mercoledì 23 febbraio 2011

La sinistra ha molto trattato con Gheddafi (la differenza sta nei risultati). Carlo Panella

Il carattere quantomeno ufficioso dell’agenzia Ansa dirime ogni equivoco su chi, tra centrodestra e centrosinistra, abbia titoli per vantare la primogenitura dei rapporti d’amicizia e d’affari fra l’Italia e il rais libico, Muammar Gheddafi. Il titolo di un lancio del 2 dicembre 1999 è chiaro: “Italia-Libia: Gheddafi, rapporti migliori con Ulivo al governo”. Il concetto è ribadito in tutto il testo: “I rapporti tra Italia e Libia si sono ‘consolidati’ da quando l’Ulivo è al governo. Il leader libico si è detto ‘molto soddisfatto’ del suo colloquio di oggi con D’Alema e ha affermato che ora i rapporti tra i due paesi sono ‘amichevoli’. ‘Questi rapporti sono migliorati grazie all’Ulivo e alla direzione del nostro amico D’Alema. Lo stesso incontro è stato possibile perché l’Ulivo è andato al governo’, ha ripetuto”. L’entusiasmo e la gratitudine mostrati allora da Gheddafi sono comprensibili. Massimo D’Alema è stato il primo premier europeo a visitare la Libia da quando l’Onu, nel ’92, stabilì le sanzioni per l’attentato di Lockerbie, le stesse poi revocate nell’aprile ’99. Questo record – che in diplomazia pesa – non è casuale. E non è neppure merito di D’Alema. Si deve, invece, a Romano Prodi: il 21 ottobre del ’96, dopo un incontro con Hosni Mubarak, Prodi mostrò apprezzamento per le parole del presidente egiziano sui “cambiamenti della politica di Gheddafi”, e salutò quel processo come un “punto di riferimento importante per la politica estera”.

Il 9 luglio del 1998, in piena fase di sanzioni Onu, Lamberto Dini firmò un primo trattato con la Libia, che fu lungamente discusso con Gheddafi. Quel trattato, dissero allora all’Ulivo, si basava sulla constatazione che “direttamente o indirettamente, Tripoli da tempo non è più coinvolta in atti di terrorismo”. Era un’affermazione avventata – come dimostrerà il Sismi nel 2003 – che però fece da prologo al viaggio di D’Alema del ’99 e alle numerose telefonate fra Gheddafi e Prodi, salito nel frattempo alla guida della Commissione europea.

Dopo i loro scambi, i quotidiani europei cominciarano a parlare di un possibile invito a Bruxelles per il leader libico. Le critiche costrinsero Prodi a ritirare l’invito e costarono al politico italiano un velenoso ritratto del Times. “Prodi sprizza idee in tutte le direzioni – scrissero i britannici – Se non si è ancora dimostrato un leader energico e dotato di una visione, è perché il signor Prodi è ostacolato dalla sua imperfetta padronanza dell’inglese e del francese, da un servizio stampa erratico e dal suo stile schivo”. Naturalmente, Gheddafi si dichiarò “indignato per la decisione di non essere ricevuto”, e lo stesso Prodi comprese di dovere mettere a punto un nuovo dossier sulla Libia.
La prima fase dei rapporti del centrosinistra con Gheddafi finì lì, con molta fiducia mal riposta e un sostanziale nulla di fatto. Ma nell’autunno del 2003 accadde un evento che modificò completamente la posizione della Libia e le sue relazioni con l’Italia. Il Sismi di Nicolò Pollari, in un’azione congiunta con il Mukhabarat egiziano e con il supporto esterno della Cia, scoprì una nave carica di armi di distruzione di massa diretta in Libia. Il dossier era gestito dagli stessi agenti coinvolti nel caso Abu Omar, quelli che la procura di Milano ha mandato sotto processo e ha fatto condannare. La nave provava che la fiducia concessa a Gheddafi dai governi dell’Ulivo era cieca e immotivata. Silvio Berlusconi, in accordo con George W. Bush, lavorò a una complessa trattativa che obbligò Gheddafi ad abbandonare le armi di distruzione di massa. Per questo, il Cav. fu ringraziato pubblicamente da Bush.

All’annuncio del Colonnello seguì il primo viaggio di Berlusconi a Tripoli del 2 ottobre del 2004, quando furono poste le basi per il trattato definitivo di amicizia. Nel 2006, appena tornato al governo da ministro degli Esteri, Massimo D’Alema tentò di capitalizzare il lavoro svolto dal centrodestra. Ma fallì, come ben comprese il diplomatico italiano che, il 10 novembre del 2007, vide allibito il leader libico alzarsi e allontanarsi senza neanche salutare mentre ancora D’Alema parlava. Quello fu il loro ultimo incontro ufficiale. Si tratta di un episodio noto soltanto a pochi, che però spiega perché, nell’estate del 2009, D’Alema decise di fare un’inusuale anticamera davanti alla tenda di Gheddafi a villa Pamphili, dopo che questi aveva disdetto un incontro a Montecitorio. (il Foglio)

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Libia, vescovo Tripoli: Tutto tranquillo e abbastanza normale
Morti e bombardamenti? “Ne hanno dette di stupidaggini i mass media”. Gheddafi? “Non si può lasciare il paese allo sbaraglio”

Roma, 22 feb (Il Velino) - “Oggi è una bellissima giornata di sole e non si vede nulla che possa turbare la vita del paese. Questa mattina sono uscito, ho girato per la città, e mi sembra ci sia una certa normalità di vita. ...



QUANTE BALLE STANNO RACCONTANDO LA LIBERA E DEMOCRATICA STAMPA OCCIDENTALE :
RICORDIAMOCI DEI FALSI STORICI TIPO I FINTI MASSACRI DI TIMOSOARA , ALLA SERBIA E ALL IRAQ E GUARDIAMO BENE CHI LAVORA DIETRO LE QUINTE.

Anonimo ha detto...

AFRICA/LIBIA - “Il centro di Tripoli è calmo, gli scontri sono in periferia e nell’est del Paese” dice a Fides il Vicario Apostolico

Tripoli (Agenzia Fides) - “La situazione è abbastanza tranquilla perché al mattino non vi sono movimenti particolari, in genere gli scontri avvengono di notte, quando si sentono da lontano gli echi delle sparatorie” dice all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vicario Apostolico di Tripoli, in Libia. “Siamo un po’ distanti perché ci troviamo nei pressi del centro di Tripoli, dove la situazione è calma, e da dove non sentiamo molto di quello che accade in periferia. Però dall’insieme mi sembra che oggi la situazione sia più serena, almeno attorno alla nostra chiesa non vi sono particolari segni di turbolenza. Abbiamo sentito che i mezzi di comunicazione hanno riferito di attacchi aerei, ma questo avviene al di fuori di Tripoli, per lo meno non nel centro della capitale. Nella periferia sembra che certi gruppi vogliano penetrare in città, ed è qui che avvengono gli scontri”.
Circa i movimenti aerei al di sopra della città, Mons. Martinelli nota: “ieri ci sono stati dei movimenti aerei, però lo ripeto, io da qui non sento niente. Ho sentito solo degli spari in lontananza, ma più di questo non posso dire. Mi hanno riferito che in periferia vi sono stati movimenti aerei e degli spari, ma non so dire cosa sia successo”.
Dal punto di vista sociale Mons. Martinelli, dice che “Tripoli si sta svuotando dei cittadini stranieri, a partire dalle famiglie dei lavoratori europei. Ormai non ci sono più né donne né bambini europei. La comunità cattolica è composta da stranieri, europei e asiatici. Buona parte degli europei è già partita. Resteranno i filippini, in particolare le infermiere filippine, e gli africani clandestini, che sono quelli che hanno più necessità di assistenza”.
Circa l’evoluzione della crisi, Mons. Martinelli afferma: “Dopo il discorso di ieri sera (22 febbraio), mi sembra che Gheddafi non abbia nessuna intenzione di cedere e che si senta abbastanza forte. Ha richiamato all’unità ed alla pace e ha criticato coloro che si solo lasciati trascinare dalle ‘turbolenze fondamentaliste’. Sono convinto che ci siano tante persone che vogliono la pace al di là di tutto e delle divisioni politiche. La gente vuole la serenità, perché prima delle violenze tutto sommato si stava tranquilli. Da un momento all’altro è scoppiata questa situazione che ci ha un po’ sorpresi perché l’ambiente era abbastanza tranquillo, a parte alcuni gruppi che si agitavano nell’est della Libia. Lì forse si è già creata una situazione direi quasi instabile. A Tripoli la situazione appare invece più sotto controllo”.
“Per quel che riguarda la Chiesa - continua il Vicario Apostolico di Tripoli - non abbiamo avuto il minimo disturbo, anzi abbiamo avuto dei segni di solidarietà da parte dei libici sia nei confronti delle suore sia nei confronti dei cristiani, come le infermiere filippine, che vivono al servizio totale degli ospedali locali”.
Infine, circa la situazione in cui vivono le suore che operano nella Cirenaica, Mons. Martinelli afferma: “Mi hanno detto che non desiderano essere contattate, per ovvi motivi, ma anche perché sono prese dal lavoro. Sono stanche anche per quello che capita. Il loro unico momento di pausa è alla sera tardi, quando finiscono il lavoro. Siamo comunque in contatto continuo con loro. I loro superiori sono preoccupati per la situazione. Abbiamo dato indicazioni per cui se una suora è stanca fisicamente e psicologicamente possa tranquillamente lasciare il Paese per un periodo di riposo. Qui da Tripoli probabilmente partirà un gruppo di suore che si interessano degli immigrati, perché al momento non c’è molto lavoro, in quanto, in questa situazione, è molto delicato operare”. (L.M.) (Agenzia Fides 23/2/2011)

Anonimo ha detto...

subito i servi del premier a scrivere fiumi di parole per far vedere quanto prodi assomigliasse al nano: e cosa vorreste dimostrare che sono tutti uguali?
leccaculo di Gheddafi a sinistra e destra? bene e ora?
ora vi siete accorti di quanto i politici siano pavidi senza palle?
meglio tardi che mai

ma la domanda mi sorge spontanea...ma non era il nano che si vantava di essere diverso, migliore di tutti i predecessori, l'unto dal signore...che cazzone americano

Anonimo ha detto...

QUANTE BALLE STANNO RACCONTANDO :

La "famigerate" fosse comuni non esistono :
Si tratta infatti del noto cimitero di Sidi Hamed, che si trova in prossimità della spiaggia vicino al quartiere residenziale di Gargaresh, a Tripoli.

FESSI COMUNI

http://blogghete.altervista.org/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=780:gianluca-freda&catid=39:bufale&Itemid=44

Anonimo ha detto...

LIBIA. Del Boca: «Fosse comuni? Ho molti dubbi»


Le perplessità dello storico del colonialismo italiano

«Su quelle tombe ho molti dubbi». Angelo Del Boca, massimo storico del colonialismo italiano ed esperto di Libia, è scettico sulle immagini pubblicate da molti quotidiani di tombe con la didascalia “fosse comuni a Tripoli”, tratte dal video pubblicato su One day on earth. «Innanzitutto è evidente anche dalle immagini che non si tratta di fosse comuni. Il luogo poi non è la spiaggia ma il cimitero di Tripoli perché si vedono un minareto e varie case che sono le ultime abitazioni della città, proprio dove comincia il cimitero».

Secondo del Boca sono gonfiate anche le cifre sulle vittime: «Non si può parlare di 10mila morti e 50mila feriti. Ma scherziamo? 50mila feriti non ci stanno in tutti gli ospedali del Medioriente. Sono cifre false e tendenziose».

Ma chi ha interesse a gonfiare le cifre? «Chi le ha riferite, cioè questo Sayed al Shanuka, componente libico della Corte penale internazionale, mi sembra una persona per bene» risponde Del Boca a Vita.it. «Ma al Shanuka non sta in Libia, se ne sta tranquillamente negli Stati Uniti». Secondo alcuni esperti, ci sarebbero alcuni libici della diaspora dietro questa valutazione esagerata del numero delle vittime, anche se resta il fatto che sono state massacrate a sangue freddo centinaia di persone in questi giorni.«Ci sono tre gruppi forti di emigrati dalla Libia, a Ginevra a Londra e negli Stati Uniti, sono i tre gruppi più importanti» afferma Del Boca. «Il problema però non sono i libici della diaspora ma i tanti giornali che prendono queste cifre per buone, sparandole una dopo l’altra senza nessun riscontro».

Del Boca riceve telefonate quotidiane dalla Libia, dove è stato molte volte, anche per intervistare Gheddafi. «Stamattina un caro amico da Tripoli me l’ha confermato: i morti sono tanti, probabilmente un migliaio. Non i 10mila che i giornalii hano scritto. Ciò non toglie che sia in corso un massacro». E i mercenari? Lo stesso Gheddafi ha parlato di 30mila soldati. «Saranno due-tremila».

Lo storico italiano racconta a Vita.it una notizia che ha ricevuto per telefono oggi da un testimone oculare: «Questa mattina a Zavia, che è una città di circa centomila abitanti a una quarantina di chilometri da Tripoli c’era una piccola folla di persone, tutti civili, riunita a discutere sul da farsi. Il mio contatto lì mi ha raccontato che all’improvviso sono arrivati una trentina di camionette di libici favorevoli a Gheddafi, molto probabilmente mercenari, e si sono messi a sparare senza dire una parola sulla popolazione facendo 60 morti. Nel giro di poco tempo la popolazione è riuscita a riorganizzarsi e a cacciare i mercenari e anche a fare alcuni prigionieri. Questo è quello che è accaduto stamattina a Zavia, circa alle ore 9.30-10».

Del Boca non crede alle tesi complottiste secondo le quali ci sarebbe la Cia dietro la rivolta in Libia. «So che un ruolo importante l’ha avuto la borghesia libica, che è stata bistrattata da Gheddafi». Il dittatore libico, prevede, ha i giorni contatti: «Fra tre-quattro giorni non ci sarà più». Secondo le informazioni a disposizione dello storico le “tribù della montagna”, ovvero quelle di Rogeban, Zintan, Warfalla e Tahruna, stanziate nella catena montuosa 150 chilometri a sud di Tripoli si starebbero preparando per l’attacco finale all'ultima roccaforte di Gheddafi nella caserma di Bab al Aziziya, in un sobborgo meridionale della capitale libica.

Anonimo ha detto...

GOVERNO: "FOSSE COMUNI? UN FALSO" «Le fosse comuni? Un falso di Al Jazira». Il funzionario del governo libico che accompagna l'inviato dell'Ansa al cimitero di Shat (spiaggia, in arabo) vuole fugare ogni dubbio. «Si tratta - spiega - di tombe scavate nella sabbia, rinforzate con mattoni e infine chiuse col cemento. Vede la cupola della moschea di Tajoura? È quella che compare nelle foto delle presunte fosse comuni comparse sui giornali di mezzo mondo: un falso clamoroso, uno dei tanti delle tv satellitari arabe». Effettivamente il cimitero sorge sulla spiaggia vicino alla moschea ritratta nelle foto pubblicate alcuni giorni fa sul sito Onedayonearth e poi riprese dai media internazionali. Nel cimitero sono vi sono ancora alcune tombe vuote in riva al mare, come quelle che si vedono nelle foto. «Si tratta di un vecchio cimitero: ogni 40 o 50 anni le vecchie tombe vengono ricoperte di sabbia e se ne scavano di nuove perchè serve spazio: molti abitanti di Tripoli vogliono essere sepolti qui», spiega il funzionario.

Anonimo ha detto...

Vengo da Tripoli e vi dico che i giornali raccontano un sacco di menzogne

Egregio Direttore
Mi chiamo Paolo Pazzini vivo a Tripoli e sono appena rimpatriato ieri, 24 febbraio.
La nostra azienda ha dei contratti in Libia per questo vivo li, nel centro di Tripoli. Vorrei confortare le dichiarazione dell'Ambasciatore Italiano Schioppa: a Tripoli la situazione è calma, fino a ieri tutti lavoravano, e i bombardamenti sulla folla sono propaganda pura, come propaganda pura sono le fosse comuni. Infatti il cimitero di Tripoli sorge sul mare e le foto fatte vedere da giornali, e non, italiani («Repubblica» etc..) sono foto di normali sepolture in quel cimitero.
I giornali italiani ed in genere occidentali stanno raccontando una marea di menzogne mirate con l'appoggio di elementi libici che vivono all'estero cacciati dal Paese. Le faccio presente che io stesso lavorando con i militari, le assicuro che non un solo reparto dell'Esercito, né della Marina, né dell'Aviazione si sono ancora mossi.
Ci sono combattimenti nella zona di Bengasi ed in altre città dell'est tra la Polizia Libica (non le forze armate quindi) e le bande armate. Le due navi che, dicono, avrebbero disertato sono una menzogna e propaganda pura. É stato smentito anche dalle forze Amate maltesi, («Times» di Malta): nessuna nave militare libica è approdata a Malta. Ci sono state diserzioni di solo due aerei i cui piloti hanno approfittato della giusta occasione per espatriare all'estero chiedendo asilo, ma nulla a che vedere con diserzione delle Forze Armate.
La rivolta è iniziata da Bengasi mi hanno spiegato i militari, perché è stata fatta da egiziani, armati sino ai denti, entrati in Libia illegalmente che hanno preso il potere a Bengasi con l'appoggio di elementi libici dell'opposizione. Sono state fermate carovane di auto nella zona di Tripoli, cariche di egiziani e colme di armamento ed esplosivo di fabbricazione occidentale. E queste bande armate egiziane, sono state finanziate non si sa da chi.
Teniamo presente che con la propaganda che stanno facendo in giro per il mondo (con l'appoggio della opposizione italiana che lo fa per avere vantaggi elettorali interni, e perdite enormi per il sitema Italia) il gioco è chiaro, cioè togliere la Libia all'Italia, quindi a Eni, Impregilo, Finmeccanica e migliaia di altre aziende, (parliamo di contratti in corso per miliardi di Euro) per accaparrarsi il petrolio libico, le infrastrutture, e la posizione strategica.
Infatti, oggi, inglesi, francesi, americani, tedeschi, etc...etc... stanno già parlando di inviare «navi militari» per «aiuti umanitari», quindi installarsi nel Paese militarmente.
Il gioco è chiaro.
Fortunatamente Frattini sta cercando di tenere, dichiarando che ogni intervento deve essere fatto dall'Onu (quindi dopo aver acquisito prove, dimostrabili) e non unilateralmente da Nato, Usa, Francia, o Inghilterra.
La saluto cordialmente
Paolo Pazzini