Questa storia di Cesare Battisti è vergognosa, non c’è dubbio, ma noi italiani faremmo meglio a non recitare unicamente la parte degli offesi. Si tratta di un volgare assassino e ladro, che solo un’accolita di intellettualoidi idioti possono scambiare per una specie di martire politico, ma in questa faccenda noi paghiamo colpe collettive. Che sono reali. Ho visto che molti chiedono al governo di far la faccia feroce, così come ci sono ministri che straparlano di boicottaggi commerciali. Invece dovrebbero boicottare sé stessi, perché di quel che accade sono largamente responsabili. Battisti merita di scontare la galera a vita, ma meritava anche un processo al quale potesse prendere parte. L’idea di processare in contumacia dei cittadini italiani di cui si conosce benissimo l’indirizzo non è affatto accettabile: si sarebbe dovuto chiedere alla Francia di riaverlo e, quindi, di processarlo. Farlo in sua assenza, nel mentre quello si proclama perseguitato, serve solo a perdere tempo e dimostrare di avere un’idea approssimativa di cosa sia la giustizia.
Visto che andiamo incontro alle orride e inutilissime ritualità d’inizio anno, con le geremiadi giudiziarie, si sappia che quelle parole fanno il giro del mondo. E se i più alti gradi della magistratura dicono che la giustizia italiana fa schifo, se il capo del governo conferma d’essere perseguitato, quindi la giustizia fa schifo, se l’opposizione lamenta che il capo del governo non è ancora stato condannato, quindi la giustizia fa schifo, cosa credete che ne concludano gli altri? Che in Italia la giustizia fa schifo. E hanno ragione.
Posto ciò, trovo grottesca la commedia inscenata da chi reclama, per Battisti, la certezza della pena. Sono assolutamente convinto che dovrebbe scontarla, ma credo debbano farlo tutti i condannati. Se Battisti fosse rimasto in Italia, invece, sarebbe libero. Come lo sono quasi tutti i terroristi. Come lo sono migliaia di mafiosi. Migliaia. Non solo: ci siamo resi globalmente protagonisti di una storia da mentecatti, con gli statunitensi che tenevano in carcere una nostra cittadina, regolarmente condannata, e noi la reclamavamo per poterla liberare e mettere a libro paga dello Stato: Silvia Baraldini. Arrivammo al ridicolo di farla ricevere dal ministro della giustizia, Oliviero Diliberto. Non crediate che ci si possa comportare da buffoni per anni e, poi, essere presi sul serio quando ci si arrabbia.
Anche perché le autorità s’arrabbiano solo a favore delle telecamere interne, per recitare la parte. La sostanza è diversa e quando Silvio Berlusconi sbotta “se lo tengano”, dice quel che pensa, quel che non si può dire, ma quel che non è privo di saggezza e convenienza (pensate all’eventualità di un suo ritorno, pentimento e liberazione: altra figura meschina). Quel che escludo è che un pragmatico come il presidente Lula abbia negato l’estradizione per ragioni ideali. La verità è che quella decisione sta nel conto dei rapporti fra Brasile e Italia.
Sono stati buoni e profittevoli per molti anni. Il Brasile è fatto anche da italiani. Abbiamo multinazionali che hanno investito molto, in Brasile, e fatto ottimi affari. Ma siamo anche il Paese che, a un certo punto, ha preferito gli affaristi agli affari, che s’è fatto conoscere con il volto di chi privilegiava l’arricchimento personale sul crescere in un Paese in crescita. Fanno ridere, quelli che ora reclamano l’embargo: sveglia, ragazzotti brilli, lo abbiamo subito. Le nostre presenze industriali si sono ridotte, le commesse pubbliche a noi dirette sono diminuite, talora lavoriamo come fornitori di altri appaltatori, il tutto mentre il mercato brasiliano registra crescite straordinarie. Sono i brasiliani che possono punirci tenendoci fuori, mica noi che possiamo vendicarci non importando calciatori e travestiti.
Le missioni governative sono state gestite con una superficialità e con una non professionalità sbalorditive. Il presidente di una potenza economica mondiale è stato da noi ricevuto come se fosse il capo di un mondo che si divide fra samba e caipirinha. Ho l’impressione che Lula avesse voglia di lasciare la presidenza avendo assestato un bello schiaffone sulle gote italiane. E lo ha fatto.
Sicché, non prendiamoci in giro, quel che è capitato con Battisti è vergognoso, ma anche nel senso che dobbiamo vergognarci. Se politica e governo vogliono rendersi utili, senza limitarsi a sgambettare sul palcoscenico dell’indignazione, dedichino il loro tempo a rendere civile la nostra giustizia, certo il diritto e seria la politica estera (che è anche economica e commerciale). A proposito: gli spioni italiani che inquinarono anche la vita brasiliana ancora attendono un processo che stabilisca cosa è successo e chi lo volle. Paghiamo anche questo, e con gli interessi
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