La legge che si chiama, nella toponomastica politica, “ex Cirielli”, non potendosi più chiamare “salva Previti”, è stata varata. Contiene tre principi e due corollari. Prima di giudicare vediamoli, perché di chiacchiere se ne son fatte una sacco ed una sporta.
1. Si aumentano le pene per i recidivi, cioè per quelli che commettono più reati in tempi successivi, il che è giusto: l’amministrazione Clinton fece la stessa cosa, sebbene con più severità. 2. I tempi di prescrizione per i recidivi, si fanno ancor più lunghi di quelli già provocati dall’aumento delle pene. 2.a Tale maggiore lunghezza della prescrizione non si applica a nessuno dei processi oggi in corso, in quale che sia grado di giudizio o stadio del procedimento, quindi nessun odierno imputato ne farà le spese. Il che è giusto. 3. Al contrario, i tempi di prescrizione si accorciano per gli imputati cui non è contestata la recidiva, rimanendo pari al massimo della pena, scomputate le eventuali aggravanti, ma aumentabili solo di un quarto, e non più della metà. 3.a. Tale nuova modalità di calcolo, benché sia favorevole agli imputati e, quindi, possa anche essere retroattiva, si applica solo ai procedimenti dove il dibattimento non si sia mai aperto, restando esclusi quelli pendenti in ogni grado di giudizio.
La prescrizione, anche questo va detto perché di corbellerie ne ho lette di tutti i colori, non è la barriera temporale oltre la quale il colpevole non può essere punito, ma il limite oltre il quale il reato si estingue e si rinuncia a stabilire se l’accusato sia colpevole. L’accusato, bene ricordarlo, come prescrive la civiltà del diritto e la nostra Costituzione, è sempre innocente fino a sentenza definitiva che attesti il contrario.
La legge, allora, è una buona legge? No, la legge contiene principi giusti, semmai è sospettabile d’incostituzionalità l’esclusione dei procedimenti pendenti dalla modalità favorevole di calcolare la prescrizione, ma non è una buona legge perché non solo non tiene conto, ma aggrava due mali profondi della giustizia italiana: a. nel nostro codice penale le pene sono troppo alte, quindi si sente il bisogno di renderle certe, non di accrescerle ulteriormente; b. i tempi della giustizia italiana sono il ritratto dell’ingiustizia, perché inumanamente lunghi, pertanto si sentirebbe il bisogno di accorciarli (per tutti) e non renderli ancora più laschi (per certuni).
Non solo non mi scandalizza, ma è giusto che i recidivi subiscano pene più dure, ma non è giusto che patiscano tempi più lunghi. I tempi andrebbero dimezzati, e forse anche di più, per tutti. Questo ha a che vedere con il meccanismo della giustizia penale, oggi inesorabilmente incriccato, con gli ingranaggi inceppati dal corporativismo togato e dalla politica pusillanime.
La legge non mi piace, e non mi piace per la ragione opposta che ha acceso le critiche della sinistra. Aggiungo, a tal proposito, che opporsi ad una profonda e sana riforma della giustizia, agitando la bandiera di questo o quel procedimento penale, che riguardi gli zingari od un sodale di Berlusconi, è una condotta da demagoghi irresponsabili e destrorsi. Concentrarsi solo su alcune riforme, immaginandole utili in questo o quel procedimento specifico, di converso, è da irresponsabili e da incompetenti.
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