martedì 25 marzo 2008

Guardare al futuro con ottimismo. Angelo Crespi

Da qualche anno ormai l’Occidente, e nello specifico il nostro Paese, si crogiola in un pessimismo di maniera che è frutto di ideologie post-sessantottine. Questa sorta di “non plus ultra” si manifesta da noi nella litania del precariato e del declino e nella presupposta impossibilità per i giovani di avere un tenore di vita e speranze per il futuro paragonabili a quelle dei loro padri.

Di prim’acchito, le cose sembrerebbero così. Ma a ragionarci meglio, è vero il contrario. Prendiamo per esempio la mia generazione, quella dei trentenni o dei quarantenni. Uno dei miei nonni, un ragazzo del ’99, combatté diciassettenne la Prima guerra mondiale. Fu ferito e solo per un caso fortuito evitò il congelamento e potè fare ritorno a casa. Nei successivi quarant’anni lavorò ogni santissimo giorno in fonderia. Mia nonna, per tutta la vita operaia, partorì mia madre e le mie due zie in casa. Entrambi erano abituati a minestra ogni sera e la carne una volta alla settimana. Quando si sposarono, andarono in viaggio di nozze un giorno solo a Milano. L’altro mio nonno morì poco più che trentenne nella Seconda guerra mondiale. Sua moglie, mia nonna, lavorò come operaia per oltre trent’anni senza un giorno di ferie. Le prime vacanze le fece da vecchia con me bambino in Liguria.

I miei genitori hanno rasentato i bombardamenti e la fame della Seconda guerra mondiale. Mia zia, al modo delle vecchie zie longanesiane, ancora risparmia su tutto e conserva perfino le cose inutili, come la tradizione contadina imponeva. Mio padre ha fatto le scuole superiori frequentando i collegi sparsi nella penisola per gli orfani di guerra. Ovviamente non l’università. Oggi all’alba dei settant’anni, lavora da cinquanta. Se ha costruito qualcosa e se qualcosa ha risparmiato, e come lui la sua generazione (operai, artigiani, imprenditori...), lo deve al fatto che si è rimboccato le maniche. Altro che posto fisso, globalizzazione e menate del genere. Il suo futuro se lo è costruito, con fiducia, da sé.

Sarei un pazzo se pensassi che la mia condizione è peggiore di quella di mio padre o di mio nonno. Io che, come molti miei coetanei, ho potuto comodamente studiare, divertirmi, fare innumerevoli viaggi esotici, pretendere la macchina, il cellulare, il computer e che se non mangio carne tutti i giorni è solo per preservarmi dal colesterolo.
Certo se paragoniamo i ventenni senza futuro di oggi ai loro padri i cinquantenni che, dimenticando i propri doveri, sperperano il futuro dell’Italia, allora forse hanno ragione i pessimisti. Ma non è un problema di declino. Semmai il problema di una generazione di padri e di una generazione di figli restii a rimboccarsi le maniche. Gli altri che seguono le tradizioni di famiglia, e i nuovi che verranno a cui le insegneremo, non avranno certo timore della globalizzazione e del declino. (il Domenicale)

5 commenti:

Anonimo ha detto...

scusate l OT, ma mi sembrava interessante:

http://archiviostorico.corriere.it/2004/febbraio/18/Alitalia_sciopero_generale_marzo_co_9_040218078.shtml

è di 4 anni fa... bellissima la frase, virgolettata: «Per fortuna di Alitalia c' è il signor Silvio Berlusconi che impiegherà il suo talento per risolvere un problema che altri non hanno saputo risolvere>>

maurom ha detto...

Se non altro il buon Silvio ha costretto Spinetta a migliorare l'offerta!

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)

Anonimo ha detto...

imparato molto

Anonimo ha detto...

Perche non:)