mercoledì 19 settembre 2012

L'Occidente in ginocchio e in silenzio. Soud Sbai

 

Mai come oggi l’Occidente è sulle ginocchia. I fatti di questi giorni hanno reso ormai chiaro che l’estremismo ha in pugno l’Occidente e che il peggio deve ancora venire. Proseguono da giorni i moti di protesta contro il film giudicato blasfemo, una pellicola becera che sa di retrobottega dei sobborghi del cinema. Peraltro, mi piace far notare, la pellicola non è mai stata vista finora in versione integrale e probabilmente mai verrà vista. Qualcuno ne mette anche in dubbio l’esistenza se non in quegli spezzoni su Youtube. Ma la rivolta armata, che ha portato all’occupazione violenta delle ambasciate in tutto il mondo arabo e non, fa rabbrividire chi conosce le conseguenze di questi gesti.

La morte di Chris Stevens a Bengasi, la cui dinamica agghiacciante è stata chiarita nei giorni successivi, è stato solo l’inizio di un percorso di piegamento delle gambe dell’Occidente, giù fino a toccare con il mento a terra. Fino a quando non riesce a vedere che la punta dei piedi di chi oggi sta per sferrargli il colpo finale al volto. Cosa ci sia dietro a quelle manifestazioni, a quei tafferugli, a quella violenza cieca se lo sono chiesto in molti, perfino gli arabi moderati, ma la domanda ha in sé la risposta: l’Occidente e gli Usa hanno armato coloro che vogliono conquistarli. La Primavera araba è il più grande inganno che alcuni gruppi di potere abbiano mai ordito nei confronti dell’umanità. La vittoria, tranne alcune eccezioni, ha arriso all’estremismo che oggi si spinge verso l’ultimo obiettivo sensibile da abbattere: la Siria di Assad, che altro non ha fatto se non difendere il Paese da integralisti e terroristi i cui video di violenza e di odio hanno fatto il giro del mondo. Una riflessione: perché l’Europa ha interrotto i rapporti diplomatici con la Siria, non avendo con essa alcun motivo di contendere, mentre con la Libia, ad esempio, quando si è consumato l’omicidio dell’ambasciatore Stevens, ancora si va d’amore e d’accordo? Oppure con il Sudan, dove l’ambasciata tedesca è stata assaltata e incendiata? O con la Tunisia, dove l’attentato all’Ambasciata Usa è stato sventato all’ultimo istante? Perché a qualcuno si vuol far pagare la difesa del proprio suolo e a qualcun altro si perdona l’uccisione di un proprio diplomatico, peraltro in regime di extraterritorialità, in un assalto al proprio territorio? Questo credo basti a descrivere l’atteggiamento connivente e suicida dell’Occidente tutto di fronte alle sommosse, che non reagisce ma addirittura chiude le ambasciate e scappa in fretta e furia.

Il colpo finale, per ora, arriva dall’Egitto. Mentre sono domate le fiamme esteriori ma non quelle interiori del salafismo ormai dilagante e feroce che coglie ogni scusa per attaccare, il suo presidente Morsi incontra un ricercato dal Tribunale Penale Internazionale dell’Aja: ovvero quel Bashir accusato di crimini contro l’umanità in Darfur, che se ne sta bello incravattato e impomatato al Cairo, a colloquio con colui che mentre l’ambasciata Usa egiziana veniva messa a ferro e fuoco era in Italia a stringere mani e a siglare accordi.

Vergogna, solo questo mi sento di dire alle pseudo-organizzazioni per i diritti umani che da sempre boicottano la libertà dei popoli perché essa contrasterebbe con la loro esistenza. Vergogna per chi non va a prendere Bashir come vorrebbe fare per Assad o come voleva fare, prima che lo uccidessero, per Gheddafi. Il bottino che si stanno contendendo coloro che gestiscono i destini del mondo lo possiamo solo intuire, ma non quantificare né descrivere appieno; la sola cosa certa è che l’Occidente è all’angolo e continua ad indietreggiare, colpo dopo colpo. I salafiti sono solo l’immagine delle nostre paure e delle nostre debolezze proiettata su uno specchio, di modo che li possiamo guardare ed avere sempre più paura. Ma ancor più paura, mi permetto di dire, dovremmo averla di coloro che scientemente ci hanno messo dinnanzi al nemico armato di tutto punto, girandosi dall’altra parte, sentenziando politically correct e costruendo una società più simile ad una gabbia che ad una scuola per le nostre libertà. Ci è rimasto solo il silenzio.(l'Opinione)

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Immersi come siamo nella globalizzazione dell’immagine tv, scambiamo le sue immagini con la realtà.Sbagliando. Sbagliando doppiamente quando le sue immagini mancano. Ma tant’è. A proposito di tv, se ci avete fatto caso, non c’è servizio di inviata/o o corrispondente tv che non apra affermando che «il film blasfemo contro il Profeta ha provocato nuove profeste nel mondo arabo...» o che «ulteriori, imponenti proteste contro le ambasciate statunitensi, in tutto l’Islam, contro il film targato Usa...».

Sempre o quasi sempre, dal Tg1 della pur brava Botteri al Tg5 passando per La7, il film contro Maometto è un dato di fatto, è persino scontato: il film c’è, è una prova ed è dunque con l’impatto di questa pellicola sui miliardi di credenti islamici che bisogna fare i conti. Anche se poi si aggiunge che quel film o trailer è un pretesto. È stato tutto uno scusarsi, da Obama alla Clinton per «l’orribile film che offende la religione, qualsiasi religione», dando così per scontato, anche ai livelli della politica planetaria, che loro stessi hanno visto quel film traendone l’orrore per i contenuti blasfemi. Le cose stanno così? È altamente improbabile. Quasi nessuno ha visto quel film di cui esiste un trailer su youtube,peraltro cancellato in qualche area sensibile da Google. Se non c’è il film non c’è la prova, direte voi .E dunque, di cosa stiamo parlando? Perciò le proteste violente, con morti e feriti innocenti, sono, sarebbero ingiustificate. Ma i moti di piazza continuano, come prima più di prima anche per l’addirittura ovvia strumentalizzazione di Al Quaeda e di tutti i fondamentalisti,a cominciare dall’Iran.

Non dobbiamo stupirci più di tanto di quando sta avvenendo, anche se è la prima volta che un film sostanzialmente invisibile sta provocando qualcosa che assomiglia terribilmente a una prova di guerra mondiale, fra due civiltà. È chiaro che la misteriosa pellicola è un pretesto, ma anche questo non spiega fino in fondo quella che viene definita la “guerra delle immagini”. Che viene da lontano, da secoli e secoli di inganni (in guerra l’inganno è un must) che con la fotografia ha avuto una svolta importante seguita da quella ancor più impressionante impressa dal cinema per finire agli effetti devastanti della tv sul villaggio globale. Non bisogna stupirsi se si pensa che proprio nella Libia nella quale il povero ambasciatore americano è stato assassinato, insieme al altri, e praticamente in diretta tv, si è verificata, quasi a freddo e a seguire quelle tunisine ed egiziane, la rivolta contro Gheddafi.


DA L'OPINIONE

Anonimo ha detto...


segue .... da l'OPINIONE
Il fomite vero di quelle insurrezioni a Bengasi, a Derna e a Tripoli fu la televisione Al jazeera del potentissimo sceicco del Quatar, ai cui persuasori più o meno occulti si devono le immagini delle fosse comuni libiche assolutamente inventate (erano fosse di cimiteri normali) e relative notizie del tutto non verificate sulla fuga di questo o quel figlio del dittatore, di questa o quella strage di innocenti degna di una fiction. L’ironia della sorte vuole oggi che, in quella stessa Libia liberata - grazie soprattutto ad una tv “democratica” araba - da un dittatore peraltro già addomesticato, il fondamentalismo islamico faccia irruzione usando analoghi strumenti mediatici, con la differenza che le immagini non sono neppure manipolate ma addirittura immaginarie. C’è un salto per dir così qualitativo rispetto ad altre immagini che hanno giocato un ruolo di fondo in guerra. Per rimanere nel mondo assiduamente terremotato e terremotabile dell’Islam, basti pensare al cormorano del Golfo Persico ai tempi della guera di Bush senior contro il diabolico Saddam, accusato di aver fatto esplodere artatamente le condotte di petrolio con conseguente inquinamento di flora e fauna col povero cormorano impiastricciato, che in realtà era una vecchia foto d’archivio del Washington Post. E che dire delle scovolgenti immagini della rumena Timisoara, di corpi umani fatti a pezzi indicativi del regime del terrore di Ceausescu - di lì a poco fucilato senza processo insieme alla moglie - che invece erano riprese televisive di cadaveri a disposizione di ricerche scientifiche. Il salto compiuto con il film/trailer è decisamente un balzo vertiginoso, una danza macabra sul precipizio che coinvolge milioni di persone in assenza della prova, in mancanza del corpo del reato, cioè delle immagini.

A questo ha condotto la cosiddetta civiltà dell’immagine. Alla guerra. Di civiltà.

Anonimo ha detto...

EUROPA DEMENZIALE
Quando il Parlamento, durante il tanto deprecato (!!!) governo Berlusconi approvò, in mezzo a mille difficoltà (opposizione di sx, opposizione cattocomunista, opposizione anime belle, An in bilico ...), emersero nuoe e pi gravi difficoltà: la magistratura che riuscì, con sentenze ad hoc a quasi vuotare di contenuto la nuova legge; la Corte costituzionale bocciò quasi tutti gli articoli del testo; e ... dulcis in fundo ... il tribunale dei diritti umani di (mi pare Bruxelles) dette il colpo di grazia agli ultimi miseri resti.
La volontà degli elettori italiani rimase vanificata da una minoranza oligarchica di giudici politicizzati.
A sx si esultò. Le leggi razziali e xenofobe del governo erano state debellate.
Poi arrivò la primavera araba e incominciò il flusso ddi immigrati, a migliaia, a decine di migliaia ... che tuttora sono sparse selvaggiamente nel nostro territorio.
Arrivano i barconi!!!
Subito inizia l'allarme: Per respingerli?
manco per idea. Per trarli secca, per accoglierli, per ospitarli, per dar loro assistenza sanitaria.
Il tutto a spese di PANTALONE che paga. Pantalone, non i politici buonisti!
Ora li abbiamo in casa.
Un ricco premio e un mongolino d'oro a chi crede che questi individui si interreranno.
Non solo no si integreranno, ma incomincerano a pretendere che NOI DOVREMO INTEGRARCI, ASSUEFARCI AI LORO COSTUMI, E RINUNCIARE ADDIRITTURA ALLE NOSTRE LIBERTA' (FRA CUI QUELLA DI STAMPA E DI OPINIONE) PER NON FARLI ARRABIARE.
PRIMO ATTTO: VIA IL CROCIFISSO DALLE SCUOLE! ... via il NATALE! ... E COSì VIA ...
Siamo ad una svolta. O ci riprendiamo la nostra assoluta indipendenza, o ci dichiariamo orgogliosi e fieri delle nostre tradizioni e delle nostre antiche usanza o saremo sommersi dalla valanga di barbarie e di intolleranza che questa gente viene a imporci.
on buona grazia di quelli che ...

Anonimo ha detto...

Un certo Adhel Smith (???), un imani e presidente dell'ucoii, in casa nostra ebbe più volte la sfrontatezza di affermare che
IL CROCIFISSO E' UN CADAVERINO INCHIODATO SU UN PEZZO DI LEGNO.

COSA SUCCEDEREBBE AD UNO DI NOI CHE NEI LORO PAESI ANDASSE A SPASSO CON IN VISTA LA MAGLIETTA FAMOSA CON LA CARICATURA DI MAOMETTO?
Ricco premio a chi risponde per primo!

Figuriamo che in S. Petronio a Bologna c'è un dipinto quattrocentesco (mi pare) in cui compare Maomettto all'inferno.
Apriti cielo. Alcuni fanatici pretendevano di togliere dalla vista quel dipinto.

Addirittura fu proposto all'ONU di bandire dalle scuole la divine commedia perché ...
indovinate un po' ...?
ANTISLAMICA!!!!!!!!

...
PRENDIAMOCELA A RIDERE ...
Un millepiedi a Bagadad fu processato per profanazione e blasfemia perché entrò in una moschea senza levarsi le scarpe!!!! ...
... poveretto, era stanco!!! e non aveva poi tutto quel tempo a disposizione !!!!!!!

Anonimo ha detto...

OMISSIS ...

.... La libertà ha un prezzo. Gli islamici non devono avere il diritto di esercitare sulla stampa occidentale una censura che non si permettono nemmeno i più importanti leader politici, nemmeno quando sono violentemente presi di mira. Se ciò che viene pubblicato non gli piace, che mettano a ferro e fuoco i loro Paesi, ma in Europa, in America, e dovunque ci sia libertà, è benvenuto un giornale come Charlie Hebdo.

Non abbiamo nessun interesse a insultare Maometto e, come quegli automobilisti potevano prendere un’altra strada, anche noi potremmo astenerci da ogni riga meno che rispettosa nei confronti del Profeta: ma non per imposizione degli islamici. Sarebbe dunque giusto che il settimanale satirico francese fosse sostenuto dall’intera stampa libera. Anzi, si dovrebbe fare a gara nel “provocare” gli islamici, sia pure precisando che non lo si fa per attaccare l’Islàm - seria, grande religione di ambito mondiale – ma i fanatici e i violenti.

giannipardo@libero.it

Anonimo ha detto...

In una società democratica si è abituati a tollerare le opinioni degli altri: sbagliano ma sono liberi di sbagliare. Invece in una società primitiva, molto coerente al suo interno e con minori contatti con altri gruppi, si giunge ad un atteggiamento diverso. L’opinione del gruppo non è un’opinione, è un’evidenza. E quando questa evidenza riguarda la religione, chi la nega è un reprobo intellettuale e morale. Non solo andrà all’inferno – o condanna equivalente – ma il suo comportamento è profondamente offensivo per una persona per bene. Inoltre, se riuscirà ad influenzare qualcuno dei veri credenti, lo corromperà. Ecco perché l’alternativa – sia cristiana, un tempo, che musulmana, ancora oggi – è fra “ucciderlo” o “redimerlo”, convertendolo. Se si odiasse il diverso in quanto tale lo si dovrebbe soltanto uccidere. Invece, se solo egli non è testardo nella sua eresia, lo si vuole salvare, condonandogli la vita e portandolo sulla retta via. Nessuno ha dimenticato il processo a Giordano Bruno. L’alternativa “conversione o morte” indica proprio questo: che l’infedele è pericoloso e intollerabile solo in quanto infedele.
Ulteriore elemento da tenere presente è che quanto più una popolazione è primitiva, tanto minore è la distanza fra l’oggetto dell’adorazione e i suoi simboli. Mentre a un fervente cattolico (europeo) non verrebbe in mente di uccidere qualcuno perché ha maltrattato un’immaginetta, nel mondo musulmano sono scoppiate rivolte per il sospetto che qualcuno avesse mancato di rispetto a una copia del Corano. Anche ad ammettere che si reputi quel libro dettato da Dio, non è quell’insieme di fogli di carta che bisogna pressoché venerare, ma il senso delle parole in esso contenute. E tuttavia questa distinzione può apparire troppo sottile, per alcuni. Nella civilissima Parigi, in pieno Settecento, fu messo a morte, dopo indicibili tormenti, lo Chevalier de la Barre, per avere mancato di rispetto (tenendosi il cappello sulla testa) al passaggio della processione del Santissimo Sacramento.
I musulmani sentono ogni vero o presunto attacco all’Islàm e al Profeta come un’intollerabile offesa alla suprema e indiscutibile verità e come un attentato al loro modo di vivere. Se chi irride il Profeta non è punito, ciò potrebbe far credere ad un altro che irridere il Profeta sia lecito. Si minerebbero le basi stesse della società. Naturalmente, una volta scoccata la scintilla della sommossa, essa fa valanga. Basta conoscere la psicologia delle folle che vediamo all’opera anche nei nostri stadi di calcio.
Non c’è nessuna ragione per tollerare il fanatismo islamico e non c’è nessuna ragione per modificare il nostro modo di vivere, la nostra libertà di opinione e la nostra libertà di stampa: ma non per questo bisogna considerare i manifestanti musulmani come veramente diversi da noi. Sono solo fratelli in ritardo, nel fiume del tempo. In grave ritardo.

giannipardo@libero.it

Anonimo ha detto...

Io metterei fra virgolette la parola "fratelli".
Un fratello che desidera farmi fuori?
Direi piuttosto , dato l'isolamento durato ormai da secoli e secoli, si è stabilita una differenza genetica che, dal punto di vista evolutivo, li pone in grave ritardo.
La teoria dell'evoluzione ci insegna che le specie si differenziano a seconda degli stimoli ambientali ... e che diversità fra la cultura europea e quella dei cammellieri del Sahara ... Come si può modificare la mentalità di interi popoli in un tempo irrisorio coe quello di una o due generazioni?

Anonimo ha detto...

L'imam Al Masri estradato negli Usa
di Giorgio Bastiani

26 settembre 2012POLITICA
La regina d’Inghilterra Elisabetta II esprime preoccupazione per il difficile arresto di Abu Hamza al Masri, predicatore fra i più incendiari nella galassia del fondamentalismo islamico e presunto terrorista. Ma la regina non si esprime mai in pubblico su questioni politiche. Tantomeno su scottanti vicende legate alla sicurezza del Regno Unito. Aveva confidato le sue inquietudini al giornalista della Bbc Frank Gardner, che ha diffuso la notizia ieri mattina. La Bbc ha dovuto chiedere pubblica ammenda nel pomeriggio stesso. Eppure gli inglesi danno ragione alla regina. E la sua opinione “rubata” ha subito riscosso il plauso dei membri del Parlamento.
Perché Abu Hamza al Masri è diventato il simbolo del pericolo islamico. Inquietante anche a prima vista (con il suo uncino e l’occhio guercio) al Masri è autore di celebri filippiche anti-britanniche e anti-occidentali. Nei suoi sermoni, l’imam se l’è presa con tutti. Con gli scienziati, accusati di aver diffuso l’Aids. Con i sexy shop: «Ogni luogo della perdizione è un obiettivo da distruggere». Con gli ebrei: «Un ebreo non può guardare in faccia un musulmano o passargli accando senza sapere di averlo oppresso, o senza sapere che altri ebrei abbiano oppresso i musulmani ovunque. La nazione di Maometto deve riconquistare la sua dignità e questa non può essere ottenuta senza che scorra il sangue». Con gli “infedeli”: «Uccidere un infedele che ti sta combattendo è giusto. Uccidere un infedele per qualsiasi altra ragione va bene. Ed anche se non c’è alcuna ragione, va bene». Con la democrazia britannica: «Essi (gli inglesi, ndr) non vogliono essere governati dalla religione, non vogliono che le donne si coprano, non vogliono che sia un re a governare. Per questo hanno cancellato la monarchia o ridotto la regina al pari di una scimmia in una gabbia dorata, esposta agli occhi del pubblico». La regina, a quanto pare, non l’ha dimenticato.
Al Masri fu arrestato nel 2006 dietro a una serie di accuse correlate ad attività terroristiche. Nei precedenti 9 anni aveva potuto predicare e agire liberamente, in qualità di imam della moschea di Nord Londra. Nel 2003 le autorità gli aveva proibito di continuare a seminare odio nella moschea. E lui, imperterrito, aveva continuato a predicare fuori dall’edificio religioso. Fra i suoi seguaci c’era anche quel noto Richard Reid che cercò di far esplodere un aereo con l’esplosivo nascosto nelle scarpe (dobbiamo a lui il controllo delle scarpe prima di ogni volo atlantico). Il suo arresto, nel 2006, aveva riaperto l’antica controversia sul sottile confine fra la predicazione d’odio (che, in sé, non è un atto di violenza) e il terrorismo. Durante il processo ne aveva approfittato per rilasciare un’altra sua dichiarazione celebre, definendo “un cesso” il Regno Unito. Gli Usa avevano chiesto l’estradizione, per processarlo. È tuttora sospettato di aver partecipato al rapimento di cittadini americani nello Yemen nel 1998 e di aver organizzato un campo jihadista nell’Oregon nel 1999. Dopo una lunghissima battaglia legale, la Corte Europea dei Diritti, lunedì ha dato il via libera all’estradizione. Ora l’imam radicale rischia il carcere a vita. La Corte Europea ha creato un precedente che i predicatori d’odio dovrebbero temere. E il popolo inglese, assieme alla regina, tira un sospiro di sollievo.

Anonimo ha detto...

COSE VERAMENTE DELL'ALTRO MONDO!
Per levarci di torno un ceffo di quella portata bisogna aspettare la sentenza della Corte Europea!
E la volontà di un elettorato che, putacaso, decidesse, tacite parlamento, di caccisre a calci nel sedere tipi del genere, verrebbe annullta da un parere contrario di suddetta corte!
RIPRENDIAMOCI LA NOSTRA COMPLETA AUTONOMIA!
BASTA CON L'EUROPA CHE SI INTROMETTE NEI NOSTRI AFFARI DI CASA!
E' SUFFICIENTE L'UNIONE ECONOMICA E MILITARE. PER IL RESTO IL NOSTRO PAESE DEVE RIMANERE INDIPENDENTE.

Anonimo ha detto...

segue ....
ED IL FEDERALISMO AMERICANO (USA) E' DI ESEMPIO. ESISTONO LEGGI FEDERALI, MA IN GRAN PARTE OGNI STATO SI DA' LE LEGGI PER CONTO PROPRIO.
ESEMPIO, ANCHE SE POCO BELLO, E' CHE LA PENA DI MORTE NON SI APPLICA IN ALCUNI STATI, IN ALTRI STATI SI'.