Barbara Spinelli su Repubblica non si è sottratta al vizio di tanti intellettuali politically correct: invita a leggere il Corano, ma, quando ne scrive, si capisce che… lei non l’ha letto! Meglio, lo ha letto a spizzichi e bocconi, solo quel che le serve a sostenere la tesi ideologica di una “tolleranza” coranica che –purtroppo- non corrisponde affatto al vero. Tesi che così enuclea: “Il Corano è contrario agli anatemi, alle scomuniche, il giudizio di miscredenza viene solo da Dio. La gentilezza ha ampio spazio nel Libro…” Date queste premesse, Barbara Spinelli non si capacita di come i violenti trovino ispirazione nel Corano: “Che cosa guida allora, se non stupidità, ignoranza e una vendetta ripetutamente scoraggiata nel Libro la mano degli assassini o la mente degli indifferenti musulmani…?
La risposta a questa domanda è ben diversa dalla tesi buonista della Spinelli ed è nota a chi abbia una minima conoscenza del Corano ed è nel versetto 29 della nona sura: “ Combattete coloro che non credono in Dio e nel Giorno Estremo, e che non ritengono illecito quel che Dio e il Suo Messaggero hanno dichiarato illecito, e coloro fra quelli cui fu data la Scrittura, che non s’attengono alla Religione della Verità. Combatteteli finché non pagano il tributo, uno per uno umiliati”. E’ questo solo un esempio di quella “gentilezza” coranica che la Spinelli ignora, così come ignora la chiusa del versetto 64 della quinta sura: “Ogni volta che i giudei accendono il fuoco di guerra, Allah lo spegne. Gareggiano nel seminare il disordine sulla Terra, ma Allah non ama i corruttori.” “Gentilezza coranica” che peraltro ispira anche gli Hadith (raccolta di detti e comportamenti di Maometto), di cui uno citato nello Statuto di Hamas, codificato da al Bukhari e da Muslim, così recita: “L’ultimo giorno non verrà fino a quando i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno e fino a quando gli ebrei non si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra e l’albero diranno: “O musulmano, o servo di Dio, c’è un ebreo nascosto dietro di me, vieni e uccidilo!” Ma l’albero di Gharquad non lo dirà, perché è l’albero degli ebrei”. Dunque, il fine stesso della storia umana, per un libro che è sacro ai musulmani come il Corano, è segnato dall’obbligo dello sterminio degli ebrei. Non basta: se Barbara Spinelli avesse la minima conoscenza dell’Islam contemporaneo (ma dimostra di non averla), saprebbe che il 18 gennaio 1985 Mohammed Taha, il “Gandhi musulmano”, fu impiccato a Khartoum, col pieno benestare della moderata e “gentile” università coranica di al Azhar. Il grande teologo musulmano fu appeso per “apostasia”, per aver proposto nel suo libro “Il secondo messaggio dell’Islam” (Emi Editore), di distinguere e di considerare Rivelazione solo le cosiddette “sure meccane”, e di relativizzare e non considerare Rivelazione quelle palesemente legate all’esperienza politica del Profeta, le cosiddette “sure medinensi”, intrise delle polemiche feroci nei confronti degli ebrei e dei cristiani, avvolte dallo spirito epico del jihad, guerra di spade e di teste mozzate, segnate dalla strategia sviluppata da Maometto per riconquistare la Mecca dopo la fuga (Egira) del 622 alla Medina. La Riforma dell’Islam, proposta da Taha, per cui fu impiccato, si basa sul principio della interpretazione del Verbo –negata dall’Islam contemporaneo- ed é dunque di piena apertura nei confronti delle altre fedi e soprattutto rifiuta le basi stesse della cultura del jihad di conquista e di proselitismo, a cui ovviamente associa il rifiuto della “autorità tutoria dell’uomo sulla donna”, della poligamia, del ripudio, della schiavitù (spesso praticata ancora oggi, prevista e codificata nel Corano). Olivier Carré, nel suo “Islam laico” (il Mulino) dà ampio conto del ruolo dirompente che la Riforma di Taha avrebbe potuto aver nel corpo dell’Islam (e quindi delle ragioni per cui fu impiccato da un tribunale islamico). Ma Taha non è il solo intellettuale islamico che Barbara Spinelli dovrebbe consultare prima di scrivere a sproposito del Corano. Hamid al Ansari, ex preside della facoltà della sharia dell’Università del Qatar, nel corso di un’intervista ad Al Raya, del 4 ottobre 2004, si chiese:“Perché di fatto, noi musulmani siamo i soli a farsi incantare dalla teoria di una cospirazione ebraica dietro ogni vicenda? Perché l’albero della cospirazione fiorisce sul nostro suolo? E perché siamo ancora prigionieri di teorie cospirative la cui falsità è stata provata?” E così si rispose: “Tra le ragioni della teoria della cospirazione ebraica vi sono: Le parole del Corano sull’inganno dei figli di Israele contro i loro profeti e contro le altre nazioni. Le parole della Sira (la biografia di Maometto) a proposito del pericoloso ruolo cospirativo degli ebrei, sin dai primi giorni, contro l’Islam, il Profeta Maometto, i musulmani e il loro nuovo Stato. Le parole che la nostra cultura radica nelle anime e nelle menti dei musulmani, ossia che gli ebrei sono la fonte dei mali del mondo.” Inequivocabile. (Libero)
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