Egregio signor presidente del Consiglio,
a guardarla dal mio punto di vista la nostra distanza non potrebbe essere maggiore.
Le nostre vite, innanzi tutto. Lei è un anziano e ricchissimo signore, molto giovanile peraltro, che ha deciso di impegnarsi in politica dopo una lunga vita passata a fare l’imprenditore. Io sono un uomo di poco più di cinquant’anni, sbarco dignitosamente il lunario e scrivo storie che talvolta mi pubblicano.
Ma a distinguerci ulteriormente c’è l’appartenenza politica, l’insieme di valori che nonostante tutto, ancora mi consentono di definirmi di sinistra. Lei, invece, è il campione del moderatismo, del conservatorismo e, nei fatti, della sudditanza dello Stato alla Chiesa.
Ma non solo. Lei è un pragmatico che non ha esitato ad allacciare alleanze con una forza che basa il proprio successo elettorale sul razzismo che si annida in molti allo stesso modo in cui ha intessuto alleanze strategiche con coloro che, almeno all’epoca, erano dichiaratamente i nuovi aedi del vecchio fascismo. Infatti Le è del tutto sconosciuta l’esistenza di una qualsiasi pregiudiziale che Le impedisca di ampliare la Sua compagine.
Per me, invece, certi valori sono irrinunciabili e davvero pregiudiziali: l’antifascismo e l’accoglienza di tutti gli uomini indistintamente, per fare solo due esempi.
Eppure, come si fa con gli avversari più valorosi, mi sento di esprimerle la più sincera solidarietà per l’attacco più recente che Le stanno riservando.
Certo è una solidarietà interessata, in quanto sono convinto che una magistratura onnipotente e non-responsabile sia un pericolo per tutti e quindi, nel difendere Lei dal violento attacco a cui è sottoposto, difendo anche la presunzione di innocenza dell’ultimo dei rom, ed, eventualmente, anche la mia. Ma non è solo questo. La mia educazione e la mia cultura (poca o tanta esse siano) mi impongono, già a partire dal punto di vista etico, di distinguermi dal morbo giustizialista che alimenta la canea di tricoteuses per niente disinteressate che in questo momento cercano di assassinarla moralmente prima ancora che politicamente, cercando al contempo di negare la responsabilità – che pure può esistere – di spingere l’antagonismo nei suoi confronti fino a livelli che potrebbero essere incontrollabili.
Non le voglio nascondere che saluterei con entusiasmo il giorno che La vedesse battuto per mezzo di un programma politico chiaro e con un’identità forte e definita, che senza infingimenti e tatticismi dichiarasse i propri obbiettivi e non pretendesse di accontentare tutti. Peraltro, non mi risulta che Lei sia diventato presidente del Consiglio con un golpe, e quindi quel giorno anche la stima verso i miei conterranei aumenterebbe sensibilmente. Auspico una sua sconfitta politica, quindi, per mezzo degli strumenti democratici che la Costituzione ci ha riservato, ma per nessuna ragione al mondo sono disposto ad accettare il “regalo” della sua testa da una magistratura che da vent’anni sgomita per occupare un posto che non le è proprio, quello della politica.
E mi indigna ed imbarazza constatare come siano il vuoto di proposta politica e l’assenza di strategia le falle che si vogliono colmare mediante l’adesione acritica e immediata alle tesi colpevoliste della magistratura inquirente. Divise su tutto, le forze di opposizione trovano un elemento di convergenza solo nella lotta senza quartiere a Silvio Berlusconi: come strategia per cambiare l’Italia mi sembra davvero un po’ modesta. Lei, caro Presidente, in fondo non è così pericoloso da giustificare la nascita di un nuovo Cln che, se proprio dovesse formarsi, a mio parere dovrebbe nascere per contrastare quella parte di magistratura spesso chiassosa, esibizionista ed incurante delle libertà individuali e dei diritti civili.
Mi piacerebbe che in questo momento i politici che costituiscono il riferimento delle forze d’opposizione facessero come Bartali con Coppi (se la ricorda la storica foto?), e le passassero la borraccia con l’acqua per permetterLe di proseguire quella corsa in cui, non di meno, tutti noi dovremmo impegnarci al massimo per batterLa non accettando mai, nel contempo, che fosse altro se non il nostro fiato, la nostra resistenza e le nostre gambe a battere le sue.
E allora, anche guardandola dal mio punto di vista, vedo che sul muro che ci divide, edificato da idee salde e forse eretiche, passa un ponte che sovrasta tutto e in un qualche modo ci mette in collegamento. E’ un ponte che sembra addirittura illuminato se confrontato con le nuvole grigie che attraversa, nuvole indistinte gonfie d’ipocrisia e di conformismo, di moralismo. Questo ponte possiede un nome: si chiama civiltà. Speriamo siano sempre di più coloro che, notandolo, scelgano di percorrerlo.
Distinti saluti
Roberto Bianchi – Brescia
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4 commenti:
Mioddio che bella lettera. Sono commosso !!!!!
Maurom, non potresti evitare di postare stronzate del genere ?
sì, commuove anche me.
L'odio per i comunisti li spinge a pubblicarne uno scritto? ah, oddio, non mi ero accorta che era proBerlusca, ma bada un po'!
Ma non presoccuparti anonimo di sopra, adesso ci posta Bendetto Croce e si sente più tranquillo!
vero amico? ;-)
Non siamo amici .
Se tu deridi e ignori gli scritti di Croce dimostri un ignoranza abissale : non voglio nè dialogare nè avere niente a che fare con te .
Non potreste evitare voi di venire qui a dire stronzate??
stronzata più stronzata meno!
tra l'altro non mi pare di deridere Croce, anzi, è che non hai altra risposta che pubblicarne stralci. Solo quello!
Ma ti capisco, non ci sono parole per chi difende qualcuno a suo scapito.
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