lunedì 4 novembre 2013

"Esecuzione" del Cav Letta corresponsabile. Arturo Diaconale



Enrico Letta rispolvera l’antica ipocrisia di stampo democristiano quando ripete che nel caso Berlusconi bisogna tenere distinti l’ambito giudiziario da quello politico. Perché ci vuole una dose massiccia di ipocrisia nel non prendere atto che per tenere separati i due ambiti sarebbe bastato aspettare che a decretare la decadenza del Cavaliere fosse stata , come inevitabilmente avverrà tra qualche settimana, la giustizia ordinaria.

Invece il Partito Democratico, su pressione del Movimento Cinque Stelle e in concorso con Scelta Civica, ha puntato sull’esecuzione politica fin dalla sentenza di condanna del leader del centrodestra . E da questa linea non ha mai derogato di un solo millimetro in un crescendo di determinazione politica contro il Cavaliere culminata nella scelta del voto palese per l’espulsione dal Senato del ventennale nemico. Se Letta avesse voluto preservare il proprio governo dalla fatale commistione di questioni giudiziarie e questioni politiche nella vicenda Berlusconi, avrebbe potuto tranquillamente e facilmente sollecitare il rinvio alla Corte Costituzionale della legge Severino.

O spendere il peso del proprio ruolo per convincere i vertici del Pd ad evitare la strada della provocazione continua nei confronti dell’alleato Pdl-Forza Italia nella coalizione governativa. Non lo ha fatto. E non per tenere distante l’esecutivo da una materia così ribollente, ma per non assumere una posizione che sarebbe stata oggettivamente in contrasto con la linea seguita dal proprio partito. Anche il Presidente del Consiglio, dunque, si è mosso in base a valutazioni politiche e senza tenere in alcun conto quelle giuridiche. Puntando apertamente a blindare il proprio governo attraverso la spaccatura e l’eventuale scissione del Pdl-Forza Italia.

I berlusconiani di osservanza governativa sostengono che Letta è una vittima di quella parte del Pd che punta al voto anticipato in primavera per sfruttare l’ascesa di Matteo Renzi per stravincere le elezioni anche grazie all’espulsione dalla partita di Silvio Berlusconi. E chiedono al Cavaliere e ai lealisti di Forza Italia di non cadere nella provocazione e di continuare a sostenere il governo di Enrico Letta. Ma il loro tentativo di giustificare Letta presentandolo come una vittima del complotto renziano e grillino non convince affatto. Perché non è sostenendo il governo che si blocca la spinta di Renzi e Grillo per le elezioni anticipate; spinta che diventerà comunque incontenibile dopo le primarie di dicembre e la conquista della segreteria del Pd da parte del sindaco di Firenze.

Ma è sostenendo Letta che si favorisce il disegno del Presidente del Consiglio di usare la voluta commistione tra politica e giustizia nel caso Berlusconi per provocare una scissione irreparabile nel centrodestra e favorire non la fine del berlusconismo ma l’eclissi per un tempo indefinito dell’area moderata dalla scena politica nazionale.

Invece di parlare di provocazione, dunque, i governativi del Pdl-Forza Italia dovrebbero incominciare a riflettere sulla prevaricazione compiuta congiuntamente dal Partito Democratico, dai montiani di Scelta Civica, da Sel, dal Movimento Cinque Stelle e dallo stesso Presidente del Consiglio. Una prevaricazione che porta il nostro Paese allo stesso livello di quei paesi dell’Est in cui ai vecchi regimi comunisti sono succedute democrazie deboli dove la sorte degli oppositori è quella di finire in galera per presunti reati comuni. (l'Opinione)

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