martedì 23 novembre 2010

La Carfagna minaccia di lasciare il Pdl e immediatamente diventa una stella. Alma Pantaleo

“Mara sa volare”. Con questo titolo l’Unità ha ‘messo le ali’ alla ministra Carfagna, scrollandole di dosso in un solo colpo la sporcizia di cui lo stesso quotidiano l’aveva ricoperta in questi due anni di governo Berlusconi. È bastata una presa di distanza dal Pdl da parte dell’attuale ministro per le Pari Opportunità a far cambiare opinione a Concita De Gregorio (e non solo).

Ed ecco che nella moralistissima rubrica di Lidia Ravera vediamo delinearsi la figura di una Mara “di classe” dai “corti capelli neri dal taglio impeccabile”, “gelida e misurata”, lontana anni luce da quella che viene descritta come “buzzicona verace” dai “lun­ghi capelli ossigenati spioven­ti sulle spalle”: Alessandra Mussolini. Protagoniste dello stesso film politico, la Carfagna e la Mussolini, ma descritte come due donne agli antipodi. La prima degna di avere un posto in Parlamento e un ruolo nel Governo (chissà se i media di sinistra saranno della stessa opinione se la “crisi” finirà in una bolla di sapone), l’altra rozza e inadatta. Eppure qualche tempo fa il giradischi dava un’altra musica.

Che fine hanno fatto tutte le sottili (neanche troppo) allusioni con cui nel giugno del 2009 si additava “l'impari” ministro delle Pari Opportunità come una “che ha orrore della prostituzione sulle strade, non certo nelle ville” o come “quella che fa i calendari per camionisti e poi prova orrore per le donne che volontariamente vendono il proprio corpo”?

Che ne è stato di quell’antipatico nome, le “Carfagnacee”, creato ad arte nel lontano febbraio 2007 dalle penne del quotidiano fondato da Gramsci, per etichettare la categoria delle donne, testuali parole, “reclutate da Silvio come fioriere per abbellire i banchi di Forza Italia in Parlamento, previo provino arrancano in cerca di un’immagine monacale casa-famiglia-chiesa a prova di hacker infiltrati nei siti per sbirciare immagini glamour”? E che dire dei versi non propriamente morbidi che Andrea Camilleri, collaboratore bestseller de l’Unità, ha dedicato alla ministra: “Qualcuna viene eletta ai rossi scanni/ sostitui­sce il topless con un colletto se­vero/ ma, a pagarle, infine, è il solito contribuente/ lo stesso che foraggiava il cavallo sena­tore”?

E leggete leggete cosa scriveva della ministra Travaglio nel settembre 2008: ha fatto “conoscere ogni millimetro quadrato del suo corpicino nelle migliori edicole rea di aver “scatenato la crisi nelle presunta famiglia Berlusconi”. Insomma, il “merito” della ministra oggi sembrerebbe quello di essersi affrancata dal Sultanato berlusconiano e di essersi trasformata da geisha ad indipendent woman.

Veniamo a Repubblica: il 3 agosto 2009 annoverava Mara Carfagna nella lista delle “baciate dall’amicizia con Silvio” e nel luglio del 2008, in occasione della manifestazione 'No Cav.' di piazza Navona, dedicava volentieri paginoni all’invettiva violentissima di Sabina Guzzanti nei confronti del ministro per le Pari Opportunità – una dichiarazione su tutte: “A me non me ne frega niente della vita sessuale di Berlusconi. Ma tu non puoi mettere alle Pari Opportunità una che sta lì perché t'ha succhiato l'uccello, non la puoi mettere da nessuna parte ma in particolare non la puoi mettere alle Pari Opportunità perché è uno sfregio” –, ma adesso non fa trasparire alcun aggettivo vagamente offensivo o un espressione che la metta in cattiva luce. Insomma sono “lontani” i tempi (8 gennaio 2010) in cui il quotidiano diretto da Ezio De Mauro apostrofava Mara Carfagna come “l'unico ministro d'Europa il cui nome e cognome, cliccato su Google Immagini, fa apparire una prima pagina con 20 foto di cui ben 11 mostrano la signora ministro in lingerie o in topless” o di quando un Michele Serra la definiva “solo l'ultimo esempio della definitiva confusione tra politica e spettacolo, tra televisione e potere, tra sex appeal e cosa pubblica”.

Come dimenticare, poi, il gran polverone sollevato nel luglio 2008 da l’Espresso e, a ruota, da quotidiani e siti internet con la pubblicazione di alcuni stralci di presunte telefonate “piccanti” tra il Presidente del Consiglio e l’allora direttore di Rai Fiction Agostino Saccà che vedevano come protagonista l’attuale ministra, che per settimane venne sbattuta sulle prime pagine dei giornali, e condannata, come la protagonista del “sexygate all’italiana”. “Carfagna sotto attacco”, titolava il Corriere, e ancora: “Clinton non fece ministro la Lewinsky”. Repubblica, dal canto suo incalzava giorno dopo giorno: “Le intercettazioni stanno per uscire. Alla Camera incubo Grande Fratello”, e non mancava occasione per dare addosso a Mara: “La passerella-sfida della Carfagna”…

Last but not the least, la continua raffica di cattiverie sparate senza pietà alcuna da Guzzanti senior (Paolo, per intenderci) su Mara la “calendarista delle pari opportunità”, la “zarina affamata di potere”, il “prodotto della mignottocrazia e basta”, sin dall’approdo in Parlamento.

Si è dimenticata così in fretta questa tempesta di maldicenze e pregiudizi che da tre-quattro anni imperversano senza sosta sul ministro delle Pari Opportunità? Sembrerebbe di sì.

Sembra che nell’ottica sinistroide sia sufficiente sgattaiolare dalla via maestra e dimettersi (o minacciare di farlo) da un incarico per fare l’enorme salto etico, necessario a riappropriarsi del proprio rispettabile nome – finalmente alla Carfagna è stato associato il sostantivo “ministro”. Un po’ipocrita come logica. Specie per quella parte della stampa che da sempre si erige a moralizzatrice del popolo. Come dire, oggi Mara è una stella. Ma fino a ieri viveva in una stalla. (l'Occidentale)

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