mercoledì 20 novembre 2013

Santanchè, dopo la richiesta di condanna, arriva la fatwa dell'imam di Segrate. Alessandra Boga


L’altro ieri, lunedì 18 novembre, sono stati chiesti dal tribunale milanese una condanna a un mese di reclusione e 100 euro di multa per Daniela Santanchè con l’accusa di “manifestazione non autorizzata” in merito alla protesta contro l’uso del velo integrale da lei promossa il 20 settembre 2009 durante le celebrazioni di fine Ramadan alla Fabbrica del Vapore di Milano. In quell’occasione la parlamentare è stata aggredita da un cittadino egiziano, Ahmed El - Badry, il quale è stato condannato soltanto a sborsare 2.000 euro di risarcimento. Niente carcere per lui.

Una presunta “manifestazione non autorizzata” di chi ha cercato di difendere le donne musulmane da quella gabbia di stoffa che è il velo integrale e, insieme, la legalità nel nostro Paese (in cui è vietato girare viso coperto), è stata giudicata più grave di un’aggressione da parte di chi se ne frega di tali principi, un’aggressione costata alla Santanchè 20 giorni di prognosi.

Tra l’altro lei si difende dicendo di aver personalmente avvisato la Questura delle proprie intenzioni, mentre si stava avviando sul luogo della preghiera islamica, e di aver soltanto voluto controllare se si rispettasse la legge italiana che impone di non occultare il viso. Il giudice ha replicato che non era la procedura da seguire.

Per Daniela Santanchè, già sotto scorta per le minacce di morte ricevute per due libri a favore delle donne musulmane, è arrivata anche la fatwa di una sua vecchia conoscenza: Abu Shwaima, “l’imam di Segrate”.

L’uomo ha dichiarato che la deputata “Merita il fuoco dell’Inferno”, che equivale ad una condanna a morte.

Lei esorta a non sottovalutare la minaccia e annuncia che denuncerà il predicatore islamico. Finalmente verrà fatto qualcosa questa volta, o a pagare dovrà essere sempre e solo chi, anche in un Paese come l’Italia che dovrebbe essere libero, cerca di difendere le donne musulmane?

(LsBlog)

 

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