Compagne e compagni, sulla riforma della giustizia non tiratevi indietro!
Le preoccupazioni che vi abbiamo illustrato nell’appello garantista si sono purtroppo drammaticamente confermate. Siamo in presenza di una ulteriore degenerazione del quadro politico, in chiave illiberale, conservatrice, giustizialista e mediatica: perciò se si discuterà davvero di giustizia, non tiratevi indietro.
La riforma della giustizia è urgentissima. E deve essere una riforma garantista perché il nostro sta diventando il Paese meno garantista d’Occidente. E il potere della magistratura sta diventando squilibrato rispetto agli altri poteri.
Che cosa vuol dire garantista? Tre cose: primo, aumento delle procedure di garanzia per gli imputati (per esempio separazione delle carriere, responsabilità civile dei giudici, riduzione delle intercettazioni e della loro diffusione); secondo, riduzione delle pene; terzo, depenalizzazione dei reati minori. La scelta garantista può essere solo antirepressiva, e su questo la sinistra deve essere protagonista di una grande battaglia, care compagne e cari compagni, perché sono temi nostri e dobbiamo imporli a una destra che non li ama. Questo è il momento buono.
Non diciamo che, con Berlusconi al governo, non se ne deve parlare. Perché così si perde una grande occasione e si legittima l’uso personale e partigiano del tema della giustizia. Invece sono milioni i cittadini e le imprese che hanno a che fare con i tribunali. Se si sostiene a priori che con una parte non si deve parlare, si avvallano i teoremi contrapposti: tutti i magistrati sono di parte, tutti i politici (della parte avversa) sono corrotti.
Non diciamo che “non è il momento perché la magistratura è in prima fila nella lotta alla corruzione”. La magistratura non è una forza di combattimento. Non deve esserlo. I magistrati sono diversi tra loro, nei comportamenti, nell’esercizio della professione e nei loro interessi materiali. Le loro opinioni vanno certo ascoltate, come quelle di tutti i gruppi professionali o sociali. I loro rappresentanti, però, non possono pretendere di piegare l’interesse generale ai loro fini. Non possono ignorare i problemi dei cittadini sottoposti ad una giustizia lenta, costosa, inconcludente e condizionata da logiche mediatiche. Non può più accadere che un magistrato celandosi dietro l’obbligatorietà dell’azione penale scelga a chi, come e con quanto impegno dedicarsi, e come coinvolgere i media, secondo logiche personali e irresponsabili. Lo diciamo prima di tutto a difesa della magistratura, della sua insostituibile funzione, della sua efficacia e della sua autorevolezza.
Carriere limpide e non intercambiabili tra chi formula l’accusa e chi giudica e per questi dev’essere super partes ed equidistante tra accusa e difesa; forme di rappresentanza, di governo e di responsabilità civile eguali e compatibili con quelle di tutti i cittadini e finalmente estranee ad ogni logica di casta; durata dei processi; certezza e correttezza nei procedimenti di indagine, compresa la riservatezza e la non strumentalizzazione dei materiali raccolti; l’uso appropriato e certo delle intercettazioni; un ricorso davvero limitato alle necessità reali dei provvedimenti di restrizione della libertà prima dei processi; la corrispondenza dei risultati all’impegno e al talento dei giudici: sono tutti argomenti che la sinistra e le forze democratiche hanno messo più volte all’ordine del giorno, in singole proposte di legge e avviando un dialogo con le altre forze politiche.
Del resto le proposte messe sul piatto dall’attuale titolare della Giustizia, il ministro Alfano, non sono così lontane dalla bozza Boato approvata da tutti (tranne Rifondazione) ai tempi della Bicamerale. Ma da allora non si è fatto nulla. La giustizia dovrebbe essere la chiave per l’affidabilità e il funzionamento corretto del Paese. Invece è terreno di contrapposizioni esclusive e aprioristiche che paralizzano tutto e tutti. In questo modo la politica è consegnata all’esito dei processi, a loro volta anticipati nel massacro mediatico, mentre il destino di intere aree del Paese è affidato alle misure militari contro il sistema criminale. Tra le ragioni dei mancati investimenti nel nostro Paese non c’è la criminalità, ma il cattivo funzionamento della giustizia. Lo scontro politico si è ridotto ad una faida tra le armate del crimine e quelle della giustizia, tra i crociati dell’etica e gli anticristi della corruzione e della prostituzione diffusa.
L’assenza di una seria riforma della giustizia è una responsabilità di lunga data, reiterata dai governi di centrodestra nonostante le ricorrenti petizioni di principio. E’ però una necessità sociale ed istituzionale, una condizione per ripristinare il terreno della politica vera. Facciamola nostra. Non lasciamo alibi a nessuno, non consentiamo che l’occasione si disperda. Non blocchiamo il confronto, e lavoriamo semmai perché si discuta di contenuti, finalità e indirizzi dei provvedimenti chiamando il Parlamento a far bene e al più presto.
Massimo Micucci
Fabrizio Rondolino
Piero Sansonetti
Claudio Velardi
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1 commento:
riduzione delle pene, depenalizzazione dei reati minori
ma stanno male o cosa? finitela di bucarvi nelle vene
già oggi non va nessuno in carcere e volete ridurre le pene
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