Qualsiasi sia il semantema del prefisso «anti-», di solito agli intellettuali va bene. Ma la parola per cui impazziscono, che li manda in choc adrenalinico, è «Berlusconi». Il vero intellettuale, che secondo il noto luogo comune, o è di sinistra o non è, trova la propria essenza e la stessa ragion d’essere, oggi, nel proclamarsi «anti-berlusconiano», in tutte le declinazioni possibili. Le quali, proprio a dimostrazione di quella libertà di espressione e di pensiero che nel nostro Paese l’intellighenzia nega a parole incarnandola nei fatti, si sono manifestate platealmente al Salone del libro di Torino. Kermesse, come si dice in questi casi, che ieri ha celebrato una solenne Messa cantata in suffragio del Governo unico, i cui officianti per quantità e prestigio coprono l’intero arco ideologico della sinistra No-Cav, dalla «A» di Asor Rosa alla «Z» di Zagrebelsky. Tutta gente che grida da anni al pensiero unico e allo stato totalitario, trovando però stranamente – ovunque - numerose e liberali tribune per urlarlo.
GLIELE HANNO CANTATE A CHIARELETTERE. Il mattutino è stato recitato alle ore 10, quando un rappresentativo panel dell’antiberlusconismo militante è stato radunato dall’editore Chiarelettere nella Sala Gialla per parlare del Libro viola di Gianfranco Mascia, del pamphlet Dopo di lui il diluvio di Oliviero Beha, del saggio-denuncia Assalto al Pm di Luigi De Magistris e dell’antologia giornalistica anti-italiana Senz’anima di Massimo Fini. In nome del più originale anti-berlusconismo, il primo ha detto che «l’Italia è affetta da un pericoloso analfabetismo di ritorno e ha perso la maniera di comunicare per via del monopolio delle tv private e pubbliche di Berlusconi» e che l’ignoranza diffusa nel Paese, che parte dai tempi del Drive-in, è strategica al controllo politico delle coscienze: «La scuola della Gelmini vuole insegnare di meno, mentre gli studenti vorrebbero studiare di più», e che insomma bisogna organizzarsi «per abbattere Berlusconi». Beha ha detto invece che «non basta resistere ma bisogna reagire» perché «Berlusconi in questi vent’anni ha legalizzato l’illegalità attaccando e aggredendo la Costituzione». De Magistris, che quando parla sembra sempre più identico a Massimo Troisi, ma con minore credibilità, ha profetizzato che il film di Totò in cui la Fontana di Trevi viene venduta ai turisti americani diventerà realtà, perché «presto il ministro Bondi venderà anche il Colosseo, e poi si privatizzeranno persino le coscienze» (!). Mentre Fini, che almeno ha dalla sua la simpatia, ha detto che non dobbiamo preoccuparci più di tanto perché «Berlusconi finirà per autocombustione, quando sarà portato via da un’ambulanza per aver aperto l’impermeabile davanti a un gruppo di ragazzine fuori da un scuola media femminile».
LIBERA DISSIDENZA IN LIBERO STATO. In refettorio, alle ore 12, si sono radunati Gustavo Zagrebelsky, Rosy Bindi e il direttore della Repubblica Ezio Mauro per un dibattito su Stato e Chiesa. Ha introdotto l’abate Ernesto Ferrero, che rivolgendosi alla Bindi ha confessato: «Mi si stringe il cuore quando ti vedo in televisione di fronte a certi personaggi...», lasciando in sospeso se si riferisse a La Russa o a Bondi o a Fini. Comunque, Zagrebelsky ha suggerito, invece di togliere l’8 per mille, di abolire Tremonti; la Bindi ha tuonato contro certi cardinali che telefonano ai parlamentari per dire come votare; mentre Ezio Mauro ha stigmatizzato la politica della Destra che usa strumentalmente la religione cattolica. Tutti si sono trovati concordi nel dire che «si sta scollando una civiltà giuridica» e che siamo «in un momento molto delicato». Ci sfugge completamente a chi e a che cosa si riferissero. Amen.
DA CHE PULPITO, MERCEDES. «In politica serve il coraggio della radicalità nel senso della chiarezza delle posizioni», così l’ex presidente del Piemonte, Mercedes Bresso, intervenendo alla presentazione di un libro significativamente intitolato Guerra e pace, ha ricordato, da Sinistra, la necessità di metterci la faccia, cosa che non fa la Destra. Dimenticandosi però di quando, con grande coraggio, tolse l’ultimo capitolo del suo romanzo dedicato al patron del Grinzane Cavour Giuliano Soria, poco prima che il volume andasse in stampa e poco dopo che il vecchio amico-professore era finito in manette. Il tempismo della chiarezza delle posizioni.
TACI, IL GOVERNO TI ASCOLTA. All’ora del Vespro, per i chiostri del Salone già correva voce che quasi tutti gli editori si sono mossi per protestare contro il disegno di legge sulle intercettazioni all’esame del Senato. In poche ore si sono moltiplicate le firme a sostengno dell’appello «per la libertà di stampa e i libri» scritto dal Gruppo editoriale Mauri Spagnol: «Il ddl sulle intercettazioni - recita il documento - così com’è rischia di compromettere un diritto dei cittadini tutelato dalla nostra Costituzione: quello di informazione e di critica». Ma la critica, non era morta?
IL NOME DELLA COSA. A compieta, il monaco Umberto Eco evoca il passato per parlare del presente, spiegando, con dotto luogo comune, che «la memoria è importante, ma oggi soffre di tre malattie: l’eccesso di ricordi, l’eccesso di filtraggio, la confusione delle fonti. Malattie cui dobbiamo far fronte, se vogliamo tramandare qualcosa alle generazioni future e salvarci l’anima». Da chi, preferisce non dirlo.
DAL VANGELO SECONDO MARCO. La preghierina della buonanotte, come di rito, l’ha recitata Marco Travaglio, alla fine di un’estenuante giornata già vista e già vissuta tante volte, leggendo brani del suo libro-Vangelo Ad personam davanti a un pubblico di fedeli in trance anti-berlusconiana. Nella grande sala dei Cinquecento, Gran Inquisitore Marco Travaglio, giudici a latere Peter Gomez e Roberto Scarpinato, si è ri-celebrato l’ennesimo processo al Cavaliere, con condanna preventiva in contumacia. E senza avvocati difensori. È la sagra dell’antiberlusconismo ossessivo-compulsivo: «Quando le leggi le faceva il Parlamento, mentre oggi...»; «In questo momento la situazione è a grande rischio...»; «Sono stati zittiti i giornalisti indipendenti...» (applausi); «mentre i giovani non trovano lavoro i vertici della politica continuano a vivere da nababbi con i soldi pubblici rubati a questo Paese» (molti applausi); «Berlusconi esercitava un potere mafioso anche quando c’era la sinistra al governo» (questa l’ha detta Barbara Spinelli). Non si salva nessuno: dalle mazzette di Gianni Letta ai fatti di mafia di Cosentino, da «il migliore di tutti, in senso ironico», Guido Bertolaso «lì lì per saltare» a Marcello Dell’Utri, che è ancora senatore. Del resto, come dice il peggiore dei luoghi comuni, «il Parlamento è lo specchio del Paese». È curioso ma è la stessa cosa che si dice, per il mondo culturale, del Salone del libro. (il Giornale)
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