Se si chiedesse ad un talebano ecoambientalista cosa sia un becquerel (simbolo Bq), l’eventualità più probabile, qualora non lo prendesse come un insulto, sarebbe quella di un “alloccamento” muto e silenzioso. Esagerazioni? Qualcosa del genere è già avvenuto a Genova in un confronto tra noi fautori della ripartenza del nucleare e la controparte.
Un allora rampante dirigente nazionale, ora scomparso di scena, dopo un imbarazzato, ma aggressivo “Ma cosa dice professore” rivolto al professore Marino Mazzini tentò una strumentale disquisizione sui rischi di proliferazione. Fui io ad interromperlo chiedendogli “Sa la differenza tra il 239 e il 241?” e Mazzini che mi sedeva accanto “Aggiungici anche il 240”.
Non davamo i numeri nel senso corrente del termine, ma ci riferivamo ai numeri di massa di tre diversi isotopi del plutonio, “denaturato”. Il plutonio “military grade” viene prodotto in macchine come il reattore disastrato a Chernobyl; i comuni reattori commerciali, producendo plutonio “denaturato” non costituiscono un rischio ai fini della proliferazione.
Il malcapitato, che non sapeva neppure cosa fosse un isotopo, rimase poi muto per il resto del dibattito. Che c’entra questo con il “becquerel”, l’unità di misura del sistema internazionale dell’attività dei radionuclidi definita come quella di “un decadimento al secondo”? C’entra, perché la “cultura” ecotalebana che pervade le istituzioni, compresi gli enti normatori, ha prodotto spassosissime “perle” quale quella illustrata al convegno “Nucleare: sicurezza e informazione” dall’ingegner Ugo Spezia, segretario generale dell’Associazione Italiana Nucleare, che si è divertito a fare due conticini facili facili.
La radioattività è un fenomeno naturale. Anche il corpo umano ha la sua dose di radioattività, con in media 12.000 disintegrazioni al secondo, cioè 12 kBq (chilo becquerel), suddivisi in 4.000 Bq dovuti al potassio-40, 4.000 Bq dovuti al carbonio-14, 4.000 Bq dovuti all’idrogeno-3, il trizio divenuto famoso per recenti trasmissioni televisive Rai condotte da ideologizzati e pericolosi incompetenti.
L’ingegnere Ugo Spezia ha fatto un’operazione matematica dalla quale risulta che la radioattività media di un individuo è 1,5 Bq/kg (becquerel al chilogrammo). Emergenza, emergenza! Se prendiamo le norme, vediamo che in un impianto nucleare devono venire considerati rifiuti radioattivi, e come tali trattati, tutti i liquidi che presentino una radioattività superiore a 1 (uno) Bq/l (becquerel al litro) e i solidi che presentino una radioattività superiore a 1 Bq/kg.
Siamo tutti “fuori norma”, una volta e mezza più radioattivi dei rifiuti di una centrale nucleare. L’esposizione dell’ingegner Spezia è corredata da tabelle “orripilanti” che mostrano come talune acque minerali nazionali superino le decine e le migliaia di becquerel al litro con una punta di 67.
438 becquerel litro. Chi lo va ora a raccontare a Milena Gabanelli e a Riccardo Iacona che eventuali sversamenti di liquidi radioattivi di centrale in certe acque minerali avrebbero solo l’effetto di ridurre la “pericolosità” di queste ultime, diluendo la loro radioattività naturale intrinseca? Nel corso dello stesso convegno l’ingegner Massimo Sepielli, che ha parlato in rappresentanza del Commissario Enea Giovanni Lelli, ha affermato che il suo ente ha intenzione di istituire dei corsi destinati ai giornalisti che si occupano di questioni energetiche.
Ottima iniziativa se non ci trovassimo di fronte ad una categoria ideologizzata e partigiana. Nella scorsa consiliatura ho fatto presente almeno due volte, come è possibile verificare dalle registrazioni delle sedute, che Milena Gabanelli, contestata punto per punto con richiesta di rettifica da un dossier pubblicato anche sulla rivista “21mo Secolo, Scienza e Tecnologia”, ha al contrario replicato la contestata puntata sul nucleare.
Uno di questi due interventi è servito solo a bloccare la richiesta di una iniziativa avverso Bruno Vespa, reo di non essere schierato contro “il tiranno” anticomunista. (l'Opinione)
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