giovedì 6 maggio 2010

Atene uccisa dall'euro. Antonio Martino

Le quotazioni dei titoli europei sono scese drasticamente il 4 maggio a causa delle preoccupazioni relative al pacchetto di salvataggio per la Grecia e per i timori sulla possibilità che anche altri Paesi europei siano costretti a chiedere aiuto.
L'indice medio europeo ha perso quasi il 3%, quello greco quasi il 7% e così gli altri indici, incluso il nostro. Che succede?
La Grecia aveva accettato domenica di adottare drastiche misure di austerità in cambio di un prestito di 110 miliardi di euro, ma anche a parere del ministro delle Finanze tedesco Schaeuble la Grecia potrebbe finire nella impossibilità di fare fronte ai suoi debiti se non rispettasse un rigido piano di rientro dall'attuale deficit. In effetti, il prestito stanziato dai paesi della zona dell'euro e dal Fondo monetario internazionale, a conti fatti, non sarebbe sufficiente a coprire le passività greche, almeno secondo quanto appurato da un'analisi dei conti pubblici di quel paese. Nel 1978 venne pubblicato un libro di due studiosi: Richard Rose, economista inglese, e Guy Peters, politologo americano, dal significativo titolo: Lo Stato può fallire? Gli anni Settanta furono, infatti, gli anni delle follie finanziarie in moltissimi paesi occidentali, il che fece sorgere il quesito sulla possibilità che uno Stato facesse bancarotta. Uno Stato è finanziariamente fallito quando non riesce a onorare i suoi impegni, a pagare i suoi debiti. Lo Stato ha tre forme di finanziamento: le tasse, i prestiti e l'inflazione. Nel sistema dell'euro un singolo Stato non può pagare i suoi debiti stampando quattrini, non gli restano quindi che le tasse e i debiti. Se ha già abusato della potestà impositiva tartassando i suoi cittadini, per pagare i suoi debiti può solo fare altri debiti. Tuttavia, ciò gli è possibile solo se trova qualcuno disposto a fargli credito, acquistando i suoi titoli di debito pubblico. Se questo non accade nemmeno offrendo tassi d'interesse principeschi, lo Stato non può pagare i suoi debiti ed è tecnicamente in condizioni di bancarotta. Questa era la situazione greca prima del prestito e potrebbe continuare ad esserlo anche dopo se sono vere le analisi di cui si è detto. Ma non è solo la Grecia a rischiare la bancarotta, anche Portogallo e Spagna corrono lo stesso rischio. Quanto a noi, ancora una volta le follie nella gestione del bilancio pubblico, lo sterminato debito e il forte deficit per il momento non determinano rischi analoghi grazie alla parsimonia delle famiglie italiane. In occasione dell'ultimo collocamento di titoli di Stato, la domanda ha largamente superato l'offerta, il che significa che gli italiani sono più che disposti a prestare soldi allo Stato finanziandone le prodigalità. Per il momento, quindi, l'Italia, a differenza di Grecia. Portogallo e Spagna, non è sull'orlo della bancarotta. Quanto ciò possa durare è difficile dirlo ma per ora non abbiamo motivo di lasciarci andare al panico. La preoccupante situazione dei paesi a rischio è dovuta anche alla frettolosità con cui si diede vita alla moneta unica, che impedì ai super-esperti di rendersi conto dei tremendi rischi che la loro superficialità determinava per l'intera Europa. Avere privato della sovranità monetaria paesi che continuavano a detenere quella in materia di bilancio li ha privati di un modo, certo pericolosissimo e iniquo, per trarsi fuori da situazioni disperate: l'inflazione. Non basta. Quando la moneta è unica, un singolo paese non ha nemmeno la possibilità di fare ricorso ad un altro rimedio, non proprio desiderabile ma certamente meno doloroso delle alternative: la svalutazione. Se la Grecia avesse ancora la sovranità monetaria, ricorrerebbe alla svalutazione della dracma che, per quanto non priva di conseguenze negative, è certamente preferibile alla bancarotta o alla riduzione generale di prezzi e salari interni. Se gli onniscienti mandarini che crearono l'euro avessero prima affrontato seriamente il problema delle regole monetarie e di bilancio atte a garantirne la solidità, forse tutto ciò ci sarebbe stato risparmiato. Il lettore che ha avuto la bontà di leggere quanto da tempo immemorabile scrivo sull'argomento sa che da sempre critico l'euro per il modo con cui è stato introdotto e per la debolezza, per non dire altro, delle sue basi fiscali e monetarie. Tuttavia, mi auguro che questa maledetta moneta unica sopravviva alla tempesta in corso perché se, invece, fallisse, non sarebbe solo la fine dell'Europa monetaria, sarebbe la fine dell'unità europea e forse addirittura l'inizio della disgregazione di alcuni Stati nazionali. (Libero)

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