Se mai c’è stato un momento d’oro per il Cav, è questo. D’accordo, i magistrati sono in agguato. Ma è routine e non vale la pena farsi distrarre. Inutile pure che il Cav si inalberi perché Serena Dandini lo piglia per i fondelli su Raitre. Se ne infischi! Idem per Sabina Guzzanti che fa la parodia degli sforzi fatti per l’Aquila. Lasci che si sfoghi, è il suo modo di «realizzarsi». Dica anzi a Sandro Bondi di andare a Cannes invece di tapparsi al ministero e fare l’offeso. Le sorrida, mandi delle rose. Chi se ne impipa di quello che dicono queste ragazze. Mica tutti possono essere d’accordo col governo e il centrodestra. Se poi esagerano, sono maleducate, se la vedranno loro con gli spettatori. Ma lei, Cavaliere, non stia lì a rimuginare. Badi al sodo, tanto è lei che ha avuto i voti per governare. Non si tratta nemmeno di vedere il bicchiere mezzo pieno. Le sta davvero andando tutto a gonfie vele. E, se permette, glielo dimostro.
A Bruxelles, con Tremonti, ha fatto un figurone. Siete stati voi a pungolare l’Ue sulla Grecia e contro la speculazione internazionale. Non sono io a dirlo: ve lo ha solennemente riconosciuto Giorgio Napolitano. Il presidente è un ex comunista e un uomo di Palazzo. Immagino che, all’inizio, abbia avuto qualche prevenzione. Le vostre biografie sono agli antipodi. Eppure è da tempo al suo fianco. È come se si fosse convinto che il centrodestra abbia più a cuore il Paese dell’opposizione da cui proviene. È stato semmai lei che ha misconosciuto l’equilibrio di Napolitano. A volte con ingiustificata rudezza come per il Lodo Alfano bocciato dalla Consulta. Comunque, al vostro rientro da Bruxelles, il presidente ha detto: «L’Italia ha fatto la sua parte e l’ha fatta nel senso giusto, sollecitando più l’Europa contro ogni ripiegamento su meschini e indifendibili egoismi nazionali». È una lode nel merito e nelle intenzioni. Più di così.
Il giorno prima, Napolitano aveva anche dato una mano a Bondi sul contestato provvedimento che riordina i contributi allo spettacolo. Mentre gli artisti l’hanno presa malissimo con scioperi e insulti, il capo dello Stato è andato al premio David di Donatello e ha fatto un discorsetto controcorrente che ha lasciato di stucco la platea. Ha detto in sintesi che siamo alle prese con una crisi finanziaria globale e che perciò ci vuole «ancora più intelligenza nel selezionare le risorse finanziarie pubbliche anche per le attività culturali, artistiche e cinematografiche». Ossia, ha dato ragione al ministro e torto ai cineasti. Quelli ci sono rimasti di peste tanto è vero che nei loro comunicati e organi di stampa, facendo buon viso, si sono limitati a dire che il discorso era stato bellissimo censurando però il passaggio non gradito. Questo, caro Cav, è un altro punto per il suo governo. Piuttosto c’è da dire che Bondi - temendo forse le contestazioni - al David non si era fatto vedere. Sarà timidezza o amore del quieto vivere ma è bene che il ministro vinca queste ritrosie più da seminarista che da politico. Urge un incontro a quattr’occhi.
Ripeto - egregio Cav - il suo è un momento d’oro. Non solo Napolitano le è vicino, perfino l’inquieto Pierferdy Casini si è dato una calmata. L'estate scorsa voleva «un governo di emergenza democratica» contro di lei. Un nuovo Cln, con l'Udc e tutto il ventaglio delle opposizioni, per metterla da parte. La proposta mandò in brodo di giuggiole l’ipersinistro Paolino Ferrero che esclamò: «Bravo! Noi per sconfiggere Berlusconi ci alleiamo anche col diavolo». Bene, ora Pierferdy ha capito che accantonarla è cosa più grande di lui. Così, per tornare in qualche modo nella stanza dei bottoni, giorni fa ha prospettato un altro tipo di governissimo. Tutti insieme, destra, sinistra e la sua inutile Udc, per fare le riforme. Ma presieduto da chi? Da lei, proprio da lei, egregio Cavaliere. Se non è chiedere scusa, è quantomeno andare a Canossa.
E non è finita. Ha seguito il Convegno del Pd di Cortona? Liti a fiumi ma su un punto accordo unanime: abbiamo sbagliato tutto. L’invidia per la Lega si tagliava a fette e così c’è stato un rovesciamento radicale sul problema dell’immigrazione. Troppi ingressi, va tirato il freno. Sembravano la fotocopia di Bossi e del Fini che fu. Fassino, per incoraggiare i compagni sulla nuova strada, ha ricordato il motto dei laburisti inglesi: «Venire in Gran Bretagna è un privilegio e non un diritto». Come dire: facciamolo nostro. Poi ha ammonito: «Porte meno aperte». A chi gli ha chiesto se la sinistra era stata fin qui troppo permissiva, ha risposto: «Un conto era quando l’immigrazione era al 5 per cento. Ora siamo tra i 10 e il 15». Insomma, voltafaccia totale. E questo ancora, Cav, è darle completamente ragione sia pure con un decennio di ritardo.
Non vorrei adesso ringalluzzirla troppo, ma piove davvero sul bagnato. Ha letto la lettera sul nucleare indirizzata a Bersani da 72 tra scienziati - Veronesi e Margherita Hack in testa - e tizi vari del Pd? Sono mille volte più dalla sua parte che da quella dei compagni. Va bene criticare il governo - dicono in sostanza i firmatari - ma è «incomprensibile la sbrigatività e il pressappochismo con cui nel Pd» si manifesta «l’avversione in alcun modo giustificata al reingresso dell’Italia nelle tecnologie nucleari». «Siamo l’unico Pese del G8 che non produce energia nucleare». «Occorre evitare che nel Pd prenda piede un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l’Italia dalle frontiere dell’innovazione». Splendido. La chiusa è pure meglio: «Il nucleare non è di sinistra né di destra». Un liscio e busso dell’accidente ai cavernicoli dei partito! Lei fa la figura del precursore. Loro quella degli attardati col fiatone.
Non sono affari miei, ma va detto che il suo raccolto è completato dalla felice conclusione finanziaria del suo divorzio: pagherà dieci volte meno di quanto richiesto da controparte. Vede bene che non ha davvero da lamentarsi. Ora può mettere completamente la testa alle riforme.
Ci sono i magistrati. Giusto. Ma un po’ deve sopportare. Scajola dovrà pure spiegare la storia della casa e Verdini perché si occupa di pale a vento quando il Pdl ha bisogno delle sue cure. E poi, senta, lei ha un modo certo di saggiare la buona fede delle toghe: riformi la Giustizia. Se passa dalle chiacchiere al dibattito parlamentare, la magistratura sarà attentissima a evitare abusi per non essere accusata di ammutinamento. Prenderà così due piccioni con una fava: realizza il programma e richiama i giudici alla serietà. Se invece perde il treno, perde se stesso. (il Giornale)
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