mercoledì 15 ottobre 2008

Cacio senza maccheroni. Davide Giacalone

Il governo prende un filotto d’errori con una decisione sola, quella di acquistare duecentomila forme di Parmigiano Reggiano e Grana Padano. Il fatto che ci sia il plauso delle autorità regionali emiliano-romagnole (rosse), ed il silenzio dell’opposizione, non fa che aumentare il forte odore che dall’iniziativa promana.
Tanto bel formaggio di lusso è acquistato per darlo in pasto ai poveri, talché sembra sia passata invano la buona Maria Antonietta, che ci rimise la testa. Il fatto è, purtroppo, che questo non è un aiuto ai poveri, bensì ai ricchi, vale a dire ai produttori di questi formaggi. E siccome tali aiuti sarebbero proibiti dalle normative europee, il governo, per aggirare il divieto, acquista a prezzi di mercato, vale a dire pagando uno sproposito. Siccome, però, i produttori sono comunque indotti a fare uno sconto, questo si concretizzerà in altre centinaia di forme, questa volta “regalate”, sempre agli stessi poveri.
L’effetto di tale operazioni sarà un sostegno al prezzo del parmigiano e della grana, ed una diminuzione delle scorte invendute, il che comporterà una non diminuzione del prezzo per i consumatori che quel formaggio mangiano o grattano, senza rientrare nella categoria degli indigenti. In altre parole: i produttori intascano i soldi, e con quelli tengono alti i prezzi per i consumatori normali. Un capolavoro.
Tutto questo nel mentre l’Istat segnala sì un calo dell’inflazione (dal 4,1 al 3,8%), ma confermando che il prezzo del pane è salito dell’8,6% in un anno, e quello della pasta del 24,9. I poveri, pertanto, avranno il cacio, ma non i maccheroni, il formaggio, ma non il pane. O, più concretamente, si suggerirà alla borghesia d’affrettarsi a divenire mendicante, in modo da potere riportare in tavola le fettuccine al pomodoro e la grattugia per insaporirle.
Il filotto d’errori non è un inedito, perché si tratta dell’antica pratica dell’economia assistita, con annesso corollario di favoritismo alle imprese amiche. E’ bene chiamare le cose con il loro nome, anche perché i caseifici della padania non si sentano distanti dai forestali calabresi.

Nessun commento: