Esattamente fra una settimana si ragionerà sulla contabilità elettorale. Immediatamente dopo, in ciascun schieramento, si avvierà il regolamento dei conti interni. Anche dovessimo distrarci, camperemo lo stesso. Anche dovessimo appassionarci, non ci saranno rivoluzioni. Il sistema è bloccato, perché il centro destra che governa, al netto delle sue divisioni interne, è assediato non dall’opposizione parlamentare, ma dalle istituzioni che gli si oppongono, e che, per farlo, non esitano a scassare la cornice costituzionale, mentre il centro sinistra ha perso capacità d’iniziativa politica, s’è spento intellettualmente, perché prigioniero del passato. La partita del cambiamento, della rottura e della ripartenza dovrebbe giocarsi in gran parte a sinistra, salvo il fatto che colà si sono addensati i detriti di una politica perdente e moralmente persa. Riflettano, gli uomini della sinistra.
Mi rivolgo a loro, anche se credo siano, oramai, una compagnia di sopravvissuti, pronti a tutto pur di non fare i conti con se stessi e con la propria storia. Ma, insomma, avete ancora gli occhi per vedere? Avete ragionato sulla vostra manifestazione di Piazza del Popolo, e sul popolo confluito a San Giovanni? Come fare a non capire, a non vedere il pericolo? L’idea di cancellare Silvio Berlusconi, di espellerlo perché estraneo al mondo in cui s’è formata la classe politica, di estrometterlo non rinunciando a nessuna arma, in primis quella giudiziaria, è una totale follia. Siccome so che non siete in grado di capire, proverò a scuotervi: se anche ci fosse la prova lampante della colpevolezza penale di Berlusconi, per il più infamante dei reati (che lascio immaginare alla vostra fantasia questurina), se anche ci fosse la più dura delle condanne, comunque sarebbe interesse della democrazia salvarlo dalla sorte giudiziaria per sconfiggerlo sul piano politico. Vi fa abbastanza orrore, questa affermazione? Ha un senso perché avete costruito quindici anni d’orribili bugie, speculazioni e miserie.
La manifestazione di sabato scorso ha portato in piazza un popolo vero, che ha un suo leader, determinato a non indietreggiare. Si tratta di un fenomeno profondo, di un prodotto politico solido, di un consenso reale, che non indebolirete facendo gli scongiuri e le boccacce. Ritirate quei quattro fessacchiotti che si credono pensosi, nel suggerirgli di fare “un passo indietro”. Signori, compagnucci cari, voi avete alle spalle una storia raccapricciante, non ne avete indovinata una, avete parteggiato per regimi sterminatori di vita e libertà, prendendone i soldi, e siete sempre lì, impancati a dar lezioni. Quindi, per cortesia, evitate la spocchia stupida e l’appello alle regole, dato che l’unica da voi conosciuta è quella della forza che, dalla parte sbagliata, vi ha fatto sopravvivere. E veniamo alla sostanza.
Quell’enorme forza democratica, che si raccoglie attorno a Berlusconi, gira a vuoto da troppo tempo. Lo so, voi dite che è tutta colpa di Berlusconi stesso, che pensa solo agli affari propri, ma è fin troppo evidente che se non avesse provveduto a salvarsi oggi, semplicemente, non ci sarebbe più. Avreste coronato il vostro sogno, l’avreste eliminato. E avreste commesso l’ennesimo errore, catastrofico, perché quel leader non è il produttore del Paese, ma il suo prodotto. Il fatto è che ruotando tutto attorno a lui, voi compresi, le energie s’esauriscono nel negarlo o nell’affermarlo, lasciando il resto immutato o, per essere più precisi, abbandonandolo alla rovina. Se continuerà il gran rombare del motore, senza che si trovi il modo d’innestare la marcia e avviare un cammino, cosa credete che accada, che il vostro odiato nemico perda? No, sarà la democrazia a uscirne mutilata, le istituzioni terremotate. Guardate le vostre piazze, guardate quelle che lui raduna, valutate i voti, non ubriacatevi della vostra stessa propaganda. Fate due conti, incoscienti.
Ho letto le opinioni espresse da Enrico Letta. Parte lamentando il fatto che il governo pospone al dopo crisi l’epoca delle riforme. Noi, qui, quella critica l’abbiamo fatta mille volte. Poi dice che si deve tornare indietro rispetto alla dissennata riforma del titolo quinto della Costituzione (voluto, nel 2001, dalla sinistra). Giustissimo, peccato che già era stata aggiustata, quella riforma scassastato, salvo che la sinistra affondò il rimedio. Ma cito Letta perché ha ragione, non per recriminare: si deve trovare il luogo della collaborazione, fra riformisti e ragionevoli d’ambo le parti. Giusto. Ma tocca all’opposizione togliere dal tavolo le armi che servono a eliminare l’interlocutore. Tocca alla sinistra rompere l’alleanza con il giustizialismo fascistoide. Semplicemente perché tocca alla sinistra proporsi quale credibile e affidabile alternativa, all’interno di un sistema di regole condivise. Ciò non toglie nulla ai difetti e alle mancanze del centro destra, che qui scandagliano continuamente, ma c’è bisogno di una sinistra che produca idee e politica, non di un serbatoio ove si getta un’accozzaglia di torti, tenuti assieme dal rancore.
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