Auguri presidente. Non è che uno viene qui a rovinarle la festa, novant’anni sono una strada lunga quasi un secolo e tante cose si possono dimenticare. È un po’ di tempo che quando si parla di lei tutti annuiscono: Carlo Azeglio Ciampi è un padre della patria. Nessuno lo mette in dubbio. Il problema è che quando i politici finiscono sugli altari è difficile fare loro domande e, soprattutto, ricevere risposte. Ma ce n’è una a cui gli italiani forse hanno diritto. È questa. Come mai quando lei era presidente del Consiglio, e l’eminente Conso suo ministro di Grazia e Giustizia, fu revocato il carcere duro, il famoso 41 bis, a 140 mafiosi? È vero, lei ha già risposto. In una lunga intervista di Giannini su Repubblica davanti a questa domanda ha avuto uno scatto di rabbia, una sorta di lesa maestà, la tenerezza e l’auctoritas sembrano sparire dalle sue parole. «Capisco che a 18 anni di distanza le parole assumono un peso diverso. Ma il mio governo si prese le bombe della mafia. E ora proprio io mi dovrei sentire sotto accusa? Se Conso ha fatto altro, prima o dopo, lo ha fatto autonomamente. Io non ne ho mai saputo nulla». Per tutti la questione è finita qui. Nessuna interpellanza parlamentare, nemmeno un avanzo di dieci domande, Annozero sordo e cieco, i professionisti dell’antimafia omertosi. Silenzio. Carlo Azeglio Ciampi è intoccabile. Nessun sospetto. Lui non sa nulla. E non fa niente la piccola caduta di stile di scaricare tutta la responsabilità sul povero Conso. Il guardasigilli non è un padre della patria. Si arrangi.
Ora, questa storia del carcere duro revocato non è una bazzecola. Dopo le bombe a Milano, Firenze, Roma si narra, e si sospetta, che lo Stato abbia trattato con la mafia per una sorta di tregua. Niente bombe, niente carcere duro. Uno scambio alla pari. Forse questa è solo una leggenda. Ma almeno possiamo chiedere a Ciampi se ne sapeva qualcosa? A quanto pare no. Non serve. È inutile. Tutte le domande vanno fatte al grande nemico, al Cavaliere. Solo che al governo non c’era Berlusconi, ma il padre della patria.
Questi santoni non si possono neppure sfiorare e se uno ci prova passa i guai. Quando qualcuno chiese a Oscar Luigi Scalfaro, un altro grande padre e presidente, che fine avessero mai fatto i fondi neri del Sisde, la risposta fu a reti unificate, con il dito alzato e lo sguardo da giudizio universale. «Non ci sto», urlò Oscar Luigi. «Non ci sto», ancora muovendo il ditone. «Non ci sto», guardando fisso la telecamere. E tutto si spense. È chiaro che a certi signori porre domande non sta bene. Con loro, con tutti quelli che in un modo o nell’altro sono stati utili all’aristocrazia di sinistra, non si va mai a fondo. Basta la parola. Dicono no e tutti fanno un passo indietro. Il solo sospetto è lesa maestà. In un Paese di retroscenisti e dietrologi non c’è nessuno che si scandalizzi per questa reticenza. Per i padri della patria, e per Ciampi in particolare, il «non poteva non sapere» non si applica. Basta la parola.
Eppure qualcosa presidente ce lo deve dire: come mai le stragi cessarono? Non basta dire che il suo era un governo tecnico. Questa volta non è la scusa migliore. C’è di mezzo un mistero e un padre della patria può aiutare a risolverlo. È tutto qui. Ancora auguri. (il Giornale)
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15 commenti:
Ciampi e Scalfaro verranno sentiti nei prosimi giorni dai i magistrati ingrioa e di matteo mercoledì al senato.
i magistrati indagano sui fatti
i giornalisti padronali scrivono le opinioni che fanno piacere al padrone senza riportare i fatti
*ingroia
infatti sono stati gli unici giornali che hanno parlato ,del fatto che nel 93 non fu rinnovato il 41 bis a 140 mafiosi.
questa non è un opinione.
è un Fatto Gravissimo
E ciampi e i gli altri giornali : continuano a negare.
Lorsignori, non sanno mai nulla, vero?
Abbiammo una magistratura che peggio che da noi , solo in uganda o in tanzania.
cosa c'entra la magistratura idiota? sono proprio i magistrati che vanno ad interrogare i vari ciampi e scalfaro
e non certo perchè glielo ha detto il giornale di famiglia
e poi idiota di un idiota
l'articolo di Tramontano è datato 10/12/10 tratto dal giornale,
mentre questo articolo è del 25/11/2010 tratto dal fatto quotidiano
alla faccia degli unici giornali che ne hanno parlato...
"Del mancato rinnovo del 41bis beneficiarono 340 ''uomini d'onore''"
di Giuseppe Lo Bianco - 25 novembre 2010
Sono 340 le revoche dei provvedimenti di carcere duro per i mafiosi disposte dal ministro della Giustizia Giovanni Conso nel novembre del 1993 “per fermare le stragi” come lo stesso Guardasigilli ha rivelato alla commissione antimafia. Tra questi vi sarebbero stati mafiosi del calibro di Giusi Farinella, uomo d’onore della famiglia mafiosa di San Mauro Castelverde, e altri mafiosi “di peso” ai quali, dopo un periodo di detenzione normale, sarebbe stato ripristinato il 41 bis, a conferma della loro estrema pericolosità. Il dato è stato contestato all’ex ministro dai pm della direzione antimafia di Palermo che indagano sulla trattativa Stato-mafia che lo hanno interrogato ieri pomeriggio per circa tre ore, durante un faccia a faccia a tratti teso. Con-so ha sostanzialmente ribadito la sua versione offerta all’antimafia, che, per i pm, costituisce un primo indizio dell’esistenza della Trattativa a suon di bombe che avrebbe avuto l’obbiettivo di condizionare le decisioni del governo in materia di 41 bis. Finora si era parlato soltanto di 140 revoche disposte da Conso ai primi di novembre del 1993, ma delle altre 200 “trovate” dai magistrati Nino Di Matteo e Antonio Ingroia tra le carte del ministero della giustizia l’ex ministro avrebbe detto di non avere memoria. Così come ha detto di non ricordare altre 140 revoche di 41 bis che sarebbero state disposte dal ministero il 15 maggio del 1993, a ridosso della strage di via dei Georgofili, a Firenze. Tra vuoti di memoria, qualche non ricordo, e numerose contestazioni dei pubblici ministeri, Conso, in sostanza, anche in sede giudiziaria si è assunto la paternità della decisione “morbida” di revocare il carcere duro ai mafiosi, “per fermare le stragi”. Nel corso dell’interrogatorio Conso avrebbe confermato di avere assunto la decisione di revocare i provvedimenti “in assoluta solitudine”, senza obbedire ad alcun input ne, tantomeno, ad una trattativa della quale l’ex guardasigilli ha detto di non avere mai sentito parlare.
TRA LE POLEMICHE divampate ieri in tarda serata c’è anche la protesta della presidente dell’associazione delle vittime di via dei Georgofili, Giovanna Maggiani Chelli, contro il Tg1, che nell’edizione delle 20 “ha riferito che il 15 Maggio 1993 fu revocato sì il 41 bis a 140 mafiosi, ma tutti di basso spessore, anzi normali criminali non boss della mafia, da qui la rabbia di “Cosa nostra” e quindi le stragi di via dei Georgofili, via Palestro e le chiese a Roma”. Se questo è vero, si chiede la presidente dell’associazione, “perché oltre 200 mafiosi, altro dato più preciso nel numero dell’ultima ora, non furono passati da 41 bis a carcere normale il 15 maggio 1993 senza aspettare il 4 novembre 1993, salvando così i nostri figli?”. Ma né l’ex ministro Conso, né l’ex direttore del Dap Nicolò Amato, hanno memoria di queste revoche del 15 maggio, né di mafiosi, né di criminali comuni. Intanto forse già oggi i pm palermitani potrebbero ascoltare i presidenti emeriti della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azegli Ciampi.
Tratto da: Il Fatto Quotidiano
infatti il giornale ne parla gia dal 17 di novembre , 8 giorni prima del 25 , e le dichiarazioni del conso sono del 12 , con un articolo di Stefano Zurlo La trattativa dello Stato con la mafia? Si scopre che la fece il governo Ciampi
http://www.ilgiornale.it/interni/la_trattativa_stato_mafia_si_scopre_che_fece_governo_ciampi/17-11-2010/articolo-id=487451-page=0-comments=1
Mi chiedo inoltre il perche "il fatto" non ricordi delle frequentazioni mafiose del figlio di ciampi.
In barca con il boss? Non era Briatore, ma il figlio di Ciampi
Per sostituire Silvio Berlusconi e affrontare la grave situazione economica e istituzionale il Partito democratico vorrebbe un governo come quello che nel 1993 calò le braghe di fronte alla mafia dandola vinta alla massima organizzazione criminale italiana: il governo guidato da Carlo Azeglio Ciampi. Proprio nelle ore in cui emerge la grave responsabilità di quell’esecutivo che disapplicò il 41bis (il carcere duro ai boss) come i mafiosi volevano, ricattando lo Stato di strage in strage, uno dei leder del Pd, Walter Veltroni, se ne è uscito con una proposta incredibile: “Si deve dare vita a un governo istituzionale che, come il governo Ciampi, rassereni e dia sicurezza al Paese. Chi vuole votare ora è nemico dell’Italia”. Va bene che il Pd è ormai famoso per non averne azzeccata mai una da quando è nato, ma l’uscita di Veltroni ha fatto strabuzzare gli occhi a molti dei suoi. Proprio quando dentro il partito si stava perfino accarezzando l’idea di accasare (c’è chi dice perfino come leader) un uomo-simbolo dell’antimafia come Roberto Saviano, è sembrato follia uscirsene con quel “modello governo Ciampi” proprio nel bel mezzo delle rivelazioni sui favori fatti dall’esecutivo in quel 1993 ai boss di Cosa Nostra accettando di fatto le condizioni poste dal papello Ciancimino trovato un anno fa. Prudenza avrebbe consigliato di cancellare perfino il ricordo di quel governo, che tutto fece meno che rassicurare l’Italia, ma il Pd- si sa- è fatto così: se trova l’occasione per un hara-kiri ci si butta a capofitto.
Proprio mentre Veltroni confessava al Corriere il suo modello, ieri davanti al pm fiorentino della Dna, Gabriele Chelazzi, si è svolto l’interrogatorio di Nicolò Amato, che nel 1993 era direttore delle carceri italiane. L’ex collaboratore del ministro della Giustizia dell’epoca, Giovanni Conso, ha confermato che la decisione di disapplicare il carcere duro ai mafiosi venne proposta dall’allora capo della polizia, Vincenzo Parisi, un fedelissimo del presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, e che vi furono anche “pressanti insistenze” per la revoca della carcerazione dura da parte del Viminale, che era guidato da Nicola Mancino. Grazie a questo pressing il governo Ciampi adottò due decreti di revoca del carcere duro ai mafiosi. Uno a maggio e l’altro a novembre e i destinatari erano in tutto 280 boss detenuti nelle carceri di Secondigliano, di Poggioreale e dell’Ucciardone.
Amato ha confermato parzialmente la versione di Conso, dicendo che non vi fu trattativa con le organizzazioni mafiose (non avrebbe per altro potuto dire diversamente), ma discussione politica sì, tutta nelle sedi istituzionali. Lo scopo sarebbe stato quello già rivelato dall’ex ministro della Giustizia: fare finire la stagione delle stragi allentando la morsa di quel 41bis che a tutti era chiaro fosse all’origine degli attentati e degli assassinii del 1992-’93.
Ci sarà da indagare naturalmente sulle versioni e sui motivi di quella scelta, ma intanto i nuovi fatti emersi, le testimonianze e le documentazioni per la prima volta acquisite agli atti sono in grado di riscrivere la storia di quegli anni e probabilmente buona parte della storia di Italia così come l’abbiamo conosciuta. Sentenze comprese.
La vicenda dei rapporti fra Stato e Mafia invece di essere studiata e indagata con prudenza viene spesso utilizzata in modo distorta come manganello di uno schieramento contro l’altro. Ha brandito questo argomento in modo maldestro lo stesso Saviano contro la Lega, scatenando le ira del ministro dell’Interno, Roberto Maroni.
Incidente simile è accaduto ai primi di novembre al Fatto quotidiano ditretto da Antonio Padellaro. Che ha pubblicato l’anticipazione di un libro-intervista alla prima moglie di Flavio Briatore titolando “Quando Mr. Billionaire frequentava i mafiosi” e prendendosi una querela dal diretto interessato. Il Fatto si scandalizzava per la presunta frequentazione da parte di Briatore alla fine degli anni Ottanta di due personaggi: Gaetano Corallo, il re del casinò delle Antille e Rosario Spadaro, re degli hotel delle Antille. Erano loro i mafiosi individuati dal Fatto, e Briatore ha querelato perché sostiene di non averli mai frequentati.
In effetti i due personaggi frequentavano all’epoca il bel mondo. Non la famiglia Briatore, però. Si trattava della famiglia Ciampi. E in particolare del rampollo di Carlo Azeglio, Claudio, che all’epoca era dirigente dell’ufficio di New York della Bnl, in mezzo a mille polemiche per non avere controllato la filiale di Atlanta ed evitato lo scandalo internazionale dei fondi all’Iraq. Ciampi jr aveva rapporti strettissimi con Spadaro, tanto da essere stato intercettato dall’Alto commissario antimafia, Domenico Sica (le carte sono ancora in archivio) numerose volte al telefono con lui e nell’estate del 1989 addirittura mentre erano insieme in barca. Un missino dell’epoca, per anni fiero oppositore di Gianfranco Fini e ora finito fra le sue braccia, il barone Tommaso Staiti di Cuddia, presentò una interrogazione parlamentare che fece molto rumore, ipotizzando che nelle Antille con Spadaro fosse finito anche il governatore della Banca di Italia, Carlo Azeglio Ciampi. In effetti nelle telefonate con Ciampi jr c’erano numerosi riferimenti di Spadaro a un imminente incontro con “il Governatore”. Interrogati poi i due sostennero che il riferimento era al Governatore della isola di Sant Marteen.
Ciampi jr per diradare le ombre che si addensavano sul padre ammise la frequentazione con Spadaro, prima sostenendo “non ho letto da nessuna parte che Spadaro sia stato giudicato colpevole di qualche reato”, poi aggiungendo: “Rosario è cliente della Bnl da molti anni, più di dieci. Siccome io mi occupo dell’area commerciale, mi sembra naturale che io abbia contatti con lui. Credo non sia reato e tantomeno peccato andare in barca con qualcuno..”. Spadaro è stato arrestato due volte. Nel 1993 dalla polizia olandese nelle Antille per un’inchiesta sulle tangenti. Nello stesso anno è stato indagato dalla procura di Messina per traffico internazionale di armi. Nel 2005 Spadaro è stato arrestato una seconda volta per ordine della procura antimafia di Reggio Calabria nell’ambito dell’inchiesta “Gioco d’azzardo”. Reati che non hanno portato al momento a condanne in via definitiva. Resta il fatto che Spadaro in barca andava con il figlio di Ciampi e non con Briatore. Banale particolare che però insieme a quelli ben più seri e sostanziosi che emergono fra i segreti dell’attività del governo Ciampi nei confronti della mafia, racconta una storia assai diversa dalla favola ufficiale narrata. Particolare che sconsiglia vivamente di utilizzare questi temi in modo strumentale: spesso si rivelano armi a doppio taglio.
Bechisblog 19 novembre
Ecco qual è il sistema del fatto : attaccare i Briatore e omettere i Ciampi , uno che da presidente del consiglio non si "accorgeva" del mancato rinnovo del 41 bis, l altro che i mafiosi li frequentava.
un bell esempio di depistaggio.
Trattavano ma a loro insaputa di M Travaglio del 13/11/2010
L’ultimo in ordine di tempo è stato Giovanni Conso, ministro della Giustizia nei governi Amato e Ciampi dal febbraio '93 al marzo '94. Sentito in Antimafia, Conso ricorda all’improvviso ciò che non aveva mai rivelato in 17 anni: “Nel novembre '93 decisi di non rinnovare il 41-bis a 140 mafiosi ed evitai così nuove stragi. Ma non c’è mai stato alcun barlume di trattativa. Decisi in piena solitudine senza informare nessuno: né i funzionari del ministero, né il Consiglio dei ministri, né il premier Ciampi, né il capo del Ros Mario Mori, né il Dap........
ecco perchè le bugie hanno le gambe corte e il giornale della servitù ha balle per tutti i gusti
quanto alle frequentazioni di Ciampi non si evence da nessuna parte del grande articolo dei grande giornalaio bechis che il fatto abbia omesso la notizia
dove sarebbe attaccare i briatore e omettere i ciampi?
Ciampi jr per diradare le ombre che si addensavano sul padre ammise la frequentazione con Spadaro, prima sostenendo “non ho letto da nessuna parte che Spadaro sia stato giudicato colpevole di qualche reato”, poi aggiungendo: “Rosario è cliente della Bnl da molti anni, più di dieci. Siccome io mi occupo dell’area commerciale, mi sembra naturale che io abbia contatti con lui. Credo non sia reato e tantomeno peccato andare in barca con qualcuno..”. Spadaro è stato arrestato due volte. Nel 1993 dalla polizia olandese nelle Antille per un’inchiesta sulle tangenti. Nello stesso anno è stato indagato dalla procura di Messina per traffico internazionale di armi. Nel 2005 Spadaro è stato arrestato una seconda volta per ordine della procura antimafia di Reggio Calabria nell’ambito dell’inchiesta “Gioco d’azzardo”. Reati che non hanno portato al momento a condanne in via definitiva. Resta il fatto che Spadaro in barca andava con il figlio di Ciampi e non con Briatore.
Perchè il fatto non ne parla???????????
bechis senti un po' quando scriverai sul tuo blog di quei 6/7 milioni all'anno di contributi pubblici (cioè nostri) che incassa LIBERO le cui copie vanno sempre giù?
onesto bechis! che a fare i froci col culo degli altri siamo bravi tutti!!
dove sarebbe attaccare i briatore e omettere i ciampi? quali prove ci sono a sostegno che il fatto sapeva e ha omesso?
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