mercoledì 20 novembre 2013

Il "decennio" berlusconiano. Alessandro Corneli


Silvio Berlusconi ha governato per 3341 giorni, guidando quattro diversi governi. Iniziò il 10 maggio 1994 e terminò il 16 novembre 2011. Gli altri governi, fino a questa ultima data, hanno retto l’Italia per 3587 giorni. Quindi, nel cosiddetto “ventennio berlusconiano”, Berlusconi ha governato meno degli altri messi insieme, incluso il governo Dini, considerato formalmente un governo tecnico, ma avendo il partito di Berlusconi all’opposizione per cui è logico considerarlo insieme ai governi di centrosinistra.

Aggiungiamo i 529 giorni del governo Monti e i 204 giorni del governo Letta (alla data del 18 novembre 2013) che, pure avendo avuto la fiducia del Pdl, e il primo con connotazioni di governo tecnico, il realtà appartengono alla serie dei governi non berlusconiani. Arriviamo allora a 4320 giorni.

Non basta. La fine della Prima Repubblica, o l’inizio della Seconda, prese avvio il 28 giugno 1992 con il primo governo Amato (304 giorni), seguito dal governo Ciampi (377), entrambi di sinistra. Per cui si può affermare che, dalla fine del pentapartito, l’Italia è stata governata da Berlusconi per 3341 giorni e dalla sinistra per 5001 giorni, cioè per 1660 giorni in più.

Se in questi 21 anni e mezzo l’Italia è complessivamente regredita, o ha avuto uno sviluppo minimo, o non è riuscita a superare di diversi handicap, la responsabilità deve essere quanto meno ripartita, e nemmeno in parti uguali.

Più correttamente bisognerebbe parlare del “decennio berlusconiano”, cioè il periodo compreso tra l’11 giugno 2001 e il 16 novembre 2011, durante il quale si sono concentrati 3098 giorni di governo su 3341.

Ciò vuol dire che dal 28 giugno 1992 all’11 giugno 2001, i governi di sinistra sono stati al potere 3018 giorni, ovvero hanno dominato il decennio successivo alla fine della Prima Repubblica, durante il quale avrebbero dovuto fare le riforme profonde di cui l’Italia aveva un forte bisogno. Ne segue che il “decennio perduto” non è l’ultimo, Monti e Letta a parte, dominato da Berlusconi, ma il primo, con le successive leadership di “grandi” leader come Amato, Ciampi, Prodi, Dini e D’Alema, i quali avrebbe dovuto mostrare competenza e visione, che invece non hanno dimostrato. Hanno invece lasciato incancrenire una situazione che era già compromessa.

Innegabilmente i dati sono peggiorati nel “decennio berlusconiano” 2001-2011. Ma consideriamo i tre seguenti fattori negativi e anomali per la loro novità: 1) attentati dell’11 settembre 2001, che hanno inferto un primo duro colpo all’economia internazionale e hanno innescato nuove tensioni anche militari, cioè appena tre mesi dopo l’insediamento di Berlusconi a Palazzo Chigi; 2) 1° marzo 2002, sostituzione della lira con l’euro che, grazie anche alla tradizionale inefficienza della pubblica amministrazione italiana, ha sconvolto prezzi, consumi e redditi, imponendo ai più un duro adattamento alla nuova moneta e ai meno concedendo facoltà di speculare; 3) scoppio, a partire dal luglio 2007, della peggiore crisi finanziaria del dopoguerra che, ovviamente, coma una tempesta, ha fatto più male ai più deboli. Accusare Berlusconi di avere “negato” la crisi o di averla sottovalutata, non cambia nulla: a parole, nessuno è riuscito a esorcizzare questa crisi; nei fatti, essa è stata gestita a livello europeo e il governo ha avuto sempre meno margini per decidere in modo autonomo.

Nessun decennio è stato perseguitato dalla sorte avversa come il decennio berlusconiano tra il 2001 e il 2011. Ci fu una breve finestra di ripresa, nel 2006 e 2007: giusto il tempo perché ne approfittasse il secondo ed effimero governo Prodi. La fortuna è cieca. Non si può dire altro.

Ora, se nel primo decennio, dal 1992 al 2001, i grossi calibri della politica e della tecnica, alternatisi al governo sia prima (Amato I e Ciampi) sia dopo la discesa in campo di Berlusconi (e cioè Dini, Prodi I, D’Alema I, D’Alema II e Amato II) avessero fatto – poiché possedevano scienza e conoscenza – ciò che si sarebbe dovuto fare, a partire da privatizzazioni intelligenti e vere liberalizzazioni, l’Italia avrebbe affrontato il secondo decennio in condizioni migliori. Non l’hanno fatto e hanno consegnato a Berlusconi la guida di una nave piena di falle. Inoltre Berlusconi ha avuto a disposizione uno stato maggiore particolarmente modesto. Così ha tenuto la nave a galla finché ha potuto. Demonizzare oltre misura il suo governo ed enfatizzare le sue responsabilità è scorretto. Le vere responsabilità sono parecchio a monte. Lo dimostra il fatto che né il governo Monti né il governo Letta riescono a fare poco di più del galleggiamento. Se le risorse sono scarse, lo sono ancora di più le idee e i progetti. Questo è il vero dramma.

GR&RG

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