L'Italia sarebbe il paradiso terrestre se non ci fosse Berlusconi. E dunque salviamo l’Italia dal suo unico, vero male, il Tiranno, al secolo Berlusconi. Capisco la politica che dice queste cose, rientra nella lotta e nella propaganda. Capisco pure la gente di sinistra che ha bisogno di trovare un Mostro su cui scaricare i mali d’Italia e suoi personali, le amarezze e le frustrazioni della vita, menopausa inclusa. Arrivo a capire con qualche sforzo che lo facciano i giornali perché sono schierati, militanti e poi devono esagerare per vendere.
Ma che pena vedere gli storici sullo stesso piano. Ne cito due, di versanti opposti. Ernesto Galli della Loggia scrive un necrologio politico più che un editoriale dedicato al fu Berlusconi; ne parla come di un’esperienza finita con tratti che definisce addirittura agghiaccianti. Gli sfugge che la solitudine del premier è in compagnia di qualche decina di milioni di italiani. Giusta la critica ai cortigiani e alle mezze calzette, legittima la sua critica politica al premier; ma si può celebrare un funerale senza aver visto come va a finire, in una situazione così incerta e con un Paese ancora largamente vicino a Berlusconi? No, lo storico ha fretta di far lo storico, e dunque di parlare del presente al passato, quindi sotterra ancora viva un’esperienza in corso. Professor Ernesto, la guerra è appena cominciata, non puoi già decidere tu come va a finire e celebrare il trigesimo di una forza in campo.
Mi sposto al versante opposto, lasciando correre il delirio di onnipotenza di Eugenio Scalfari che nella predica su la Repubblica a un certo punto bacchetta Sergio Romano e scrive: La verità è questa. E si affaccia sul Monte Sinai a dettare i Comandamenti. Dio che presunzione. Ma lasciamo stare i Teologi di se stessi, parliamo degli storici. C’è uno storico violaceo che viene dall’Inghilterra e si è fatto italiano per dire che si vergogna dell’Italia ed esorta a salvare l’Italia dal Tiranno Berlusconi. Pubblica il suo accorato e coraggioso atto di accusa contro il dittatore con una casa editrice di proprietà del dittatore stesso, Einaudi. E piega la storia d’Italia a un’invettiva sul berlusconismo. Da quando i comici fanno i politici, gli storici hanno deciso di fare i comici. Dal suo libretto, che dovrebbe far vergognare la categoria degli storici, si apprende che da quando c’è Berlusconi, si è diffusa la criminalità e l’illegalità «in alcune parti della Puglia, della Campania e della Calabria in precedenza relativamente immuni». Traduco: col governo Berlusconisono nate la Camorra e la ’Ndrangheta e l’illegalità si è diffusa in tre regioni governate oggi o fino a ieri dalla sinistra.
Mi chiedo se sia possibile scrivere una sciocchezza del genere, ignorare la storia antica della camorra e della ’ndrangheta, e tacere che mai la criminalità ha avuto così tante mazzate in termini di arresti e confische come negli ultimi due anni. Apprendo poi che Berlusconi è uguale a Mussolini e le prove sono schiaccianti: il linguaggio del corpo e la maestria nella comunicazione (anche Obama allora è un duce abbronzato?). Che Berlusconi, come il fascismo, ha instaurato un regime clientelare (ma confonde l’era della Dc con l’era fascista, la Prima Repubblica con la Seconda?). Lo storico dice poi che rispetto al fascismo Berlusconi usa «poco manganello e niente olio di ricino » (mi sono perso le squadracce berlusconiane che manganellano, ma poco, i loro avversari). Che il fascismo «fu il primo esempio di una tirannia contemporanea di massa» (ma lo storico sa che prima del ’22 venne il ’17, con la tirannia comunista in Russia?). Che il clientelismo nasce per colpa della Chiesa (ma i clientes, caro storico, esistevano già nell’antica Roma precristiana)
Apprendo poi che la Repubblica italiana è nata nel ’48, e dunque il referendum del 2 giugno del ’46 è una bufala, e il primo presidente della Repubblica, De Nicola, tra i l ’46 e il ’48 era dunque solo un clandestino,un abusivo napoletano. E che Re Umberto andò in esilio due anni prima che nascesse la Repubblica. Ginsborg dice di studiare la storia d’Italia da 40 anni. Ammazza che risultati. Apprendo persino che Dante è sepolto a Firenze e non, come sanno pure i bambini sin dalle elementari, a Ravenna (ma lo storico non sa la differenza tra tomba e cenotafio, che ricorda una persona sepolta altrove). Poi apprendo che Gioberti era razzista, confondendo il primato morale e civile degli italiani con il primato biologico e zoologico della razza (invece di razza bianca e di selezione darwiniana si parlava nell’Imper o Britannico, mister Paul). Che il colonialismo italiano ha fatto massacri (mentre quello britannico distribuiva fiori e tazze di tè e trattava i popoli sottomessi come se fossero ospiti e pari, mica schiavi e animali). Lo storico poi tira il sasso e nasconde la mano quando cita benevolmente la necessità di una dittatura benefica in Italia o la necessità della violenza, dell’odio e della vendetta, barricandosi dietro citazioni di Garibaldi e Mazzini.
E si appella alla classe operaia, ai girotondi di cui fu cofondatore, e al popolo viola per salvare l’Italia dal dittatore. A parte la miseria di questo brigatismo storico, faccio una considerazione amara: non si fa in tempo a criticare Berlusconi, come io ho fatto, a dissentire da lui e dal suo stile di vita, che la ferocia, l’arroganza e l’idiozia confederate annunciano come salvezza il baratro e ti costringono a difendere Berlusconi. Berlusconi sarà il male, ma voi siete il peggio. Vi meritate un governo monocolore Bocchino. (il Giornale)
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