giovedì 9 dicembre 2010

Trattare di mafia. Davide Giacalone

Si dispiace, il Presidente emerito, Carlo Azelio Ciampi. Dice. “vergogna accusarmi d’avere favorito la mafia”. Ma la colpa è sua, come vedremo, si arrabbi con sé stesso. Rifletta sulle tesi che ha avallato, comprese quelle di quel Massimo Ciancimino che, ora, va di moda considerare inattendibile. Noi, che quelle versioni abbiamo contrastato, e non certo per ragioni di schieramento (ce ne importa meno di niente), noi che abbiamo subito additato le bugie, utilizzando i fatti, la memoria e la logica, adesso invitiamo alla cautela. Perché c’è del vero, in quel che questi delinquenti dicono. C’era del marcio nel modo in cui venivano ascoltati.

Ciampi si duole perché le rivelazioni del suo ministro della Giustizia, Giovanni Conso, stabiliscono che fu il suo governo a rimangiarsi il carcere duro, prima inflitto ai mafiosi (e non solo). Se il nostro fosse un dibattito civile si potrebbe discutere sull’opportunità o meno di revocare l’applicazione del 41 bis (della legge sull’ordinamento penitenziario). Quella norma è emergenziale, ha valore solo temporale e renderla permanente è una tortura. Questa è la mia opinione. Ma il nostro non è un dibattito civile, anche per colpa di Ciampi. Egli ha scritto, in un suo libro (Da Livorno al Quirinale, pagine 149 e 150), che le bombe mafiose erano contro il suo governo e che: “finisce il mio governo, finiscono di esplodere le bombe”. Già, peccato che, come Conso ha raccontato, finiscono i botti perché i mafiosi ottengono quel che vogliono, perché il governo lo concede sapendo che serve ad evitare altre stragi, perché quello è uno dei punti del “papello”. Sicché va riletto anche quel che Ciampi disse al Corriere della Sera (24 giugno corso): “La verità è che la mia presenza a Palazzo Chigi non era gradita a troppa gente. A cominciare dalla mafia”. Sicuro? Quattrocento mafiosi ebbero vantaggi immediati, quattromila furono poi liberati, grazie a una gestione dei pentiti di cui non sappiamo nulla. Fa schifo sentirselo dire, Presidente? Capisco, ma i fatti hanno la testa dura.

Per difendersi dalle accuse Ciampi ricorda che, nel numero di “Vita italiana” dell’aprile 1994, Conso scrisse che non era cambiato nulla, durante i mesi precedenti, circa l’applicazione del 41 bis. Ma da quando ci si difende citando un falso, o un gioco di parole? Perché, delle due l’una: o Conso ha detto il falso adesso, o lo ha scritto nel ’94. O, meglio, si può sostenere che la norma è rimasta invariata, salvo non essere applicata. Però, cribbio, per sedici anni siamo andati avanti con taluni, Ciampi compreso, che volevano mettere il cedimento ai mafiosi in capo a quelli che c’erano prima o che vennero dopo. No, è un falso, un depistaggio, un inquinamento. E’ da venduti al berlusconismo mafioso dirlo? A me pare sia da irresponsabili pretendere che lo si taccia.

Fino a qualche settimana fa si pendeva tutti dalle labbra di Massimo Ciancimino e Gaspare Spatuzza. Erano i testimoni confermanti la trattativa fra mafia e Berlusconi, per il tramite di Dell’Utri e dei Ros dei carabinieri. Poi è capitato che il primo abbia messo in relazione uno spione (presunto) con Gianni Di Gennaro e il secondo sia stato smentito dal suo capo. Da quel momento, per dirla con la scienza e la coscienza di un magistrato itinerante, Antonio Ingroia, sono credibili a seconda dei casi. Come dire che si è casti a seconda di quale sia il partner occasionale cui ci si concede, in quel momento.

Ma Spatuzza è un collaboratore importante, che con la sua testimonianza ha distrutto una sentenza (quella per la strage di via D’Amelio) già passata in giudicato. Ha azzerato il lavoro di decine di magistrati. Lo stesso Ciancimino, aduso al racconto fantasioso, è importante, perché l’interesse a conservare i piccioli lo porta a svelare il modo in cui erano riciclati quelli persi. Vanno usati, non considerati oracoli. Come Giovanni Falcone insegnò. Purtroppo, però, si sono persi quindici anni a dimostrare teoremi, così salvando gli interessi mafiosi.

Non si è indagato, si è divinato. E lo si è fatto perché la tesi politica era già stata confezionata da Luciano Violante, vero demiurgo di una stagione che si dovrà scandagliare nel dettaglio, per liberarci dalle bendature che seppe imporre. La morte di Falcone spianò la strada a Oscar Luigi Scalfaro, ma si volle sostenere che era diretta contro gli avversari del morto. La mafia contribuì alla fine di un sistema politico, ma si pretende di far credere che uccise per favorirlo. Le bombe trovarono risposta in un provvedimento governativo, ma si sostenne che servivano a favorire il governo successivo. E ora che i conti non tornano, neanche a cannonate, si suggerisce che i pentiti non sono credibili e i teoremi da abbandonare? Certo, d’accordo, seppelliamoli tutti. Ma non siano i loro sostenitori di ieri a prendere di darci lezioni oggi. Noi vedemmo giusto, loro no. E, in queste materie, chi molto ha sbagliato non sarà in vantaggio per il regno dei cieli, ma in prima fila fra i manigoldi, o fra i beoti.

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