Quando si regredisce occorre rimboccarsi le maniche e, fra le altre cose, lavorare più numerosi e per più tempo. Meno ozio e più negozio. L’Italia reagisce alla recessione portando al lavoro meno persone, che lavorano per meno ore. Inutile chiedersi come andrà a finire. L’Istat ha aggiornato i dati sulla disoccupazione e qualcuno s’è messo le mani nei capelli per quel durissimo 10,5%. Tranquilli, è un dato tarocco. La media della disoccupazione, in Europa, e dell’11,3. Cercavamo di spiegare, anche al precedente governo, vaneggiante, che quella italiana è assai più alta, perché ai disoccupati ufficiali si devono sommare quelli che non lavorano ma prendono i soldi (cassa integrazione) e quelli che non risultano nelle statistiche perché il lavoro non lo cercano o non lo cercano con i canali ufficiali. Inutile, allora, allarmarsi per un dato che rimpicciolisce il problema. Un dato che piace a tutti i governi, per fare confronti fasulli.
La crisi brucia posti di lavoro, non andando a lavorare i cittadini non producono e non ottengono reddito, non avendolo non spendono e non spendendo accrescono la crisi. E’ un cane che non solo si morde la coda, ma si mangia direttamente le chiappe. Rompere il maleficio si può, a patto di attenersi alla realtà, incenerire gli ideologismi fessi, bandire il moralismo e smontare il satanismo fiscale. Ecco due dati che devono far riflettere: a. l’Eurispes osserva la distanza fra i redditi dichiarati e i consumi reali, segnalando una differenza originata da mercato sommerso, che si allarga mano a mano che si va verso sud; b. non solo tale differenza si vede ad occhio nudo, ma se si gira per le zone a più alta disoccupazione, cominciando dalla Sicilia, si trovano numerosi punti (ad esempio MoneyGram) utili per trasferire denaro all’estero. Ma se non c’è lavoro e si diffonde la povertà, cosa diavolo si trasferisce? Sono sportelli usati dagli immigrati, che se non sono clandestini comunque lavorano in nero o in grigio (parte regolarizzati e parte no), producendo ricchezza, vivendone e spedendone parte alle loro famiglie. A questo punto il moralismo imporrebbe d’insorgere e proclamare la guerra santa contro l’evasione fiscale e restituire il maltolto al saggio esattore. Tutti fingono di applaudire, in un tripudio d’ottusa ipocrisia, ma questa è la ricetta perfetta per distruggere ricchezza e consegnarne quel che avanza a chi non la farà fruttare.
Invece abbiamo bisogno di creare lavoro, quindi dobbiamo smetterla di pensare che le garanzie stiano tutte nella legge e nei limiti che si pongono all’imprenditore, perché le opportunità stanno nel mercato, nella sua crescita e capacità di dare lavoro. Fin quando penseremo che le imprese sono un succedaneo dello stato sociale, incaricate non di produrre ricchezza, ma di assicurare sicurezza ai propri lavoratori, produrremo solo miseria, fallimenti e licenziamenti. Questo i lavoratori lo sanno meglio delle loro rappresentanze sindacali e politiche (ammesso che esistano), e lo hanno dimostrato. Fin quando prenderemo i percettori di reddito e ne faremo dei produttori di gettito fiscale, anziché dei consumatori liberi e dei risparmiatori responsabili, otterremo solo il diffondersi della paura e della sfiducia.
Se a queste pratiche lungimiranti associamo anche una riforma del lavoro che rende più difficile l’ingresso di nuovi assunti, nel mentre il medesimo governo scambia la sopravvivenza di una miniera improduttiva con la tutela degli interessi di chi ci lavora, prolungando l’allucinazione secondo cui i soldi che servono a perdere soldi possano assicurare benessere a chicchessia, oppure s’inventa le società con capitale sociale di un solo euro, salvo imporre oneri trecento volte superiori e, naturalmente, senza che vi sia una sola possibilità al mondo che quelle false imprese trovino credito, il tutto fissando in legge che si è giovani fino a 35 anni, mancando solo che si mandi alla scuola dell’obbligo fino a 30 (così si creano altri posti improduttivi per analfabeti cattedratici), se facciamo cose di questo tipo allora sì che il futuro si presenta rosero. Ma solo per quelli che sono così sciocchi da crederci, o hanno la faccia così tosta da sostenere roba di questo tipo.
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