L’offensiva ideologica sul precariato e la fine della “suggestione liberale”
Nessuno ha voglia, tantomeno noi, di dare lezioncine in nome del mercato. Si può essere liberisti senza illusioni, liberisti del buonsenso, liberisti provvisori, sebbene lo spazio ideologico perimetrato dagli ideologi di sinistra preveda soltanto liberisti sfrenati, sebbene sia in crisi per tanti motivi la “suggestione liberale” di cui parlava Pierluigi Battista giorni fa nel Corriere. Ma questa polemica sul precariato sociale, fondata su numeri a loro volta precari e su ragionamenti di un’impressionante esilità logica, ha tutta l’aria di una grande trappola culturale scattata in Italia e altrove in Europa, basti guardare a quel che succede in Francia, come reazione cieca ai nuovi sviluppi dell’economia e del lavoro nel mondo.
I fatti sono questi e solo questi: dove c’è maggiore protezione, nel senso della stabilità contrattuale e della rigidità nelle tipologie di lavoro, c’è meno lavoro, e in particolare meno lavoro per i giovani. In America si licenzia, e lì c’è più lavoro, più crescita, meno tasse, un reddito più significativo, maggiore propensione agli investimenti e ai consumi, maggiore mobilità sociale, più eccitanti speranze di vita responsabile e libera, più ricerca, più istruzione e migliore, più innovazione. Dove il posto a vita è un miraggio per pochissimi, si vivono vite meglio ancorate al lavoro, il tasso di incremento della popolazione è maggiore, il futuro è più sicuro. Squilibri e disuguaglianze, piaghe sociali purulente non mancano anche lì, ma la capacità di accoglienza delle moltitudini e di convivenza in un paese che realizza nella libertà d’impresa la sua coesione sociale, e non la persegue nell’irregimentazione del mercato, è assolutamente incomparabile con la nostra, con quella europea.
L’Economist ha dei dubbi sulla forma contrattuale assunta in Francia dalla riforma del codice del lavoro, come si possono avere dubbi su alcuni aspetti della legge Biagi (obiezioni che Prodi ha genericamente riproposto all’assemblea di Confindustria), ma la conclusione è questa: “La vera vergogna francese, e la causa più chiara delle sommosse d’autunno nelle banlieues, è la disoccupazione di massa” in un paese che al contrario della liberista e thatcheriana o blairiana Inghilterra ha un lavoratore su dieci fuori del mercato, uno su quattro escluso tra i giovani, e uno su due negli ambiti sociali più svantaggiati: “Questa è la vera insicurezza”, scrive il settimanale britannico con ragione. In Italia dopo la riforma del mercato del lavoro la disoccupazione è calata molto al di sotto della media francese (tre punti), e questo è un vantaggio evidente, che solo la cultura socialmente corretta del piagnisteo può cancellare, dovesse in aprile andare al governo.
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4 commenti:
Molto facile parlare come fa quest'ipocrita, orgogliosamente comunista quando esisteva il comunismo e ferocemente anti-comunista a comunismo caduto e scomparso. Direttore di un giornalucolo da tiratura fallimentare che in base alle leggi di mercato avrebbe dovuto chiudere dopo un mese dalla prima pubblicazione, e che invece stà ancora lì con migliaia di copie invendute, ma però ben finaziato .Si sà, la flessibilità è giusta, l'importante è non subirla.
Sinistrorsi,piagnoni, doppiogiochisti,calzolai,carrozzieri e altri mangiapane a tradimento.
Mi sembra arrivato il momento che andiate veramente a lavorare,non potendo più contare su finanziamenti regalo.
LAVORARE!! LAVORARE!!
Altrimenti.. CHIUDERE:
Grande Berlusca.
leggere l'intero blog, pretty good
molto intiresno, grazie
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