giovedì 27 gennaio 2011

Fra la tonaca e la toga. Davide Giacalone

L’idea di un governo con il centro destra e senza Silvio Berlusconi è una speranza cui si uniscono in molti, fra politici, giornalisti e palazzi romani, anche se non sanno descriverne né i contorni né la legittimità. Mi stupisce quanta brava gente non comprenda il punto che consente a Berlusconi, nonostante tutto, di mantenere un vantaggio elettorale: la resistenza agli attacchi giudiziari. Il calore polemico offusca la mente e molti non si rendono conto di quanto alto sia il discredito della nostra giustizia. Pochi numeri, di una ricerca effettuata da Ferrari Nasi & Associati, la dicono lunga: il 54% degli italiani hanno poca o nessuna fiducia nella magistratura, collocandosi sopra la media europea; per il 56 i magistrati agiscono a fini politici; per l’86 un magistrato che sbaglia deve pagare, contrariamente a quel che avviene oggi; e per il 68% i magistrati dovrebbero essere controllati da un organismo indipendente, non composto da loro colleghi. E non si dica che gli italiani sono troppo severi, perché sono assai più generosi dei giudici che siedono alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ci considerano direttamente incivili.
Gli italiani si sono fatti idee personali su quale possa essere il grado di responsabilità di Berlusconi, per ciascuna delle mille cose che gli sono imputate. E’ escluso che lo considerino un santo, ma gli riconoscono il miracolo di non avere ceduto. Una fetta consistente degli elettori ha continuato e continuerà a votarlo proprio per questo, perché sente che un nuovo colpo giustizialista, nuove condanne senza processi, incarnerebbe l’incubo della Repubblica giudiziaria. Del resto, diciassette atti d’inchieste penali offrono pezze d’appoggio per considerarle una persecuzione, anche prima che la commissione parlamentare considerasse tali le intercettazioni disposte dalla procura di Milano.

C’è di più: finché accusano Berlusconi d’essere il mandante delle stragi mafiose c’è chi reagisce con disinteressata incredulità e chi ricorda che la presunta contropartita la pagarono Ciampi e Conso, ma quando le accuse si spostano sul terreno delle personali debolezze, della sessualità compulsiva, allora in molti riconoscono il mondo che li circonda, e se non ci trovano nulla in comune con la propria vita avvertono, comunque, che si tratta di una vita, e allora l’inquietudine cresce. Chi si salva, se il peccato diventa reato? Allora, deducono in molti, meglio tenersi Berlusconi, che resiste e attira i fulmini.

Detto in altre parole, visto che certuni sono duri di comprendonio: la forza elettorale di Berlusconi è in buona parte dovuta alla cieca rabbia dei suoi avversari, al moralismo senza etica e all’uso strumentale della giustizia, che convincono gli italiani di quanto sarebbe pericoloso subirne le attenzioni.

Sollecitare Berlusconi a fare un “passo indietro”, dunque, significa non avere capito la persona (e passi), ma neanche l’Italia. Quel pentolone melmoso che sobbolle da quando la democrazia fu violentata per via giudiziaria (da quando un’intera classe politica fece il passo indietro, e fu decapitata). E’ vero, il popolo applaudì. Ma fu svelto a capire il seguito e interrompere la scena, consegnandosi nelle mani del più schietto prodotto del manipulitismo: Berlusconi. Sono gli intellettualoidi idioti a non capirlo, in compagnia degli speculatori manettari.

Pertanto, ove mai si trovi il tempo e la lucidità per pensare all’Italia e a chi ci abita, la si smetta con questa solfa deprimente, che in nome di un’avversione antropologica contro l’italiano più italiano pretende che l’intera collettività rinneghi la laicizzazione e la libertà nel disporre di sé. E’ vero, Berlusconi manca di rispetto per la gravitas della pubblica funzione. Ora che l’ho ripetuto posso pure sentirmi sollevato, ma per niente gratificato dall’avere detto una cosa significativa. La via d’uscita non consiste nel convocare al capezzale il parroco e il giudice, ma nel chiamare la politica ai suoi doveri.

Il governo ha un programma, se ne controlli l’attuazione, senza lasciare alla logorrea ministeriale l’elencazione delle “cose fatte”. Serve misurare i cambiamenti reali, mica i bolli apposti. E serve richiamare le opposizioni alla realtà: piantatela di misurarvi fra di voi calcolando la rispettiva distanza da Berlusconi, sembrate matti. Quando vi farà lo scherzo d’abbandonarvi non saprete più che cavolo esistete a fare. Piantatela con le primarie senza regole, che riuscite anche a violare: tanto a Napoli vincono i bassoliniani, come prima vincevano i gavianei e prima ancora i laurini. E’ inutile che vi attacchiate a Bagnasco, perché gli elettori guarderanno l’alternativa ed eviteranno di finire stritolati fra la tonaca e la toga. Finché voi sarete quel che siete Berlusconi sarà forte, a dispetto di tutto.

Gli chiedono un passo indietro e dovrebbero esigerne dieci in avanti, mentre un Paese fermo continua a tenerselo, per non ritrovarsi esposto sulla prima linea della maniacalità inquisitoria.

17 commenti:

Anonimo ha detto...

Nel dicembre del 2000 Forno finisce al centro di una polemica e di un’indagine del Csm. Un taxista milanese, Marino V., accusato di violenze sessuali sulla figlia, viene assolto quattro anni dopo l’arresto quando a Forno subentra un altro pm, Tiziana Siciliano. Il procuratore generale Borrelli prende le difese di Forno. Nelle motivazioni, la sentenza di assoluzione dà la colpa dello sbaglio ai due consulenti che avevano lavorato per il pm. Il suo avvocato difensore, Luigi Vanni, segnala numerose irregolarità avvenute nel corso delle indagini e confermate dalla requisitoria della Siciliano.

Il processo diventa un caso che solleva dubbi sulle metodologie adottate da Forno e getta ombre sul lavoro dei periti. Il Csm apre un’istruttoria su richiesta del consigliere laico Eligio Resta, Forno si difende, accusa i giornalisti di stare dalla parte dei pedofili, annuncia la richiesta di trasferimento, la procura milanese si divide, Francesco Saverio Borrelli lo conferma e lui resta al suo posto. Ma il Csm prosegue. Indaga anche sul processo Artico, l’educatore condannato in appello il 20 febbraio 2001 a 9 anni di reclusione. Emerge un uso spregiudicato delle intercettazioni telefoniche da parte del pm e interrogatori intimidatori delle presunte vittime da parte dei poliziotti.

Nel 2004 il Csm lo nomina procuratore aggiunto a Torino; dal 2009 è di nuovo a Milano, dove gli è stato riassegnato senza tentennamenti il “suo” dipartimento.

Anonimo ha detto...

Per comprendere il “metodo Forno”, è utile conoscere almeno due casi esemplari. Il primo è quello del tassista milanese che innesca l’istruttoria del Csm. Leggiamo il racconto di Maurizio Tortorella (Panorama, 4 gennaio 2001):

“Nel settembre 1996 la moglie di Marino V., Teresa, è stata costretta alla denuncia da un’assistente sociale del Centro del bambino maltrattato di Milano, Fanny Marchese, cui aveva riferito che la bambina aveva parlato del pene del padre: «O lei querela suo marito entro tre giorni, o lo facciamo noi».

La denuncia arriva a Forno. E da lì parte un tragico, paradossale processo. Marino una sera torna a casa e non trova più nessuno perché gli inquirenti hanno suggerito alla moglie di nascondersi altrove. Il tassista non può più vedere sua figlia, la famiglia si disgrega. Prima Teresa e la bambina, insieme con il fratello maggiore, che è disabile, vengono deportati d’autorità in una comunità protetta. Poi Marino deve trasferirsi. Infine è la figlia che viene allontanata, da sola, e viene nascosta in una comunità.

Anonimo ha detto...

L’accusa va avanti per quattro anni e tre mesi fra perizie mediche e interrogatori della bimba e della madre, anche se Forno, com’è sua consuetudine, non ascolta mai il padre imputato. Le perizie dell’accusa vengono affidate ad alcuni tecnici collaudati della procura (la pm Siciliano ha calcolato che sulla scrivania di uno dei periti si siano affollate ben 358 consulenze in nove anni). La prima è Cristina Maggioni, ginecologa della clinica Mangiagalli di Milano, che nel settembre 1996 visita la bimba, senza che all’imputato sia permesso di far presenziare un suo consulente, e individua «segni compatibili con abusi sessuali».

Forno dispone una seconda consulenza, sempre in assenza di controparti. Nell’ottobre ’97 la bambina viene visitata da altri due periti dell’accusa, Maurizio Bruni e Patrizia Gritti. I periti rilevano che il suo imene è inciso (un elemento «non evidenziato nella visita precedente») e che anche l’ano pare aver subito una penetrazione: «Il quadro» concludono «sembra deporre per atti di abuso iterati».

Oggi Bruni sostiene, sorprendentemente, che la sua perizia aveva un «contenuto sostanzialmente assolutorio». In realtà, grazie alla sua consulenza, la situazione precipita. «Nel gennaio 1998 il tribunale per i minori allontana la bambina anche dalla madre e dal fratellino» ricorda Luigi Vanni, avvocato di Marino, «ovviamente senza aver convocato preventivamente nessuno dei due genitori». La bimba finisce in un centro di affidamento.

Anonimo ha detto...

Dieci mesi dopo interviene il gip, che chiede una terza perizia. Solo allora i due ginecologi Cristina Cattaneo e Tiziano Motta scoprono, perplessi, che nessuno dei tre colleghi che li hanno preceduti si è accorto che la bambina ha un imene settato: quello che è stato considerato un segno di violenza è in realtà un lieve difetto congenito. È evidente, scrivono, che gli altri consulenti del pm non lo hanno visto, ma questo «getta molti dubbi anche sugli altri reperti osservati».”

Dopo quasi 1600 giorni di incubo, Marino V. è assolto da ogni accusa.

Anonimo ha detto...

Nel processo a Salvatore Lucanto – come ricostruisce Cristina Giudici sul Foglio del 23 marzo 2001 - “la vicenda è ancora più grave. Secondo l’accusa Salvatore avrebbe violentato sia la cugina minorenne sia la figlia Angela. Finisce in carcere, per due anni e mezzo, nel dicembre 1999 viene assolto perché il fatto non sussiste. L’accusa si basa su due disegni eseguiti dalla figlia in presenza di una psicologa Luisa Della Rosa, (ex socia Cismai). Quando la bimba esce dall’audizione protetta dice: “La signora mi ha detto che devo disegnare un fantasma e chiamarlo pisello”. Poi viene prelevata a scuola e portata al Centro aiuto famiglia e bambini maltrattati (uno dei quattro centri fondati dal Cismai) dove lavora l’allora consulente del pm Luisa Della Rosa. Per due anni, il centro riceve dal comune di Milano 5 milioni e 400 mila lire al mese per l’affidamento della bambina (il conto finale di 150 milioni viene presentato al padre).

Anonimo ha detto...

Naturalmente a questo "magistrato" è ancora permesso esercitare, nonostante il fatto abbia accusato persone perbene e addirittura mandate in carcere ingiustamente.

Non esiste forse la responsabilità civile dei magistrati???
o sono forse al di sopra di ogni legge?

Anonimo ha detto...

Durante il processo di primo grado un’altra perita, la psicoterapeuta Marinella Malacrea (presidente del Centro del bambino maltrattato e membro del direttivo Cismai) viene sospettata di fare perizie “forzate”. Uno degli avvocati Guido Bomparola, chiede che un foglietto di appunti della psicoterapeuta venga allegato agli atti. C’è scritto: “Con Forno rimango poi d’accordo che farò bastare gli elementi che ho… informo Forno che se non riuscirò a produrre un minimo di alleanza (con la teste, ndr) non mi pare utile farle un esame psicologico, sarebbe… (non si capisce la parola) oltre che controproducente”.

Anonimo ha detto...

E non finisce qui. Salvatore e Raffaella Lucanto non vedono più la loro bambina dal 1995, nonostante lui sia stato assolto dall’accusa formulata da Forno perché i periti incaricati dalla Corte d’appello hanno sconfessato i pareri clinici emessi da quelli del pm. Dal 1997 però il tribunale dei minori ha dichiarato la bambina adottabile. Nel gennaio 2000 l’avvocato dei genitori, Raffaele Scudieri, chiede al tribunale di nominare periti estranei al processo d’appello e si trova di fronte Giobatta Guasto (socio Cismai).”

Anonimo ha detto...

Il Cismai è un tassello essenziale del “metodo Forno”. Leggiamo ancora Cristina Giudici: “E’ un coordinamento composto da 40 centri e servizi, pubblici e privati, e 100 soci che operano nel campo del trattamento e prevenzione dell’abuso sessuale sui minori. Sono i consulenti che per conto di varie procure, non solo quella milanese, conducono accertamenti sui minori vittime degli abusi, principali testi di accusa nei procedimenti giudiziari. I loro pareri coincidono sempre con la tesi del pm, il loro protocollo di intervento è la fotocopia del metodo d’indagine introdotto nel 1989 da Forno

Anonimo ha detto...

Dopo le loro relazioni, i minori vengono tolti alle famiglie e affidati ai centri, dove spesso lavorano gli stessi periti. Ma il protocollo di intervento di questa associazione non è mai stato approvato dall’Ordine nazionale degli psicologi che già nel 1999 lo ritiene pericolo perché, come scrive il professor Guglielmo Gullotta a cui l’Ordine ha chiesto un parere, «non viene neanche presa in esame l’ipotesi che il sospettato possa essere innocente, ma si afferma che l’abusante (il pedofilo) neghi sempre».”

Non c’è proprio di che stare tranquilli.

Anonimo ha detto...

Naturalmente a questo "magistrato" è ancora permesso esercitare, nonostante il fatto abbia accusato persone perbene e addirittura mandate in carcere ingiustamente.

Non esiste forse la responsabilità civile dei magistrati???
o sono forse al di sopra di ogni legge?

Anonimo ha detto...

Non esiste forse la responsabilità civile dei magistrati???

studia informati
esiste anche quella penale

basta denunciare i fatti
quelli veri non presi dai giornali per pulirsi il culo

Anonimo ha detto...
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Anonimo ha detto...
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Anonimo ha detto...

«Ilda Boccassini, una degli accusatori del Cavaliere, nel 1982 fu sorpresa in "atteggiamenti amorosi" con un giornalista di Lotta Continua e finì al Csm». Così l'attacco dell'articolo di apertura del Giornale di proprietà della famiglia Berlusconi oggi in edicola.

CHE SCOOP! Attegiamenti amorosi, qualcosa di penalmente rilevante come andare con le minorenni
CHE CANI!!!

Anonimo ha detto...
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Anonimo ha detto...
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