lunedì 2 luglio 2007

Il fallimento del multiculturalismo. Stefano Magni

Il multiculturalismo italiano è morto a Brescia. A dire il vero è morto due volte: prima con l'assassinio di Hina Saleem da parte di suo padre e di suo zio (con la complicità dei due cognati), poi con l'apertura del processo agli assassini e le proteste che ne sono seguite. Il primo evento, che risale all'11 agosto del 2006, ha smentito l'utopia della coesistenza pacifica tra culture e ideologie diverse. Hina voleva semplicemente mettere in pratica il sogno dei multiculturalisti: restare musulmana, vivere da donna occidentale libera e sposarsi con un italiano non musulmano. Non è stata respinta o discriminata da altri italiani: è stata uccisa da suo padre, che, a detta dei parenti, era «diventato pazzo» per la relazione di sua figlia, per un comportamento che andava contro la sua visione integralista e intransigente dell'Islam. Dunque: doveva morire e basta. La sua convinzione di aver fatto la cosa giusta è stata confermata dal suo atteggiamento sereno all'udienza preliminare del processo. Gli altri parenti di Hina, anche quelli che non hanno partecipato al delitto, si sono letteralmente «lavati le mani»: la madre è partita al momento giusto e, al momento del processo, non si è costituita parte civile. La comunità pakistana di Brescia si è comportata in modo ambiguo, condannando l'omicidio, ma facendo presente, per bocca del suo portavoce di allora, che «si devono seguire certe regole» se ci si vuole rapportare con i suoi appartenenti.

Questa è già la morte del multiculturalismo, una filosofia che pretende di ottenere una maggior libertà degli individui attraverso la coesistenza di gruppi culturali omogenei al loro interno. Nel momento in cui viene data la massima libertà al gruppo e alle sue regole interne, sono proprio l'individuo e la sua libertà ad essere sacrificati. E' una scelta che non ammette compromessi: o si impone il dominio di una legge che prescrive la libertà dell'individuo (e in questo modo si distruggono i gruppi, con le loro regole interne), o si lascia libertà al gruppo di autoregolarsi (e dunque si nega la libertà ai singoli individui).

Ma il multiculturalismo è stato ucciso una seconda volta nel momento in cui, di fronte al tribunale di Brescia, sono accorse decine di donne e uomini musulmani, da tutte le parti d'Italia, per chiedere giustizia. C'erano le donne di Acmid (donne marocchine italiane), c'era l'imam di Torino, c'erano donne e uomini dall'Egitto, dalla Somalia, da tutti gli angoli del mondo musulmano. E tutti chiedevano una sola cosa: di far rispettare la legge italiana che protegge la vita e la libertà dell'individuo. Tutti hanno protestato, pianto e urlato il loro sdegno quando il tribunale di Brescia non ha accettato Acmid come parte civile e ha accolto la richiesta dei difensori degli imputati per un processo con rito abbreviato. Ora: finché sono gli italiani non musulmani a chiedere il rispetto del diritto italiano, è facile ribattere che si tratti di una «richiesta di parte» che non tiene conto delle altre culture. Ma il fatto che lo chiedano dei musulmani, sia coloro che sono nati in Italia, ma anche quelli che hanno vissuto anni o decenni in paesi islamici, con ancora maggior entusiasmo e determinazione rispetto agli stessi italiani, dimostra proprio che il diritto individuale è veramente universale. E che il multiculturalismo, con la sua enfasi dei «diritti dei gruppi» è veramente fuori dal mondo.

Il diritto è uno, non esistono più diritti. Credere che esistano più diritti, uno per ciascun gruppo, è solo un errore intellettuale che scambia completamente il diritto con l'arbitrio dei capi-gruppo. Se si concede piena libertà ad un gruppo di auto-regolarsi, non si fa altro che concedere piena libertà al suo capo, o ai suoi capi, di disporre a piacimento della vita e della morte dei suoi sottoposti, in violazione di qualsiasi legge. Questo scontro, in Italia, è solo agli inizi. Altrove è già maturato, come in Gran Bretagna, in Olanda e in Francia con esiti veramente drammatici. Ovunque la tolleranza nei confronti degli intolleranti ha provocato omicidi religiosi (Olanda e Francia), attentati (Londra) e insurrezioni (Parigi). In Libano ha causato la guerra civile già nel 1975. Quel che più sconcerta è che il multiculturalismo, come tutte le ideologie, ha la pelle dura. Nonostante tutte le smentite che provengono dalla realtà, questa ideologia continua a farsi strada tra intellettuali e opinion maker, mentre i pentiti sono pochissimi.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Chiedo solo una cosa: perchè parli di multiculturalismo e fa riferimento solo a intolleranze mussulmani-occidentali? Non ti vine in mente che "forse ci siano altre tante forme di multiculturalismo in Italia?
Sei per caso mai andato a una festa tutta italiana e vedere ballare agli ospiti musica latinoamericana?
Sei mai andatao a Mc Donald's?
Hai mai bevuto in un pub irlandese in Italia?
o hai mai visto a Roma, ristoranti italianissimi gestiti da cinesi?
viaggia un pò, vai un pò in giro...chissà che non veda un'altra faccia del multiculturalismo secolare gia presente e siccome pacifico non fà notizia.

Stefano ha detto...

Anita, quello di cui si parla in questo blog, correggimi (o mi corregga) se sbaglio caro gestore, è che è fallito un certo tipo di multiculturalismo, quello utopico, di cui nel nostro Paese tutti i "progressisti" si fanno paladini. Nessuno dice che questi gruppi non debbano esservi nel nostro Paese, si esige solamente che essi rispettino il diritto italiano, come un italiano è tenuto a rispettare il diritto in un Paese islamico o chi per esso. Se ogni gruppo si autoregolasse con delle proprie leggi sarebbe un caos e permetterlo sarebbe un grossolano errore politico: si cadrebbe nell'anarchia.

Stefano, Venezia