martedì 19 febbraio 2008

Violentatore e malagiustizia. Davide Giacalone

Classico esempio di giustizialismo senza capo né coda: al pedofilo maiale che ha violentato ancora una ragazzina pratichiamo la castrazione chimica o lo teniamo in galera a lungo? Risposta: irresponsabili, prima si deve processarlo. Ed il fallimento della giustizia, il vostro fallimento di legislatori e governanti, la vostra insipienza bipolare, la vostra incapacità di ragionare sta proprio nel fatto che non si è stati neanche capaci di processarlo. Quindi piantatela di domandarvi quale sia la pena più adeguata, e prendete atto che il violentatore è, per colpa vostra, un presunto innocente.
Questo signore è stato arrestato nel 2004, accusato di avere violentato una bambina di dodici anni e due gemelle di otto. Condannato in primo grado a sei anni e quattro mesi di reclusione è stato poi scarcerato per decorrenza dei termini. In quattro anni non si è riusciti a fargli avere una condanna definitiva (e magari anche più adeguata), ma era sottoposto all’obbligo di firma, talché si è presentato ai carabinieri proprio in compagnia della bambina, quattro anni, che ha poi violentato. I genitori della bambina ora dicono: “credevamo fosse innocente”. Come si vede, dunque, non serve ad un bel niente interrogarsi sulle castrazioni e sulle pene, per la semplice ragione che quando la giustizia non funziona il resto sono chiacchiere senza significato. Anzi, chiacchiere pericolose, perché si fa leva sul giusto sdegno popolare per invocare punizioni immediate, che, però, saranno sempre illegittime senza l’intervento dell’ultimo e definitivo giudice.
La bancarotta giudiziaria è evidentissima: se si arriva a perdere quattro anni senza riuscire a fare neanche il processo d’appello, è evidente che torna in libertà uno che ha già violentato tre bambine. Cosa credete che possa accadere? Quel che è accaduto. Il rimedio non è nel varare leggi emergenziali e liberticide che mettano in altre mani il compito di stabilire chi resta in carcere da presunto innocente, ma, semmai, da una parte si deve rendere vivo il defunto processo penale e, dall’altra, si deve indagare il perché quel processo è finito a prendere la polvere e farla pagare a chi è responsabile. Più precisamente: si deve farla pagare ai magistrati responsabili di non avere fatto il loro dovere.Invece si finirà con il dire le solite cose, a cominciare dal fatto che non c’è un responsabile, ma la colpa è del “sistema”, della “società” e così via assolvendo chi ha consentito a quest’uomo di continuare a fare del male. Nel frattempo il politicante di turno si distinguerà facendo il severo ed il duro, senza avere neanche il coraggio di dire cosa si dovrebbe fare per evitare questo sconcio. Così, sempre nel frattempo, un’altra bambina ha subito l’ignobile violenza. Che altro si vuole, che altro deve succedere per accorgersi che le nostre grida contro la malagiustizia non sono una maniacale fissazione?

1 commento:

Anonimo ha detto...

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MALAGIUSTIZIA

Che dire della faccia di chi, dopo che gli hanno ammazzato bene bene un familiare, ritrova, dopo due o tre anni, l'assassino in circolazione ... ?
Non parliamo del "gioielliere" che, se si azzarda a sparare al rapinatore che lo minaccia a mano armata, va sotto processo con l'accusa di omicidio volontario o preterintanzionale (quando va bene)!
Pare, che, addirittura, sia un REATO, il fatto che una donna, per preventiva difesa personale, porti con sé, e all'occorenza usi, la bomboletta spray al peperoncino. L'unica chance offerta dalla legge: "fatti violentare e ... porta pazienza!"
CAOS AGITATO!