Ma cosa c’entra la libertà di stampa con la convinzione che solo con il gossip e le intercettazioni pruriginose un giornale continua a vendere copie ed a salvarsi da un inarrestabile declino? I dirigenti della Federazione Nazionale della Stampa, quelli dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti e tutti i direttori dei quotidiani che hanno fatto fronte comune contro la legge sulle intercettazioni non hanno speso una sola parola per rispondere a questo interrogativo. Ufficialmente si stracciano le vesti contro la legge liberticida, sollecitano la resistenza civile come se la legge anti-gogna fosse una delle leggi “fascistissime” che diedero vita al regime fascista e arrivano addirittura, come ha sollecitato “Il Fatto” di Marco Travaglio ed Antonio Padellaro e denunciato Ernesto Galli della Loggia, a sollecitare misure punitive degli organismi di categoria contro i parlamentari giornalisti che hanno votato la legge. Misure che, per logica estensione, dovrebbero poi riguardare anche contro quei pochi giornalisti che non condividono la linea della resistenza ad ogni costo contro il provvedimento. Ma dietro le quinte della rappresentazione ufficiale la realtà è diversa. I Grandi Sacerdoti che si stracciano le vesti in nome dell’indignazione per la libertà di stampa violata, lasciano intendere che la questione è diversa. La legge, a loro parere, non uccide la libertà ma rischia di far seccare l’unico filone che dagli anni novanta ad oggi ha consentito alla stampa quotidiana nazionale di difendersi in qualche modo dalla crisi che colpisce tutte le testate dei maggiori paesi occidentali. Si tratta del filone che può essere tranquillamente definito di “sputtanopoli”. Quello in cui si intreccia il qualunquismo tradizionale con il giustizialismo psicotico, il naturale istinto al linciaggio delle categorie intellettuali e nevrotiche delle grandi metropoli disumanizzate con il gusto perverso per le disgrazie degli altri (potenti e poveracci che siano) e per le loro più nascoste debolezze di natura sessuale. Lo sfruttamento di questo filone, che per il giornalismo nazionale degli ultimi quindici anni è l’equivalente del cinema mitologico o del western-spaghetti dei cineasti italiani degli ultimi quarant’anni, ha permesso di limitare i danni della crisi della carta stampata. Negli altri paesi il gossip pruriginoso era un filone già sfruttato da tempo.
Basti pensare ai tabloid inglesi ed alle vicende della loro casa regnante. Da noi quel filone ha avuto un contenuto prevalentemente politico negli anni della Prima Repubblica . E poi, da Tangentopoli ai nostri giorni, è diventato prima gogna mediatico-giudiziaria al servizio dei Pm in cerca di sostegno popolare e poi semplice sputtanamento giornalistico ai danni di chi offre il destro all’applicazione delle famose “tre s” (soldi, sesso, salute). I dati di vendita sono sotto gli occhi di tutti. Chi sputtana è premiato. Chi non lo fa rischia la chiusura, soprattutto tra la stampa un tempo definita progressista. E’ sotto gli occhi di tutti che il successo de “Il Fatto”, organo delle procure e dei mattinali delle questure, specializzato in sputtanamento giudiziario, stia uccidendo “L’Unità”, “ Il Manifesto”, “Liberazione”, metta in difficoltà “La Repubblica” e spinga addirittura il “Corriere della Sera” e “La Stampa” a spogliarsi dell’antico perbenismo ed a cavalcare l’onda sputtanatoria. I vertici di Fnsi, Ordine e della Fieg temono che la legge blocchi lo sfruttamento del filone e che la fine di “sputtanopoli” decreti la scomparsa di parte della carta stampata a tutto vantaggio dei siti internet piazzati all’esterno per sfuggire alla normativa domestica. Ma se è così perché non dirlo apertamente? Forse perché non si ha la capacità di affrontare una crisi che non è solo mondiale ma è in gran parte italiana e che richiederebbe più iniziativa e fantasia di quanto messo in campo fino ad ora? Urge risposta. Anche perché se passa la regola che per sopravvivere la stampa deve essere drogata e non c’è bisogno di trovare soluzioni diverse, il rischio di morte per overdose diventa scontato e terribilmente vicino! (l'Opinione)
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