di essere onnipotente, impunibile, il migliore, irresistibile e che si sbaglia. E’ stato imprudente nella vita privata e paga pegno. Ha subordinato l’Italia a uno Stato canaglia, e questo provoca reazioni uguali e contrarie. Io sono per definizione dalla parte degli Stati Uniti, non per definizione dalla parte di Berlusconi. A Sigonella, per intendersi, io stavo con Reagan, non con Craxi. Sono gli Stati Uniti la garanzia della democrazia in Europa e nel mondo (ma più ancora the UK, Londra), mica Forza Italia o il Pd.
I rapporti con Gheddafi sono petroliferi. I clandestini sono un paravento.
Gheddafi ha chiesto e ottenuto una flottiglia militare e noi glie l’abbiamo data facendo finta che è per combattere l’immigrazione clandestina. Non pigliamoci in giro.
Murdoch è l’alibi di Berlusconi e dei berlusconiani per sostenere che tutto ciò che accade di male, e di naturale, a Berlusconi, viene da complotti e vendette.
Falso. Viene dagli errori madornali e veramente autolesionisti di Berlusconi.
sagra3 scrive:
per Simona
“E quando Guzzanti dice anche adesso che se Berlusconi qualcosa di bene lo ha fatto è stato soprattutto quello di contenere la sinistra del durante e dopo mani pulite, secondo voi dove doveva stare, a sinistra?
Doveva stare a sinistra quando di rileggere e riscrivere onestamente il passato ancora non se ne parlava?
A sinistra, dove Vasili Mitrokhin era visto come uno spauracchio e si sbianchettava a più non posso?”
Lo stato italiano ha un debito pubblico di circa 2.000 (duemila) miliardi di Euro.
Oltre la metà lo dobbiamo a quei ladroni parlamentari che ManiPulite cercò di fermare e di mandare in galera.
Il signor Mitrokhin, sul quale volenterose manine possono aver sbianchettato tutto il possibile e l’immaginabile, non riuscirà mai a costarci neanche la millesima parte di quello che si sono allegramente fottuto i Democristiani ed i
Socialisti da cui è stato generato Silvio Berlusconi.
Cum grano salis, please!
Sagra
GUZZ – QUESTA è LA LEGGENDA di Mani Pulite, i buoni, contro una sola banda di corruttori e corrotti di Tangentopoli.
Buona per un cartone animato Disney.
Le do un’altra versione: il debito pubblico italiano è stato ottenuto caricando sullo Stato la spesa di tutte le aziende decotte e improduttive che la CGIL ha impedito – durante il vero e storico compromesso con la DC durato mezzo secolo – che chiudessero per salvaguardare posti di lavoro inutili, improduttivi e costosi. Ha presente l’Efim?
La storiella dei cattivoni del Caf baubau-ati dagli angeli vendicatori del Pool di Mani pulite la vada a raccontare a qualcun altro. Specialmente ai servizi segreti americani – ecco, è contento? Finalmente la CIA !! – che la organizzarono.
Non male neanche questo :
Le foto con l agente americano
Non è solo l'ex segretario di Italia dei Valori Mario Di Domenico a custodire alcune delle foto scattate nella caserma dei carabinieri di Roma il 15 dicembre 1992 con Antonio Di Pietro e Bruno Contrada vicini. Perché proprio l'ex numero tre del Sisde arrestato per mafia nove giorni dopo ne ha trovato sette in un cassetto di casa, a Palermo. E ce n'è pure una in cui di spalle compare l'«americano», Rocco Mario Modiati, l'agente della Kroll Secret Service collegata alla Cia, ancora in servizio all'ambasciata Usa di via Veneto.
Eccolo mentre, tutt'intorno, ufficiali dell'Arma e vertici dei servizi segreti sorridono verso l'obiettivo. A differenza di Di Pietro che, rilassato e quasi divertito, ascolta proprio Modiati, arrivato con una targa del Servizio statunitense per premiare il magistrato più determinato del pool Mani Pulite, quel giorno a Roma con il suo fidato collaboratore dell'Arma, il maggiore Francesco D'Agostino, per la notifica dell'avviso di garanzia a Bettino Craxi.
Contrada sta ai «domiciliari» per ragioni di salute, scontando una condanna definitiva e parla attraverso il suo avvocato catanese Giuseppe Lipera, pronto a mostrare foto «innocenti», come ripete l'ex 007, guardando però le istantanee con amarezza perché dietro il sorriso di quella sera, spiega, c'è la rabbia dell'umiliazione: «Il 7 dicembre mi avevano sospeso dal Sisde ed ero rientrato in polizia...». Lo status di «sospeso» potrebbe acuire le polemiche suscitate dalla pubblicazione delle prime foto sparite dalla circolazione dopo l'arresto dello stesso Contrada e riapparse adesso in vista di un libro d'attacco scritto da Di Domenico contro il suo ex amico Di Pietro.
Il provvedimento di sospensione doveva essere ovviamente noto ai colleghi di Contrada, ai capi dei servizi, certamente a tanti ufficiali riuniti quella sera dal comandante del reparto operativo Tommaso Vitagliano. Tutti stupiti dall'atteggiamento dell'amministrazione, come lo saranno poi al momento dell'arresto, increduli davanti alle accuse di due pentiti contro il collega e il giudice Domenico Signorino, pm al maxi processo, per questo già suicidatosi il 3 dicembre.
Quell'evento drammatico aveva scosso gli apparati, mentre l'Italia, oltre che sul fronte antimafia, accendeva attenzioni internazionali anche per le scosse dell'inchiesta Mani pulite. Un vortice. Montavano tensioni e ansie. Ma quella sera, alla mensa della caserma di via In Selci, è il momento degli auguri. E Contrada, chiamato come Di Pietro pure per il saluto ufficiale al microfono, siede accanto all'ospite d'onore.
«Ma fu tutto casuale» assicura il funzionario. «Io ero seduto accanto a Vitagliano e, quando arrivò, cedetti il mio posto a Di Pietro che mi chiese "Ma lei che grado ha nei carabinieri?". Spiegai di essere un questore. "Allora siamo colleghi", sorrise pensando a quando era poliziotto».
dipietro contrada
E Modiati? «Non saprei se si conoscessero, forse sì, forse no. La targa premio? Non so. Anch'io ho i diplomi firmati George Bush senior. I servizi americani sono molto attenti al nostro lavoro. E in quel caso premiavano le operazioni da noi fatte contro le fabbriche di dollari falsi». Perché Di Pietro? «Io non parlo di quello che non so» ripete a Lipera. «La Cia interessata aMani pulite? I servizi seguono tutte le vicende politiche degli altri Stati. Difficile che fossero distratti sul punto. E' prassi normale. E la Kroll in particolare si occupa di tutela del presidente, protezione del dollaro e attività economiche».
di Felice Cavallaro
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